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Lavoro

Shein, dalla Cina con furore

di Marco Veruggio

Storia, strategia e misfatti dello store di abbigliamento low cost che fa impazzire i giovanissimi, insidia Amazon e ha appena annunciato la delocalizzazione delle attività italiane in Polonia.

12 Giugno 2025

La storia di Shein inizia nel 2008. Xu Yangtian, più noto come Chris Xu, esperto di ottimizzazione per motori di ricerca, secondo alcuni formatosi alla Georgetown University americana, secondo altri alla cinese Qingdao University of Science and Technology, fonda un’azienda di e-commerce, la Nanjing Dianwei Information Technology, insieme a Wang Xiaohu e a Li Peng. I primi due sono entrambi soci al 45%, Li è consulente e socio al 10%. Il trio affitta un ufficio e prima di concentrarsi sugli abiti vende qualsiasi cosa, dalle teiere ai telefoni, ed elabora empiricamente la futura strategia di Shein: vendita diretta di merci provenienti da piccoli fornitori, rapidi test invece di elaborate previsioni di mercato, continua scansione del web alla ricerca di nuovi trend. “Puntavamo su margini bassi e grandi quantità” sintetizza Li in un’intervista a Wired nel 2022.

I primi passi

Sempre a Nanjing Xu fonda anche ZZKKO, che in seguito diventa SheInside, uno store virtuale di abiti da sposa ed estromette i due soci, almeno così dicono loro. Nel 2015 SheInside diventa Shein, si trasferisce a Guangzhou e da semplice piattaforma che fa da intermediario tra acquirenti e produttori si trasforma in produttore e venditore, integrando a monte la sua catena del valore: assume tecnici laureati per cercare su Internet i trend più popolari, crea un team di designer per ricavarne dei modelli, ma soprattutto arruola centinaia di padroncini, proprietari di piccoli laboratori, che incarica di trasformare i modelli in abiti col marchio Shein. E intanto acquista anche la concorrente Romwe, un’azienda di e-commerce fondata da Li e dalla sua compagna. Le pubblicità e i prodotti di Shein inondano Internet grazie anche al reclutamento di personaggi noti, star dei social e microinfluencer con poche decine di migliaia di follower che ricevono i suoi abiti e li promuovono gratuitamente sperando in questo modo di scalare gli algoritmi di TikTok e di Instagram e di ricavarne profitti futuri (Fonte: The Guardian, 30 luglio 2022). Quando gli affari decollano Xu trasferisce gradualmente i suoi asset a Singapore: nel 2019, insieme a tre soci, vi fonda la Roadget Business, che dalla fine del 2021 è l’entità legale che gestisce il sito web globale di Shein e possiede l’ammiraglia Guangzhou Shein International Import & Export Co.

Nello stesso anno in cui si sposta a Singapore Xu raccoglie 500 milioni di dollari da due fondi USA, Sequoia China e Tiger Global, e nel 2020, l’anno del boom alimentato dal Covid-19 (il fatturato balza da 4,5 a 10 miliardi di dollari, il settimo aumento consecutivo superiore al 100%), un altro miliardo e mezzo arriva da un investitore top secret (Fonte: Forbes Italia, 31 maggio 2021).

Nel 2021 l’app Shein supera Amazon per numero di download nel mondo. L’anno dopo vince anche fuori casa: negli USA, dove la società cinese ha aperto un marketplace per terze parti e i primi centri di distribuzione e inizia a distribuire anche tramite la società di Bezos, l’app Shein registra 22,4 milioni di download contro i 22 di Amazon. Nel 2023 filtra la notizia che Shein aumenterà i propri investimenti in Amazon e Google (più pubblicità e acquisto di cloud) e che sta per quotarsi al NYSE (Fonte: The Information, 1 aprile 2023), ma poi non se ne fa nulla. Nel giugno 2024 Shein deposita una richiesta di quotazione alla Borsa di Londra. Alla fine del 2024 Amazon lancia in versione beta per un numero limitato di sperimentatori Amazon Haul, una piattaforma di articoli a basso costo (meno di 10 dollari), che entro il 2025 dovrebbe arrivare anche in Europa. Dal 2022 Shein è in conflitto anche con l’altro colosso cinese del low cost: Temu. Si accusano l’un l’altro nei tribunali americani e inglesi di contendersi i fornitori cinesi con ogni mezzo e di ingaggiare influencer per screditarsi a vicenda.

