Medio Oriente

Ma davvero Hamas è “terrorismo”?

Alcuni semplici fatti e puntini sulle i

30 Dicembre 2025
Nel diritto internazionale non esiste alcuna classificazione di Hamas come organizzazione terroristica. Singoli suoi atti sono stati considerati terroristici in virtù della Risoluzione ONU 1269/1999 (la quale sostiene che una forza combattente che è nel suo diritto, come Hamas, compie comunque terrorismo se colpisce obiettivi civili).
Non è terrorista l’organizzazione in sé, che è un vero e proprio apparato burocratico, un partito-Stato con decine di migliaia di funzionari, impiegati, collaboratori della società civile, impegnato a garantire la continuità statale dei servizi sanitari, scolastici, sociali sul suolo palestinese di Gaza.
L’ala militare di Hamas è una piccola parte della sua organizzazione, e gli atti terroristici di questa ala militare sono una minima parte dei suoi atti di combattente legittimo secondo il diritto internazionale (legittimità derivante dalle Risoluzioni 194/1948, 242/1967, 338/1973 e altre successive).
L’analfabetismo politico-giuridico dilagante impone una precisazione: che Hamas sia nel suo diritto nell’usare la forza militare contro Israele non significa che è buono bravo e bello, significa solo che è l’autorità politico-militare de facto di un Paese invaso (la Palestina), e dunque detiene la legittimità della resistenza all’invasore. Questo semplice fatto giuridico non esclude il giudizio politico su Hamas, che per molte buone ragioni può essere assolutamente negativo.
Ora, se fate un bonifico di 200€ a una signora di 60 anni di Gaza che lavora in un centro di smistamento di aiuti per la popolazione, collegato alle strutture istituzionali palestinesi, nel 90% dei casi state tecnicamente “finanziando Hamas” (ma state comunque davvero aiutando la popolazione, se la signora o il suo ufficio sono onesti, ma qui entriamo nel campo della morale privata che riguarda qualsiasi donazione).
Siccome è impossibile fare entrare 1 euro a Gaza senza passare da Hamas, i giornali parlerebbero di voi come qualcuno che “finanzia Hamas”, alimentando l’immaginario televisivo comune di un gruppetto in tuta mimetica e passamontagna.
Ma finanziare Hamas non implica l’acquisto di armi né il sostegno a un gruppo armato, né tantomeno il sostegno a sottogruppi terroristi di quel gruppo armato.
Ma continuiamo con i puntini sulle i.
Hamas è considerato resistente legittimo a un’invasione straniera in virtù dell’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite, ed è combattente di diritto ai sensi dell’art.43 comma 1 del Protocollo Aggiuntivo 1 del 1977 delle Convenzioni di Ginevra.
Stranamente, però, senza alcun motivo preciso, l’Unione Europea ha inserito Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche, estendendo all’intero partito-Stato la finalità di “terrorismo”, amabile signora di 60 anni compresa.
Hamas ha fatto ricorso contro questo atto e il Tribunale UE nel 2014 gli ha dato ragione, sostenendo che la decisione del Consiglio UE si basava solo su “informazioni raccolte da stampa e internet”, cioè da loro stessi e dalla loro stessa propaganda, senza prove concrete di condotta terroristica generalizzata.
Poi la Corte di Giustizia UE ha annullato la sentenza del Tribunale UE (ma ricordiamo che la CGUE valuta le procedure, non il merito).
Nel 2001 il Consiglio UE aveva inserito solo l’ala militare di Hamas tra le organizzazioni terroristiche, e questo si può anche comprendere. La sentenza 32712/2024 della Cassazione italiana (riguardante però la Brigata dei Martiri di Al-Aqsa, falange armata di Al-Fatah) ha stabilito che è difficile distinguere, in questo tipo di organizzazioni, la condotta terroristica dall’identità associativa del gruppo, per quanto “legittima” nell’economia di un conflitto.
Poi, nel 2022, l’UE ha inserito l’intero partito-Stato di Hamas nella schiera dei “terroristi”, incluso il comparto civile e politico, e questo è molto più difficile da comprendere, se non come appiattimento sulle posizioni della dottrina militare di Israele, un Paese apertamente e orgogliosamente ostile al diritto internazionale.
Su 203 entità statali nel mondo, solo 34 considerano Hamas un’organizzazione terroristica. Se accorpiamo i 27 Paesi europei che si accodano all’indirizzo UE, abbiamo che solo 8 entità su 177 considerano Hamas un’organizzazione terroristica.
E quali sono queste 8? Israele, USA, UK, UE, Canada, Giappone, Australia, Paraguay. Cioè praticamente quel blocco finanziario-militare imperialista noto come “Occidente” (più il Paraguay, che ha un’intesa diplomatica con Israele di lunga data).
È curioso che quella che è considerata, dal diritto internazionale, legittima resistenza a un invasore, venga considerata “terrorismo”, in toto e senza distinguo, guarda caso solo dai pochissimi compartecipi dell’invasione.
Si può anche capire la posizione dei conclamati “nemici dell’Occidente” (Russia, Cina, Iran ecc), ma la posizione di 169 Stati su 177 è un dato che parla da sé.
Ma continuiamo con i puntini sulle i.
A causa di questa rozza etichetta UE su Hamas tagliata con l’accetta (“terrorismo”), la Direzione Distrettuale Antimafia di Genova ha potuto recentemente incriminare alcuni soggetti secondo la legislazione anti-terrorismo.
Tuttavia, i 9 attivisti per la Palestina arrestati per aver “finanziato Hamas”, in realtà non hanno nemmeno finanziato Hamas (secondo la stessa accusa), ma solo associazioni indipendenti di beneficenza che SECONDO ISRAELE “sarebbero” collegate ad Hamas.
(Ricordiamo che, secondo Israele, anche Save the Children e l’UNRWA dell’ONU sono “terrorismo” collegato ad Hamas).
Qui il dato diventa politico. È abbastanza inquietante che le procure italiane agiscano per conto di un Paese straniero (Israele) inserito da Amnesty International nella top 7 degli Stati Canaglia più efferati del mondo, insieme a Gambia, Arabia Saudita, Angola e Burundi.
Un Paese tribale privo di una Costituzione moderna, che vive in regime di apartheid (si veda il report di Human Rights Watch) e che ha il record mondiale di convenzioni di diritto internazionale non ratificate (insieme a Eritrea, Corea del Nord e Somaliland). Sono tempi bui se un Paese del genere stabilisce chi deve essere arrestato in Italia.
È finita l’epoca della Prima Repubblica e del cosiddetto Lodo Moro (sì, proprio Aldo), quando l’Italia assumeva una posizione dignitosa nei confronti della resistenza palestinese, e addirittura si assumeva l’impegno di non perseguire i suoi membri su territorio italiano.
Oggi accogliamo in pompa magna un terrorista ricercato dalla Corte Penale Internazionale (Netanyahu, lui sì finanziatore di Hamas), e stringiamo partnership commerciali, tecnologiche e militari con Israele, violando l’art.25 dello Statuto di Roma, l’art. 3 della Convenzione sul Genocidio e la stessa legge italiana (185/1990).
Preoccupa che tra gli indagati di questa inchiesta di Genova vi sia anche una giornalista italiana, Angela Lano, e ciò prefigura un allargamento della repressione israeliana sui cittadini italiani, come suggerito ad esempio da questo simpatico gruppo Telegram (irrilevante ma pur sempre pericoloso):

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