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UE

Dove li trova Tsipras i soldi per le sue promesse elettorali?

di Simona Bonfante
19 Gennaio 2015

“Tsipras promette di ri-assumere migliaia di dipendenti pubblici licenziati con il piano di austerità; assicura di rilanciare la Tv di Stato chiusa per fallimento, alzare a 750 euro il salario minimo, abbassare le tasse sulle piccole imprese; dare ai disoccupati cure, trasporti, servizi gratis e nessuno che gli chieda: ma dove li trovi i soldi?”. Il commerciante di souvenir del vitalissimo quartiere di Monastiraki, ai piedi dell’Acropoli, nel cuore commerciale di Atene, non voterà Syriza. Ma riconosce di essere ormai una minoranza nel suo paese. “Tsipras non è diverso da Papandreu o Samaras. In campagna elettorale parlano tutti al futuro: darò, farò, ma nessuno può fare e dare nulla. Nulla di diverso da quello che hanno promesso, ma non hanno potuto fare, i partiti di governo, quelli che hanno pagato il prezzo del salvataggio. E adesso – riflette questo signore di mezza età, pacato e loquace – dopo più di tre anni di sacrifici, tagli, crisi dei consumi interni che hanno stremato le piccole imprese, portato sul lastrico intere famiglie abituate ad avere tutto da uno Stato generoso oltre i limiti del buon senso; adesso che è il momento di cominciare a raccogliere i frutti dei sacrifici, Tsipras vuole vuol farci tornare come prima. Ma dove li troviamo i soldi?” Poco più in là, tra un ristorante (pieno) ed un moderno wine bar con prezzi londinesi, una signora fa capolino dal suo negozio di statuette. “La crisi – ci dice – è cominciata molto prima della troika. È cominciata subito dopo il crollo delle banche americane. I turisti, una volta pieni di dollari, hanno cominciato a chiedermi “quante cartoline compro con un dollaro? Ed io gli dicevo: 5. Con un dollaro vengono cinque postcards. E loro: facciamo sei. Sei postcards per un dollaro”. Ecco, io l’ho capito subito che quello era solo l’inizio”. La crisi in Grecia non è cominciata con l’austerità – continua questa signora sull’ottantina, minuta, occhi chiari e vispissimi. Neanche lei voterà Tsipras. “Questa volta non voto: non mi fido dei politici che parlano coniugando al futuro. La crisi – insiste – è cominciata nel 2008, quando è fallita quella banca americana, come si chiama? Lehman Brothers, sì ecco Lehman Brothers. La nostra crisi è cominciata allora. Dove li trova Tsipras i soldi per le sue promesse?”. Dove li trova i soldi, Tsipras? – è la domanda-mantra che ci sentiamo rivolgere dai pochi greci incontrati ad Atene in questa vigilia elettorale che non voteranno il super-favorito Syriza, la lista-coalizione della sinistra alternativa all’austerità, che non vuole uscire dall’Euro, non vuole affossare l’Europa ma che promette anzi di rilanciarla su nuove basi, democratiche ed economicamente sostenibili. Ma anche chi voterà Tsipras sa che le promesse del carismatico leader della sinistra anti-austerità non saranno mantenute. “Non è quello il problema” – ci spiega Maria, segretaria quarantenne, divorziata con un figlio all’università. “Tre anni fa prendevo 1000 euro di stipendio, adesso ne prendo 700 e non mi posso neanche lamentare perché almeno io ho ancora un lavoro. Nella mia azienda sono rimasta solo io: io e il mio datore di lavoro. La gente – continua – ha voglia di cambiare. Sappiamo tutti che le promesse di Syriza non potranno essere mantenute, ma Tsipras è una faccia nuova e per cambiare va bene anche lui.” “Cambiare, cambiare”: è questo l’obiettivo anche per il tassista a cui, pure, chiediamo cosa voterà alle elezioni del prossimo 20 gennaio. E tra i tassisti – pare – Tsipras spopola. E non solo tra quello che in Italia siamo abituati a vedere come l’epifenomeno lobbistico della conservazione. Tsipras sfonda anche tra i piccoli imprenditori. Ne incontriamo una rappresentanza riunita per un evento di