Lo sfruttamento negli sweatshop cinesi

Nel 2021 il sito di inchiesta svizzero Public Eye riversa le informazioni acquisite da due attivisti e ricercatori cinesi in un lungo reportage sulle condizioni di lavoro nelle ditte d’appalto di Shein. I due individuano 17 fornitori, sette nel villaggio di Nancun (distretto di Panyu, città di Guangzhou, provincia del Guangdong), dove in realtà sono a decine, e intervistano tre donne e sette uomini, che si guadagnano da vivere in sei aziende come addetti alle macchine per cucire e trapuntare, impiegati nel controllo qualità e confezionamento, tagliatori o stiratori. Sono tutti lavoratori migranti e hanno una lunga esperienza nel settore, ma la maggior parte lavora per gli attuali datori di lavoro da meno di un anno. A Nancun, dice il titolare di una di quelle ditte, si lavora esclusivamente per Shein.

Se in generale si tratta di piccoli fornitori con poche decine di dipendenti, alcuni invece sono più grandi. Uno, ad esempio, impiega 200 lavoratori divisi in sette laboratori, dove campeggia un cartello in cui è scritto che la ditta è “fornitore principale di Zoetop” (società della galassia Shein con sede a Hong Kong), per cui produce un milione e 200 mila capi al giorno. Si lavora su turni da 11-12 ore al giorno, per circa 75 ore settimanali, senza contratto e con un solo giorno di riposo al mese, in flagrante violazione delle stesse regole cinesi, che prevedono contratto scritto, 8 ore di lavoro al giorno, non più di 36 ore di straordinario al mese e un riposo settimanale. Ogni giorno timbrano entrata e uscita mediante una app grazie alla quale Shein monitora le operazioni in tempo reale, sa quanti operai si trovano in ogni laboratorio ed è in grado di ottimizzare i carichi di lavoro. Vengono pagati a cottimo, i salari oscillano tra l’equivalente in yuan di 400 e 1.200 dollari e non vengono versati i contributi sociali. Il cottimo ovviamente incentiva gli operai a fare più ore. C’è anche un’azienda in cui si applicano dei minimi salariali legati alle mansioni, ad esempio 5.000 yuan per chi fa i pacchi, 7.000 per chi stira. Con questi salari un capo venduto a 13 dollari viene a costare 50 cent. La sicurezza non esiste: le vie di fuga sono ingombre di rotoli di stoffa e altro materiale e le finestre a volte sono addirittura coperta da grate.

I capi prodotti qui finiscono in due centri logistici a Foshan, a circa 100 chilometri: uno si chiama Anbo, è aperto 24 ore su 24, 365 giorni l’anno, ed è gestito dal colosso americano della logistica Prologis, specializzato nell’acquisto di terreni su cui costruisce capannoni per la logistica per affittarli agli operatori. Gli attivisti intervistano 12 magazzinieri: dicono di lavorare dalle 12 alle 14 ore al giorno per un minimo di 22 giorni al mese, ma molti arrivano anche a 28 perché anche lì c’è il cottimo e dal 23esimo giorno scatta una maggiorazione del compenso a pezzo, per cui si può arrivare a guadagnare l’equivalente di 900 e, nei periodi di picco, fino a 1.300 dollari.

Anche Sixth Tone, testata cinese di un gruppo editoriale controllato dal PCC di Shangai, intervista decine di lavoratori, fornitori e proprietari dei laboratori, che a volte lavorano per Shein senza aver stipulato alcun contratto. Il titolare di una ditta d’appalto dichiara ai giornalisti di non avere rapporti diretti con Shein (che anche lui chiama Zoetop), ma di ricevere il lavoro in subappalto dalla ditta di un amico. Quando arrivano gli ordini lui e il suo staff devono lavorare anche 15 ore ore di fila per predisporre la produzione, che va consegnata in una settimana, la metà dei tempi concessi dagli altri colossi del fast fashion.

Un anonimo analista della supply chain di Shein racconta a Sixth Tone che l’azienda è al corrente che molti dei fornitori subappaltano il lavoro ad amici e familiari per produrre in zone dove i costi sono inferiori e sta cercando di aumentare il proprio controllo sull’indotto. Nel distretto di Panyu ci sono circa 300 ditte d’appalto che a loro volta affidano parte della produzione a un migliaio di subappaltatori, tagliando sui costi per evitare che il lavoro sia delocalizzato in Vietnam, come del resto già accade. Anche gli autori di questa inchiesta deplorano l’assenza di misure di sicurezza in un settore di lavoro dove, ricordano, un incendio qualche mese prima ha ucciso 11 lavoratori.

