Sindacati
SHEIN conferma: chiude l’hub di Stradella
Il negoziato intrapreso dal sindacato per ridurre gli esuberi si scontra con la decisione irremovibile del colosso cinese, che trasferirà le operazioni in Polonia alla ricerca di forza-lavoro a basso costo.
“Tra i lavoratori serpeggia un mix di rabbia e depressione” mi racconta Sergio Antonini, segretario della Filt CGIL di Pavia. Fiege Logistik, gruppo tedesco della logistica, che oltre che per SHEIN lavora per altri grandi player internazionali, da Sephora a Zalando, ha confermato che il contratto coi cinesi per la gestione del magazzino di Stradella non verrà rinnovato e quindi oltre 300 posti di lavoro a tempo indeterminato, più circa 200 precari, a breve verranno cancellati.
Il sindacato ha tentato varie strade: dal mantenimento di un piccolo numero di lavoratori per occuparsi dei resi al trasferimento in altre sedi, ma proposte come Novara e Bologna, con un incentivo di circa 6 mila euro e a centinaia di chilometri da percorrere ogni giorno, si sono rivelate impraticabili per la stragrande maggioranza dei lavoratori: le distanze sono eccessive e solo una sessantina hanno accettato.
Ora si parla di “nuovi clienti”, ma, specifica Antonini, “Quanti di questi lavoratori potranno assumere se anche arriveranno? Magari 50 carrellisti destinati a occupare una piccola porzione di un magazzino enorme”, come del resto è avvenuto già in frangenti analoghi. Ora l’unico aspetto su cui il sindacato può ancora tentare di far pesare la propria forza è un pacchetto di indennizzi per consentire ai lavoratori, che dal primo di gennaio si ritroveranno senza un impiego, di avere almeno una boccata d’aria in attesa di trovarsi un altro lavoro.
È un piccolo episodio, come se ne vedono tanti purtroppo, in particolare in questi ultimi anni, ma allo stesso tempo è il primo caso in cui SHEIN sposta le sue operazioni da una grande economia europea con aziende sindacalizzate, diritti e salari dignitosi a un paese dell’Europa orientale, dove deregulation e un’immigrazione fatta in larga misura di profughi di guerra consentono ai grandi gruppi internazionali di accedere a una sorta di discount della manodopera. Insomma il dumping salariale non è più solo tra Cina ed Europa, ma viene importato direttamente nel nostro continente, con conseguenze potenzialmente nefaste sul piano sociale.
Se si naviga sui forum polacchi, infatti, ci si imbatte in numerosi post che denunciano l’ “invasione degli stranieri”, in particolare dei profughi ucraini, che “rubano il lavoro ai polacchi”. Perciò, invece di lamentarsi per l’avanzata dei sovranisti e del razzismo quando ormai è troppo tardi, l’Europa farebbe bene a intervenire subito a tutela dell’occupazione e dei diritti di tutti i lavoratori europei, invece di lasciare che vengano messi in concorrenza tra loro. Un tema che tocca anche il sindacato europeo.
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