Medio Oriente

Informarsi in tempo di guerra

13 Dicembre 2023

«E se improvvisamente, a forza di essere stremati, si capisse che un niente basta a fare la pace, proprio come un niente basta a scatenare la guerra? Questo “niente” necessario alla pace, siete sicuri di averne fatto il giro? Conosco molti israeliani che sognano, come me, un movimento di riconoscimento/riconoscenza, di un ritorno alla ragione, di una vita insieme. Non siamo che una minoranza? Qual era la proporzione dei resistenti francesi durante l’occupazione? Non seppellite questo movimento. Incoraggiatelo. Non cedete alla fusione morbosa della fobia e della paura, Non è più soltanto della libertà di tutti che si tratta, ormai. E’ di un minimo di equilibrio e di chiarezza politica, al di fuori di cui è la sicurezza mondiale, che la dinamite rischia di far saltare in aria» (Dominique Eddé, scrittrice libanese)

 

Qualcuno ci ha provato a fare chiarezza sull’informazione di guerra che riceviamo in questi giorni di conflitto israelo palestinese.

In ballo non c’è solo la ripetizione acritica di notizie confezionate dalla propaganda militare al servizio della propria causa.

Ma una vera e propria logica di narrazione distorta.

«La modalità con cui i media occidentali stanno raccontando questo conflitto è decisamente “contemporaneista”. Tutto inizia il 7 ottobre, come se nulla fosse accaduto in una storia lunga almeno 70 anni. Il conflitto è sempre conflitto Israele-Hamas, dove Hamas è giustamente indicata come l’entità contro cui Israele combatte, ma da questo contesto vengono cancellate, non menzionate e, infine, oscurate la Palestina e la questione palestinese, con tutti i temi sulla terra occupata o contesa, e sulla identità negata o estorta. In questa prospettiva, la logica binaria amico-nemico è funzionale a eliminare ogni scala di grigi e soprattutto ogni azione pacifica e congiunta: le iniziative, ad esempio, della comunità di Haifa, da sempre molto mista e attiva, dove di recente migliaia di persone si sono affollate in una moschea per un incontro interreligioso tra ebrei, cristiani e musulmani, per chiedere una tregua duratura e la liberazione di tutti gli ostaggi e i prigionieri, da entrambe le parti, sono state oscurate da altre notizie. La copertura di iniziative di questo genere, comprese quelle omologhe nelle piazze di Londra, Washington o New York, trovano una copertura numerica minore, oppure non vengono menzionate affatto.

Con il rilascio di ostaggi e prigionieri, in corso da alcuni giorni, la narrativa di questa guerra sui media è lievemente più incline a rivedere la logica binaria, ma il “doppio standard” permane. L’uccisione di tre fratelli di origine palestinese in Vermont, anche sulla copertina dei giornali americani, trova posto quasi a fondo pagina come “crimine d’odio” ma senza titoli allarmistici su un eventuale pericolo islamofobico. Diversamente da quanto accade in genere quando le vittime di reati del genere sono ebree o cristiane o laiche (penso al caso del docente francese accoltellato alcuni mesi fa in Francia per hate crime, definito però un caso di “terrorismo” per mano di “lupo solitario”)» (Laura Silvia Battaglia).

In Italia c’è un caso emblematico della distorsione e della narrazione falsa che ci investe da settimane.

E’ la vicenda che riguarda Francesca Albanese, docente associato di diritto presso la Georgetown University negli Stati Uniti. Per anni presso l’ufficio legale delle Nazioni Unite si è occupata di difesa dei diritti umani in Medio Oriente. Nel 2022, il Consiglio dei Diritti umani delle Nazioni unite l’ha nominata Relatrice speciale sui territori palestinesi occupati (incarico non retribuito e svolto in maniera volontaria).

Televisioni e giornali di tutto il mondo le chiedono interviste e spiegazioni.

In Italia ha trovato spazio solo su Radio popolare.

Ancora peggio.

Grazie a giornalisti (?) dei quotidiani di destra è in atto da settimane una campagna denigratoria e diffamatoria.

Sappiamo ormai tutto su incarichi e consulenze del marito, un economista. Sappiamo nei dettagli tutti i titoli del suo curriculum e le pretese truffe che gli vengono attribuite, ma nessuno che si prenda la briga di discutere i suoi argomenti e i suoi racconti.

Ora è in libreria da pochi giorni un suo libro: J’ACCUSE gli attacchi del 7 ottobre, Hamas, il terrorismo, Israele, l’apartheid in Palestina e la guerra, ed. Fuori Scena.

E’ un’occasione di controinformazione davvero unica.

Secondo quanto la stessa autrice si augura: «il mio auspicio è che queste pagine, attraverso la documentazione che mettono a disposizione dei lettori e a partire da quei principi del diritto internazionale che faticosamente abbiamo costruito, possano contribuire a mettere un po’ di ordine e aiutarci a prendere una posizione che non sia solo una bandiera da alzare».

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