Syriza in un albergo della capitale, un sabato pomeriggio a meno di due settimane dal voto. “Oltre il 40% delle piccole imprese” – ci dice il titolare di un’azienda che distribuisce olio d’oliva – “voterà Syriza. Tsipras promette meno tasse a noi piccoli imprenditori e l’aumento dei salari dei nostri dipendenti. Questo permetterà il rilancio dei consumi interni, ci permetterà di tornare a vendere. In questi anni abbiamo dovuto chiudere i nostri negozi, licenziare i nostri dipendenti, e quei pochi che ancora hanno un lavoro non hanno la possibilità di comprare nulla. Molti di loro hanno avuto lo stipendio dimezzato. Lavorano ma non riescono a sopravvivere, pagare l’affitto, le spese.” Ma non è per tutti così. “Il mio Iocale in questi anni non ha subito la crisi” – ci dice il titolare di un ristorante ben frequentato a pochi passi dalla centralissima piazza Syntagma. “I miei clienti – ci spiega a fine serata – sono tutti per Syriza. Sono professionisti, imprenditori, funzionari: la classe medio-alta di Atene. Ma ho altri due ristoranti in zone periferiche e lì invece gli affari sono crollati”. “Non penso che Tsipras possa mantenere le sue promesse – dove li trova i soldi? – ma credo che la gente abbia voglia di cambiare, e lui è uno nuovo e offre questo cambiamento”. Tsipras è quello nuovo, è il cambiamento di cui parlano pressoché unanimemente i media nazionali. “Qui in Grecia l’informazione è in mano agli oligarchi, e gli oligarchi stanno sempre dove c’è il potere” – obietta un militante del fu Pasok, lo storico partito socialista di Papandreu che in Grecia è ormai appunto solo storia. “Oggi i media sono tutti con Tsipras. In Tv, sui giornali, è un continuo di sondaggi che danno Syriza in testa, ad un pelo dalla maggioranza che permetterebbe la formazione di un monocolore. Ma i sondaggi – sottolinea il nostro interlocutore – sono usati non per informare ma per pilotare il voto, polarizzarlo verso i partiti che oggi rappresentano le élite. Si vogliono convincere i greci a votare Tsipras. O lui o Neo Dimokratia (il partito di destra dell’attuale premier Antonis Samaras, ndr).” “Non è la Grecia che si sposta a sinistra – è il monito. È il potere di sempre che si riposiziona per restare al potere”. Arriviamo al centro congressi di Atene, venerdì pomeriggio. In programma un incontro con Yanis Varoufakis, l’economista autore del piano economico di Syriza, quello che promette l’alternativa economicamente sensata al rigore. Sala piena, pubblico da cinema d’essay. Bello, elegante, allure bobo e inglese impeccabile: il Piketty greco arriva sotto un tripudio di flash, stringe mani, si intrattiene con signore dall’avvenenza gauchiste, risponde ai giornalisti, saluta i compagni, tra cui anche qualche italiano giunto in questi giorni ad Atene sulla scia di Pippo Civati e Stefano Fassina – che lo stesso Varoufakis ha incontrato ad Atene appena qualche giorno prima. Ma non ha il coté velleitario del nostro Pippo-esco dal Pd-Civati né la tristezza stantìa del nostro Stefano-nemico del libberismo selvaggio-Fassina, questo economista radical chic così a proprio agio nel ruolo di star. Ma dove li trovi i soldi, Varoufakis? È la domanda delle domande, ma non ha forse nemmeno bisogno di esser posta se il prossimo 25 gennaio si confermeranno le previsioni del nostro commerciante di souvenir. “Tsipras non ce la farà ad avere la maggioranza e allora avrà due sole possibilità: mettersi d’accordo con altri partiti e fare un governo di coalizione, dunque rinunciare alle promesse della campagna elettorale; oppure riportarci al voto. In questo caso, però, saremmo già fuori dal piano del Fondo monetario internazionale, fuori dall’Euro, dall’Europa, da tutto. Non sarà più necessario, a quel punto, chiedersi dove li trovi, Tsipras, i soldi per realizzare il suo programma elettorale”. @kuliscioff

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