Campamenti a Tinduf. Algeria. Elena Rusca

Geopolitica

Sahara Occidentale: tra la persistenza coloniale e la riaffermazione del diritto all’autodeterminazione

Sahara Occidentale: mezzo secolo di occupazione marocchina, risorse sfruttate e diritti negati. La EUCOCO 49 riafferma l’autodeterminazione, mentre l’ONU ribadisce che l’autonomia non è legittimazione.

3 Dicembre 2025

Il Sahara Occidentale rimane, nel 2025, l’ultimo territorio africano iscritto nella lista dei territori non autonomi delle Nazioni Unite. Mezzo secolo dopo il ritiro spagnolo e l’occupazione militare marocchina, la questione saharawi continua a essere una ferita aperta nel diritto internazionale e nella coscienza della comunità internazionale. La recente 49ª Conferenza EUCOCO, svoltasi a Parigi il 28 e 29 novembre, e la risoluzione 2797 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, adottata il 31 ottobre, hanno riportato al centro del dibattito la tensione tra le manovre politiche di legittimazione dell’occupazione e la vigenza indiscutibile del principio di autodeterminazione.

Una decolonizzazione incompiuta

Il Sahara Occidentale fu amministrato dalla Spagna fino al 1975, quando gli Accordi di Madrid trasferirono de facto l’amministrazione al Marocco e alla Mauritania, in aperta contraddizione con il diritto internazionale. La Corte Internazionale di Giustizia, nel suo parere dell’ottobre 1975, aveva stabilito che non esisteva alcun legame di sovranità tra il territorio e il Marocco, riconoscendo il diritto del popolo saharawi all’autodeterminazione. Tuttavia, la “Marcia Verde” e l’occupazione militare marocchina consolidarono uno status quo che perdura ancora oggi.

Dal 1991, con il cessate il fuoco promosso dall’ONU e la creazione della MINURSO (Missione delle Nazioni Unite per l’organizzazione di un referendum nel Sahara Occidentale), si sperava che il popolo saharawi potesse decidere liberamente tra indipendenza o integrazione. Quel referendum non si è mai svolto. L’ostruzionismo sistematico nel processo di identificazione del corpo elettorale, le manovre diplomatiche e il veto francese al Consiglio di Sicurezza hanno bloccato per decenni l’applicazione di un diritto riconosciuto da tutti gli organi principali dell’ONU.

Sfide attuali: occupazione, risorse e repressione

Nel 2025, la situazione si caratterizza per tre grandi sfide:

  • Occupazione militare e colonizzazione demografica: il Marocco controlla de facto l’80% del territorio, protetto da un muro militare di oltre 2.700 km. La popolazione saharawi autoctona è minoritaria rispetto ai coloni marocchini insediati dal 1975, in violazione dell’articolo 49 della IV Convenzione di Ginevra.
  • Sfruttamento illegale delle risorse naturali: fosfati, pesca, agricoltura ed energie rinnovabili vengono sfruttati senza il consenso del popolo saharawi. La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha ribadito che qualsiasi accordo commerciale che includa il Sahara Occidentale richiede il consenso del popolo del territorio, rappresentato dal Fronte Polisario. Tuttavia, la Commissione Europea e il Consiglio hanno tentato ripetutamente di includere il territorio negli accordi con il Marocco, generando nuovi contenziosi.
  • Repressione e violazioni dei diritti umani: nei territori occupati, gli attivisti saharawi subiscono detenzioni arbitrarie, torture e processi senza garanzie. Nei campi profughi di Tindouf, in Algeria, la popolazione dipende da un aiuto umanitario insufficiente, utilizzato come palliativo dagli Stati che evitano di affrontare la radice politica del conflitto.

La EUCOCO 49: solidarietà e denuncia

La 49ª Conferenza EUCOCO, organizzata a Parigi, ha riunito oltre 280 partecipanti provenienti da diversi paesi, tra cui delegazioni istituzionali, parlamentari, sindacati e associazioni solidali. La presenza del Primo Ministro della RASD, Buchraya Bayun, ha sottolineato la centralità del Fronte Polisario come rappresentante legittimo del popolo saharawi.

La risoluzione finale della EUCOCO ha riaffermato il diritto inalienabile all’autodeterminazione e denunciato le manovre della Commissione Europea volte a imporre accordi commerciali con il Marocco contrari alla giurisprudenza della CGUE. La conferenza ha richiesto la liberazione dei prigionieri politici saharawi, l’accesso degli osservatori internazionali ai territori occupati e un aumento sostanziale degli aiuti umanitari ai campi di Tindouf.

