Medio Oriente

«Prenderemo tutta Gaza ma senza controllarla» e altre favole senza lieto fine

7 Agosto 2025

In un equilibrismo sofistico di quelli che lo hanno reso un leader stimabile per le élite conservatrici e colte di mezzo mondo, non importa quanto abbia mani e coscienza sporche, Netanyahu nel giorno del gabinetto di guerra riunito il 7 agosto 2025 annuncia per Gaza un futuro a tinte fosche, ma almeno facilmente comprensibili, a patto di non avere spesse coltri di malafede su occhi e orecchie. L’azione militare salirà ulteriormente di livello, puntando a un controllo totale dell’esercito israeliano sulla Striscia, allo “spostamento” di un milione di persone da Gaza City dentro a dei giganteschi campi profughi nei quali, sotto il controllo dello stesso esercito, saranno distribuiti gli aiuti umanitari. L’obiettivo dichiarato è quello di sempre: “sradicare Hamas”. Se questo avverrà, e i palestinesi deporranno le armi e dichiareranno di rinunciare all’irrealizzabile – ieri, e oggi e per un lungo e duraturo futuro – ambizione di distruggere Israele, allora Israele accetterà di non mantenere il controllo militare sulla Striscia di Gaza, e lascerà che si governino con un’autorità arabo-palestinese: che non potrà appunto essere quella di Hamas. Spiega tutto, in poche parole, alla Fox News cara a Donald Trump, naturalmente sottolineando ogni tre frasi che fa tutto anche, se non soprattutto, per liberare Gaza e la sua gente dal giogo di Hamas.

Proviamo a tradurre le parole di Netanyahu in ipotesi di futuro. Ovviamente, appunto, è un’ipotesi, perchè il futuro non lo conosce nessuno e le capacità predittive del mondo si sono mostrate spesso fallaci, anche in quest’epoca che credevamo fornita di modelli efficaci. Vincendo le resistenze dell’esercito e dei suoi vertici, messi sotto tiro dalla propaganda guidata dalla cavalleggeri dei famigliari, Netenyahu ha dunque imposto un’ulteriore aumento della pressione militare su Gaza. Un’invasione su più larga scala, con ulteriore dispensio di sforzi economici e di vite umane. Sicuramente espandendo ulteriormente la mattanza del popolo di Gaza ma anche, ovviamente, con un aumento dei rischi per i militari israeliani. La promessa della “temporaneità” di questa “nuova” azione era ovviamente necessaria per evitare un plateale ammutinamento da parte delle forze armate israeliane, ma anche della società di un paese spaccato in due, in tre, o in molti più pezzi, e sulle crepe del quale la stanchezza della guerra e i giudizi sempre meno timidi del mondo iniziano ad agire come una leva che divarica la ferita in voragine, invece di suturarla.

È proprio qui, su questa faglia fragile, che Netanyahu si gioca con poca credibilità la carta più dolorosa e cinica, quella degli ultimi ostaggi e dei loro cadaveri, dichiarando l’incredibile: che questa nuova e più profonda offensiva ha come obiettivo la loro liberazione. Quello del premier israeliano è un cinismo – va ricordato, ancora una volta – che fa il paio con quello di Hamas, che li ha rapiti, li ha ridotti a scheletri e li ha mostrati in mondo visione violando ogni regola del diritto internazionale e dell’umanità, alzando continuamente la posta perchè sa che questi ultimi corpi sono l’ultimo pezzo di disumano patrimonio di scambio. Che ad Hamas non importa la vita umana dei rapiti e dei gazawi è piuttosto evidente: ma in buona fede, chi puó pensare, arrivati a questo punto della vicenda, che interessino di più a chi governa il suo paese da Gerusalemme? Non lo pensano le famiglie dei rapiti e molti dei rapiti superstiti che infatti protestano contro il rilancio bellicista di Netanyahu, letto come una condanna a morte per i dead man walking che si scavano la fossa nelle mani dei loro aguzzini nelle catacombe di Gaza.

Come finirà dunque questa nuova offensiva nessuno può saperlo, ma nella sfera di cristallo del passato un qualche futuro possiamo immaginarlo. Moriranno molte migliaia di altre persone. Ancora, e ancora. Hamas sarà forse abbattuta come organizzazione, ma non sarà indebolita nella sua forza più profonda, quella che nasce della rabbia che diventa idea e poi azione. I Gazawi, stremati, revocheranno probabilmente fiducia a chi li ha governati negli ultimi diciott’anni, ma perchè mai dovrebbero rinunciare a odiare e sognare di vedere distrutto lo Stato che ha raso al suolo le loro case, ucciso figli e madri, affamato, bombardato e sparso il sale? Certo, come scrivono in tanti, Netanyahu non si “annetterà” Gaza: e certo. Anche perchè, annettendola, dovrebbe far diventare cittadini d’Israele i superstiti, che è esattamente l’opposto di ciò che desidera, di ciò per cui fa politica. Cosa capiterà nel dettaglio dunque lo vedremo, ma avendo due cent da scommettere diremmo che l’operazione militare e i suoi strascichi dureranno abbastanza a lungo da far durare il governo Netanyahu fino a fine legislatura, autunno 2026. Non sarà possibile smantellare prima questa “temporanea” occupazione e dopo, chissà se i palestinesi metteranno la testa a posto. Quale sarà la prova che “Hamas non c’è più”, e chi la certificherà, se non Bibi stesso, o un altro governo israeliano, dilaniato e pressato da rabbie, paure e propaganda? Certo, c’è chi coltiva abominevoli sogni di grandezza, e continua a sognare una grande Israele dal fiume al mare, che implica, nella migliore delle ipotesi, di espellere tutti palestinesi, e sta pure al governo: “ma sono partiti minori, mica è quello sono io!” precisa sempre Netanyahu. A dire il vero lo scrive anche Yair Netanyahu, come manifesto, nel suo profilo su X. Ma è mio figlio, direbbe lui, mica sono io.

la foto del profilo di Yair Netanyahu su X

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