Sixth Tone intervista anche un magazziniere di Dongbai il secondo centro logistico di Foshan che lavora per Shein e che nel 2024 è stato acquisito da Blackstone (Fonte: Ycai Global, 12 agosto 2024). Dice di guadagnare l’equivalente di 1.200 euro lavorando come picker, un buon stipendio, ma di arrivare stremato a fine turno. I magazzinieri, racconta, vengono reclutati da agenzie e ogni giorno percorrono decine di chilometri nelle corsie tra gli scaffali per andare a prelevare gli articoli ordinati dai clienti e instradarli verso le postazioni dove vengono impacchettati. Due giovanissime lavoratrici appena assunte tramite agenzia raccontano di essere state attratte dal miraggio di guadagnare l’equivalente di 900 dollari al mese. Le agenzie, però, spesso pagano salari inferiori alle promesse e perdipiù in ritardo. Sono accuse tanto più significative perché arrivano da una fonte legata alle autorità cinesi.

Nel 2022 è Channel 4, una tv britannica, ad accendere i riflettori sulle condizioni di lavoro negli appalti, infiltrando una donna in due laboratori dove le ore di lavoro arrivano addirittura a 17-18 al giorno e pressioni e multe per chi non rispetta i tempi o commette errori sono la norma (“The Dark Truth Behind Fast Fashion – Inside the Shein Machine”, Youtube). L’inchiesta stavolta smuove l’opinione pubblica internazionale e arrivano le prime reazioni. I Rolling Stones cancellano un accordo commerciale col brand cinese. Shein è costretta a reagire: avvia un’indagine interna e alla fine ammette che nell’83% delle ditte d’appalto “è possibile migliorare le condizioni di lavoro”. Arruola come Head of Sustainability un ex manager di Disney, Adam Whinston, che comincia a ripulire l’immagine aziendale investendo decine di milioni di dollari in campagne a sostegno di nobili cause, adottando una Human Rights Policy e obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2. Negli anni successivi, sfumata la quotazione al NYSE, la spesa in lobbying passerà da 300.000 a 4 milioni e mezzo di dollari. A Washington Shein arruola come lobbista Cesar Conda, ex capo dello staff del senatore Marco Rubio, oggi Segretario di Stato USA. L’attuale direttore dell’FBI, Kashyap “Kash” Patel, invece, è socio di Elite Depot, società registrata alle Cayman della galassia Shein. In Europa operano come lobbisti o consulenti l’ex commissario europeo Oettinger, esponente della CDU tedesca; l’ex ministro di Macron Cristophe Castaner; la stretta collaboratrice del primo ministro laburista inglese Keir Starmer, Kamella Hudson. Shein, inltre, è cliente della società di consulenza di un altro laburista eccellente, l’ambasciatore britannico a Washington Peter Mandelson (Fonte: Follow the Money, 24 marzo 2025, vedi immagine sotto). Tra le accuse che Shein deve affrontare c’è anche quella di acquistare il cotone da produttori dello Xinjang, dove i lavoratori della minoranza uigura sono spesso sottoposti a un regime di lavoro forzato.

Struttura societaria e strategia

La struttura societaria emersa fin qui è estremamente opaca. Come mostra il grafico pubblicato nel 2024 da Public Eye (immagine sotto) il quartier generale di Shein a Singapore, controlla quello cinese, Guangzhou Xiyin International Import & Export, sorto nel 2017 si trova nel quartiere Panyu a Guangzhou, dove hanno sede anche la maggior parte dei fornitori, e da cui dipendono 14 filiali cinesi che probabilmente fanno da intermediarie coi laboratori. Altre 11, controllate da operatore logistico di Guangzhou e a monte da uno di Hong Kong si occupano presumibilmente anch’esse di logistica. Come si vede dal grafico a monte di tutta la galassia Shein si trovano tre società anonime con sede in paradisi fiscali: Beauty of Fashion Investment (Isole Vergini Britanniche), che controlla Roadget e, tramite questa, Guangzhou Xiyin; Elite Depot (Isole Cayman), che controlla Shein Group; Wonderflow Holdings (ancora Virgin Island), che controlla la citata catena di società logistiche. Dalla fine del 2019 il fondatore Xu Yiangtian non è più CEO e la maggior parte delle società, compresa la sede centrale di Guangzhou Xiyin, è gestita dalla sua vecchia socia Gu Xiaoqing, ma non trapelano dettagli sui motivi dell’avvicendamento. Secondo alcune fonti le operazioni di Shein sono distribuite in quattro metropoli: Guangzhou (fornitori); Nanjing (logistica); Shenzen (analisi dati e design); Shangai (marketing) (Fonte: letschuai.com, 20 luglio 2023 – thelowdown.momentum.asia, 24 luglio 2023).