La EUCOCO ha inoltre evidenziato la necessità di mobilitare la società civile europea contro i tentativi di legittimare l’occupazione attraverso accordi economici e narrazioni politiche. La scelta di Parigi come sede, con eventi all’Assemblea Nazionale e in Place de la République, ha voluto interpellare direttamente la Francia, paese che con il suo veto al Consiglio di Sicurezza è stato uno dei principali ostacoli all’applicazione del diritto internazionale nel Sahara Occidentale.

La risoluzione 2797 del Consiglio di Sicurezza: chiarimenti necessari

Il 31 ottobre 2025, il Consiglio di Sicurezza ha adottato la risoluzione 2797, prorogando il mandato della MINURSO fino a ottobre 2026. Il Marocco ha tentato di presentare questa risoluzione come una legittimazione del suo piano di autonomia, diffondendo titoli che suggerivano che l’ONU avesse avallato la sua proposta come unica base di soluzione. Questa interpretazione è fuorviante.

La risoluzione 2797 riafferma che qualsiasi soluzione deve essere “giusta, duratura e reciprocamente accettabile” e deve consentire l’autodeterminazione del popolo saharawi, conformemente alla Carta delle Nazioni Unite. Il testo non riconosce la sovranità marocchina sul territorio né legittima l’autonomia come unica opzione. L’autonomia è menzionata solo come una delle possibili vie, purché compatibile con il principio di autodeterminazione.

Sul piano giuridico, ciò significa che l’opzione dell’indipendenza rimane pienamente valida. Il diritto all’autodeterminazione, riconosciuto come norma imperativa del diritto internazionale (jus cogens), non può essere limitato né sostituito da formule politiche che escludano l’indipendenza. L’autonomia, senza la possibilità di scegliere l’indipendenza, costituisce una forma di integrazione e non soddisfa quindi lo standard giuridico dell’autodeterminazione.

Approfondimento giuridico: il principio di autodeterminazione

Il diritto all’autodeterminazione dei popoli coloniali è sancito dalla risoluzione 1514 (XV) dell’Assemblea Generale dell’ONU (1960) ed è stato ribadito in numerose risoluzioni successive. La Corte Internazionale di Giustizia, nel suo parere del 1975, ha stabilito che il popolo saharawi è titolare di questo diritto.

La giurisprudenza della CGUE ha rafforzato questa posizione, dichiarando che il Sahara Occidentale è un territorio distinto dal Marocco e che qualsiasi accordo che lo includa richiede il consenso del popolo saharawi. Tale consenso non può essere sostituito da quello del Marocco né da benefici economici vagamente definiti.

La risoluzione 2797, prorogando il mandato della MINURSO, mantiene vivo il quadro giuridico della decolonizzazione. Sebbene il Consiglio di Sicurezza utilizzi un linguaggio ambiguo, l’essenza del diritto rimane: il popolo saharawi deve decidere liberamente il proprio futuro. L’autonomia marocchina, presentata come “soluzione realistica”, non può essere imposta né considerata autodeterminazione.

Tra resistenza e legalità

La situazione del Sahara Occidentale nel 2025 riflette la tensione tra la persistenza di un’occupazione coloniale e la vigenza di un diritto internazionale che si rifiuta di essere svuotato di contenuto. La EUCOCO 49 ha riaffermato la solidarietà internazionale e la centralità del Fronte Polisario come rappresentante legittimo. La risoluzione 2797 del Consiglio di Sicurezza, nonostante le interpretazioni interessate, non legittima l’autonomia marocchina: mantiene la questione nell’ambito del diritto all’autodeterminazione.

La sfida attuale è duplice: resistere alle manovre politiche ed economiche che cercano di consolidare l’occupazione e rafforzare l’esigenza di applicare un diritto riconosciuto ma mai eseguito. L’autodeterminazione del popolo saharawi non è un’astrazione: è un obbligo giuridico e morale che la comunità internazionale deve rispettare.

Il futuro del Sahara Occidentale dipenderà dalla capacità dei popoli e delle istituzioni di difendere la legalità contro la realpolitik. La sfida è quella di impedire che il diritto internazionale venga svuotato di contenuto e ridotto a mera retorica.

Come ha ricordato Ennaama Asfari, prigioniero politico saharawi, «non bisognerebbe disperare, bisognerebbe sperare». In questo caso, la speranza si chiama autodeterminazione.

La lotta del popolo saharawi non è un’astrazione, ma un obbligo giuridico e morale che la comunità internazionale deve rispettare. La resistenza quotidiana, la mobilitazione internazionale e la riaffermazione del diritto all’autodeterminazione costituiscono gli strumenti per contrastare l’occupazione coloniale e aprire la strada a una pace giusta e duratura.

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