Appennino, così si tagliano i boschi… per accontentare Federlegno

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25 Luglio 2018

Sono sorte diverse polemiche per il taglio di boschi sanissimi, su versanti dell’Appennino reggiano e parmense. Il fatto per quanto appaia a norma di legge non può essere sottovalutato. La Pianura Padana è un’enorme camera a gas e ogni sorta di saccheggio ambientale, incendio o devastazione a danno del patrimonio boschivo equivale ad un autentico attentato alla salute.
Chi produrrà ossigeno nei prossimi sessant’anni, se questo è l’arco di tempo necessario ad un semplice bosco di faggi per riprodursi? Non di certo i camini industriali. Non gli inceneritori. Non gli impianti di compostaggio e nemmeno le centrali a biomasse.
L’aria fresca che durante la notte scende a valle per inversione termica, aprendo un varco sulla cappa di smog che soffoca i comuni della pianura, è proprio quella satura di ossigeno che arriva dai boschi dell’Appennino.
Tagliare un bosco è tagliare ossigeno.
Imponenti  campagne mediatiche per contrastare e denunciare la piaga degli incendi dolosi, che puntualmente attentano a quel che resta del prezioso patrimonio boschivo, in un’Italia sempre più cementificata ed avvelenata dalle ecomafie, e poi che cosa scopro? Che le Regioni, le Comunità Montane con UNCEM, L’ANCI, la CNA, FIPER federazione italiana produttori di fonti rinnovabili,  e altre decine di enti e associazioni pubbliche e private si sono accordati con ANARF per accontentare le pressanti richieste di Federlegno Arredo.
Ma entriamo nel dettaglio dell’accordo interregionale sul prelievo legnoso in ambito boschivo e sulla filiera del legno, dato che i nomi dei signori che reggono le fila del gioco sembrano proprio quelli che troviamo nell’organigramma di Anarf. In un recente accordo del 2015 si è deciso a Venezia l’accordo per il taglio del pioppo tra Friuli, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna. Nel 2016 si è passati a siglare un accordo per il taglio di altri boschi pubblici e privati fino al 2022 sia in Emilia Romagna, che in Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia.
Cos’è ANARF?  Corrisponde ad “Associazione Nazionale per le attività regionali forestali”. Prima aveva sede a Milano poi con un atto notarile del 2009, redatto ad Agrigento,  la sede è trasferita a Palermo presso la sede del Dipartimento Regionale Aziende Foreste Demaniali. Si tratta di un’associazione che sarà attiva fino al 2025, con il fine di coordinare e promuovere attività per la conservazione e la tutela ambientale. ANARF si pone come interlocutore privilegiato nel complesso dei sistemi agro-silvo-pastorali; organizza relazioni tra enti, istituzioni, tramite convegni, corsi e conferenze in tema.
Nell’organigramma di ANARF vediamo che il consiglio direttivo è composto da personalità che rappresentano la Sicilia, il Veneto, la Basilicata e la Sardegna. Per la Sicilia  compaiono l’ex presidente palermitano Antonino Colletti, già direttore dell’”Aziende regionali delle foreste di Sicilia”,  con la trapanese  Francesca De Luca ( processata  e assolta per 33 milioni di euro dei fondi europei destinati a lavori forestali nel trapanese, svolti solo in minima parte); per la Sardegna Antonio Casula – oggi a capo dell’ Ente Foreste Sardegna ( sul quale pendono diversi processi per frode, taglio di 35 ettari di bosco in Sardegna, danni ambientali, e altre manovre poco limpide riguardo un appalto pubblico); per la Basilicata Piernicola Viggiano, Vicepresidente di ANARF (beccato dai carabinieri dei ROS mentre riceveva nel suo ufficio assieme ad un suo collega  pregiudicato per falsità ideologica e abuso d’ufficio,  il capo ndrina Rucitera ed altri suoi sodali, per accordarsi riguardo il grosso appalto dell’ALSIA, per la riqualificazione delle aree boschive tra Pisticci, Policoro e  Scanzano Ionico); per il Friuli Rinaldo Comino presidente del “Gruppo foreste montane della convenzione Alpi”,  tra i fautori dell’intesa delle politiche forestali  tra la Cna di Udine e quella della Carinzia; per il Veneto il nuovo presidente ANARF Paolo Pizzolato che succede ad Antonino Colletti.
I soci di ANARF sono Veneto Agricoltura con Paolo Pizzolato, Regione Basilicata con Piernicola Viggiano, Regione Sicilia con  Dorotea Di Trapani, Ente Foreste Sardegna con Antonio Casula e Rinaldo Comino per la Regione Friuli Venzeia Giulia.
L’assemblea dell’ANARF si è riunita nella nuovissima sede romana di Federlegno Arredo presieduta dal modenese Emauele Orsini (nella foto) per pianificare le sorti del patrimonio boschivo italiano.
C’è una figura interessante che vale la pena di rimarcare: il ruolo di Rinaldo Comino, dato che l’accordo per il taglio del pioppo nasce proprio per un’iniziativa della azienda forestale friulana. Nei convegni organizzati da Anarf nell’ambito dell’Euregio, (Il Gect Euregio Senza Confini, al quale aderiscono le Regioni del Veneto e del Friuli Venezia Giulia e il Land austriaco della Carinzia, è stato costituito nel 2012 per favorire e promuovere la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale nell’ambito dell’Unione europea) viene rimarcata la sinergia delle politiche forestali, tant’è che non a caso la ditta Amabile Gianni che gestisce il taglio dei boschi sul Monte Ledo è di Udine, mentre effettivamente i lavori sono effettuati dal potente gruppo austriaco della Carinzia  Holz Klade Gmbh di Wolfsberg  (con filiali anche a Udine e in Slovacchia.
C’è un accordo tra la Camera di commercio della Carinzia e La CNA di Udine che riguarda proprio gli interventi di manutenzione delle aree boschive, e lo stesso Reinhard Klade del gruppo Klade , è membro della camera di commercio della Carinzia. Quindi a quanto pare il taglio dei boschi sul nostro Appennino non è meramente una faccenda privata, ma si fonda sulla sinergia della Camera di Commercio della Carinzia, le Regioni, ANARF,  la CNA, le Comunità Montana, ecc…
Infine a sottoscrivere  l’accordo del 2016  per il prelievo legnoso in Emilia Romagna fino al 2022, senza definire né dove, come, né la quantità, per l’assessore all’Ambiente Paola Gazzolo firma Enzo Valbonese.
E’ chiaro quindi che, nonostante l’alto indice di franosità dei suoli e la mancanza di aria sana, i boschi continueranno ad essere tranquillamente tagliati anche in Emilia, fino al 2022; e dopo aver  tagliato i faggi  e gli abeti definiti non autoctoni, sarà presto la volta delle querce, dei larici, degli olmi, dei tigli… finché a  farci ombra resteranno solo le antenne della telefonia mobile.
Stendo  un velo pietoso sul sistema di rotazione, piantumazione e ricrescita,  dato che  persino un bambino riesce a capire che  sessant’anni valgono una vita intera, mentre invece urgerebbe indagare sulle evidenti speculazioni, sia per l’accaparramento dei  fondi europei, che per la produzione internazionale  di pellet.