Fonte: Public Eye, 2021

Zoetop e Roadget gestirebbero la galassia dei marchi Shein: alcuni sono sottomarche del marchio principale e sono offerti su shein.com; altri – Romwe, Motf, Emmacloth – sono pubblicizzati su altri siti web. Ci sono anche rivenditori online all’apparenza indipendenti, ma in realtà legati a Zoetop o Roadget come istrend.net, streetmood.se o mislead.pk. Infine, come si è visto, alcuni marchi possono essere acquistati su Amazon a prezzo maggiore. Una maglietta a maniche lunghe offerta a 18,99 euro su Amazon col marchio Soly Hux sul sito Shein viene venduta con marchio Shein a soli 4,99 euro.

Shein non ha negozi fisici e si affida interamente all’e-commerce. Ha un team di designer e di buyer di 300-400 persone, il cui compito principale è quello di condurre operazioni e analisi dei dati (secondo Linkiesta, 30 marzo 2024, sono 4.000: 300 in Europa, di cui oltre la metà in Italia). L’Artificial Intelligence Data Center ha il compito di sviluppare algoritmi di raccomandazione personalizzati. Grazie all’ampia base di clienti in decine di paesi raccogliere un’enorme mole di dati sui comportamenti di acquisto. Analizzandoli a fondo i reparti di progettazione e produzione riescono a realizzare capi combinabili in molti modi tra loro. Gli algoritmi scandagliano i gusti dei clienti e forniscono loro consigli personalizzati, adeguandosi costantemente ai loro gusti in base ai feedback. Per adattarsi meglio a gusti e tradizioni locali gli algoritmi regolano automaticamente i contenuti del sito anche in base alla posizione e della lingua dell’utente e cambiano persino gli indossatori nelle foto per adeguarsi allo stile dei consumatori.

Il ciclo di progettazione-produzione-commercializzazione dei colossi del fast fashion solitamente dura 3-6 mesi. Shein lo ha compresso a circa 10 giorni. La velocità di rotazione dei prodotti è elevata: la piattaforma introduce 6.000 Stock Keeping Unit ogni giorno e il 70% dei prodotti resta in vendita meno di tre mesi. Il modello “small order and quick return” impone ai fornitori di produrre nuovi prodotti in piccoli lotti per poter condurre test sui consumatori. Se un nuovo capo tira, l’azienda effettua rapidamente ulteriori ordini, sennò viene abbandonato. Gli elevati costi di preparazione alla produzione e il costo relativamente alto della manodopera fanno sì che molti fornitori spesso esitino di fronte agli ordini di Shein, molto più piccoli di quelli dei marchi tradizionali. Per ottenere il massimo rendimento inoltre Shein ha introdotto un sistema di determinazione dei prezzi in fase di progettazione, a partire da un calcolo inverso dei costi, così da bloccare la fascia di costo del prodotto, chiedere ai fornitori un preventivo e selezionare solo da chi rientra nella fascia. Ciò impone ai fornitori margini di profitto relativamente limitati. Come incentivo l’azienda concede loro degli aiuti finanziari: ad esempio si addossa i costi della modellistica e presta capitali per l’acquisto dei locali. Wang Hao, uno dei primi fornitori del gruppo, dice che “Shein paga una volta al mese o anche una volta ogni due settimane o settimanalmente. Per dieci anni ha mantenuto un eccellente record di puntualità, cosa assai rara nel settore”.

A Panyu Shein ha oltre 300 ditte d’appalto, ma coi subappalti, il totale dei fornitori supera i 4.000. I fornitori devono trovarsi vicino alla stazione appaltante, in modo che le parti possano incontrarsi e negoziare in tempi brevi. Inoltre dovranno installare il sistema di gestione collaborativa intelligente (Manufacturing Execution System, MES) sviluppato da Shein, a cui consentono di scambiare, condividere e utilizzare i flussi di informazioni estratti da ogni fase del ciclo produttivo – dalla progettazione, alla creazione dei modelli, alla produzione seriale alla commercializzazione – così che elenchi dei prodotti, stato degli ordini e saldi delle scorte siano visualizzati in tempo reale. Conoscendo lo stadio di avanzamento della produzione Shein è in grado di calcolare con precisione il tasso di utilizzo della capacità di tutti laboratori e ottenere una corrispondenza precisa tra front end e back end, creando così una piattaforma cooperativa affidabile che consente una gestione efficiente dei fornitori. Per garantire la qualità dei prodotti, inoltre, ha istituito standard di valutazione rigorosi e dettagliati. I fornitori vengono valutati in base a questi standard e la valutazione influisce sui futuri ordini e sui bonus mensili e include un meccanismo di eliminazione dell’ultimo in classifica, così da garantire che la qualità resti elevata.

