Avraham Burg, ai tempi in cui era presidente della Knesset, il parlamento israeliano

Medio Oriente

Avraham Burg, ex presidente del Parlamento israeliano: “Il mio paese bolla come antisemita ogni critica”

19 Settembre 2025

È stata pubblicata oggi su la Repubblica un’intervista ”di Gabriella Colarusso ad Avraham Burg, già presidente della Knesset dal 1999 al 2003, in cui l’ex dirigente laburista israeliano lancia dure accuse nei confronti del governo e della società: “Il mio paese taccia di antisemitismo ogni critica”, dichiara Burg, denunciando una strumentalizzazione della parola “antisemitismo” come deterrente ad ogni forma di dissenso. Burg, da tempo critico verso le politiche dell’esecutivo Netanyahu e in prima fila nel richiedere che sia giudicato dalla giustizia penale internazionale, afferma che Israele sta attraversando “una deriva pericolosa”, che non riguarda solo questioni militari o diplomatiche, ma una piena crisi morale e democratica. “Se sei un criminale come Slobodan Milosevic, o un tiranno come Putin, devi essere portato in tribunale. E se sei ebreo e israeliano e ti chiami Netanyahu non hai esenzioni, anche tu vai in tribunale”.

La critica all’uso dell’antisemitismo come scudo

Burg sottolinea che “l’antisemitismo nel mondo esiste come esistono l’islamofobia, la giudeofobia, l’omofobia, la xenofobia, parte di una tendenza più diffusa all’odio alimentata da politici come Trump e Netanyahu”. Però – prosegue Burg – «lo Stato di Israele, anche prima di Netanyahu, ha trasformato l’antisemitismo in un’arma per impedire a chiunque di criticare». Criticare la politica verso i palestinesi, secondo lui, viene quasi automaticamente equiparato a un attacco contro l’identità ebraica di Israele: “Se dico che è sbagliato negare i diritti democratici naturali di milioni di persone perché sono palestinesi, divento Hitler? Che tipo di cinica negazione dell’Olocausto è questa?”.

Guerra, responsabilità e visione della leadership

Alla domanda su quale sia la ragione per cui il governo israeliano continua la guerra a Gaza, Burg risponde che la prima fase è stata “lo shock, la rabbia cieca, un impulso psicologico alla vendetta”. Ma ora, sostiene, “ciò a cui assistiamo oggi è l’attuazione calcolata della politica dell’estrema destra che vorrebbe realizzare ciò che non è stato fatto nel ‘48, la pulizia etnica dei palestinesi, e sfruttare l’opportunità per attuare una politica religiosa, messianica ed escatologica, che significa conquistare la Terra Santa”. In merito al silenzio o alla scarsa mobilitazione interna in Israele, Burg osserva che “una parte di responsabilità ce l’hanno i media, che non mostrano i volti umani a Gaza”.

L’orrore per la “Riviera di Gaza”

Burg non limita la sua critica alla gestione della guerra, ma indica una via politica precisa: “La chiave per il futuro della regione è nelle mani degli elettori israeliani che devono rimuovere Netanyahu alle urne, il peggior leader che il popolo ebraico abbia mai avuto”. Denuncia che dietro la retorica ufficiale si nasconda un disegno che va al di là delle risposte militari: “Gaza è la prima linea della Cisgiordania”.

Quanto ai progetti di ricostruzione di Gaza, Burg afferma che se si trattasse di qualcosa “di organico alla rinascita dei palestinesi e di Gaza, fatta dal basso, con loro, un Piano Marshall, avrebbe un potenziale”. Ma avverte: “Ma se si tratta di una nuova supremazia bianca coloniale imposta da un capitalismo avido e da un presidente capriccioso come Trump, spero che tutte le persone coinvolte vengano giudicate all’Aia”.

Un confine che non si può varcare

Riguardo alla legittimità delle forme di resistenza palestinese, Burg mostra comprensione ma precisa limiti: “Se si accetta il concetto di Woodrow Wilson sul diritto all’autodeterminazione si ha anche il diritto di opporsi a qualsiasi tipo di occupazione. Ma nella ribellione per la propria indipendenza ci sono limiti.”  Israele “non può oltrepassare certi limiti, ad esempio la pulizia etnica”, mentre “i palestinesi o Hamas non possono oltrepassare il limite dei crimini contro l’umanità”.
Infine, Burg rilancia un principio universale: “Dal fiume Giordano al mare Mediterraneo ognuno ha diritto agli stessi diritti, sicurezza, libertà”.

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