Maria Petronio

TAG: Appennino, emilia romagna, federlegno, gazzolo, legno, orsini
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2 Commenti

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  1. maxsai 6 anni fa

    Guardate che i boschi possono essere coltivati! Se non ci credete, fate un salto in Val di Fassa o in Val di Fiemme, tanto per fare due esempi, e vedrete cosa sono quei boschi coltivati da centinaia di anni.

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  2. gianmario-nava 6 anni fa

    l’articolo è particolarmete al di sotto degli standard degli stati generali
    sembra un post di rocco casalino: un titolo fuorviante, una foto verissima che racconta una mezza bugia, un contenuto desolante
    a parte la ennesima lista di proscrizione senza capo nè coda, nella quale i cattivi non sono neanche stati condannati e gli altri diventano cattivi per esservi affiancati, il resto non spiega nulla salvo paventare disastri innominati
    senza la minima infarinatura di sciente forestali si inanellano strafalcioni, come quello di associare la coltura del pioppo in pianura (coltura agraria poliennale conclamata e come tale trattata in scienza e coscienza da chiunque nel settore) alla eradicazione di boschi millenari in zone incontaminate (che non esistono)
    alcuni hanno contestato il nuovo testo unico forestale per preoccupazioni ambientaliste
    altri hanno risposto che le preoccupazioni ambientaliste sono ben presenti nel testo
    da dottore forestale, e senza avere approfondito il testo, posso a priori tranquillamente dire che nessun tecnico o operatore forestale in italia potrebbe, per cultura e per convenienza, prescindere da considerazioni ambientaliste, visto che la selvicoltura in europa è basata sull’uso di una risorsa che si vuole rinnovabile o non è
    quindi se c’è qualche punto delle nuove norme che si contestano le si contesti
    se si hanno dubbi che li si esponga
    analiticamente
    di caccia all’ingrosso ne abbiamo vista abbastanza

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