La logistica

La logistica di Shein si è trasformata nel tempo. I prodotti vengono stoccati nei due magazzini centrali a Foshan, a circa un’ora da dove si concentrano i fornitori e da lì spediti verso i paesi di destinazione. Oltre ai due hub di Foshan, vicini all’aeroporto internazionale di Guagzhou, Shein dispone di un centro logistico a Hong Kong per le spedizioni via mare. Il sistema logistico è stato digitalizzato, migliorandone in modo rilevante l’efficienza. Picking e packing sono quasi integralmente robotizzati, ma anche il trasporto all’interno del magazzini, la gestione dell’inventario e delle scorte, il monitoraggio delle operazioni sono affidati a sistemi di IA, IoT e RFID. In questo modo Shein è in grado di effettuare le consegne in tutto il mondo a partire da sette giorni e la media giornaliera delle spedizioni globali raggiunge un milione e 100.000 pezzi. (Fonti: sourcingwise, 29 settembre 2024; xtransfer.com, 22 luglio 2024).

Inizialmente l’azienda spediva direttamente ai propri clienti in tutto il mondo per via aerea. Una strategia che porta i tempi di consegna fino a tre settimane, ma ha consentito a Shein (così come a Temu) di investire su magazzini e negozi fisici – fatta eccezione per i pop up store, negozi temporanei a scopo promozionale (vedi immagine in copertina) – e la clientela, pur di risparmiare, è disposta ad aspettare. Shein, come Temu, inoltre, hanno tratto vantaggio dalla regola “de minimis”, che negli USA e in UE esenta dai costi e dalle pratiche doganali i pacchi di valore inferiore rispettivamente a 800 dollari e 150 euro. Così facendo, tra esenzioni doganali e sussidi di Stato cinesi alle esportazioni, spedire dalla Cina agli USA può venire a costare meno che spedire un pacco da una città americana o europea all’altra. Nel 2016 negli USA sarebbero entrati utilizzando questo regime un miliardo e mezzo di pacchi, il 50% spediti da Shein e Temu (fonte: supplychainbrain, 24 giugno 2024). Il dato europeo è più recente: 4,6 miliardi di pacchi nel 2024, oltre il 90% dalla Cina (Startmag, 21 maggio 2025). Negli USA già l’amministrazione Biden aveva espresso l’intenzione di eliminare questo regime almeno per le aziende cinesi e oggi l’UE sembra intenzionata a introdurre una tassa di due euro per ogni pacco indirizzato direttamente al cliente e 50 centesimi per i pacchi destinati ai magazzini.

Da qualche anno a questa parte, infatti, Shein ha aperto alcuni centri di smistamento regionali: almeno tre negli USA (Los Angeles, Indiana e New Jersey); in Europa Bruxelles e Madrid, ma anche Wroclaw (Breslavia) in Polonia; più altri magazzini secondari: Sidney, Singapore e Dubai. In Italia nel 2022 ha rilevato il magazzino ex Zalando presso il polo logistico di Stradella (PV), dove i pacchi provenienti dalla Cina vengono lavorati e inviati ai corrieri che provvedono alla consegna, tra cui GLS e le ditte che consegnano i pacchi di Amazon. I magazzini esteri non ospitano l’intero catalogo di Shein (che oggi include anche oggetti per la casa, elettronica, articoli sportivi e cartoleria) ma solo una selezione di pezzi che possono essere ricevuti in tempi più brevi, circa una settimana, con l’opzione di spedizione rapida, più costosa. La logistica globale è affidata a grandi gruppi del trasporto aereo e marittimo per le spedizioni dalla Cina ai mercati di destinazione; operatori postali e corrieri privati per la consegna a domicilio ai clienti; nel caso in cui ci sia il passaggio intermedio in un magazzino altri operatori che lo gestiscono. Il magazzino di Wroclaw in Polonia fa ricorso all’agenzia interinale Grupa Progres, negli USA pare che il personale sia assunto direttamente dal marchio Shein, mentre in Italia il magazzino è gestito da Fiege Logistics che di recente però ha annunciato la decisione dei cinesi di spostare le attività da Stradella alla Polonia. I posti di lavoro a rischio sono 500: ne parliamo domani qui su GliStatiGenerali. 

Immagine di copertina: Wiki Commons Image. L’articolo è uscito anche sulla newsletter di PuntoCritico.info.

 

Cina Lavoro logistica Moda
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