Domenica di un paterno Novembre

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1 Novembre 2020

Dove ti trovo adesso?

Io lo so che mi sei sempre accanto

Nella sciagura

O mentre insegno.

A volte mi chiedo come l’avresti spiegata

Questa cosa al posto mio

E ricordi quando per un anno ti trovasti

A spiegarmi economia?

Non ci capivo nulla

Eppure alla fine ci sono riuscita.

Franco a bordo

Nella mia vita mi sei accanto

Ovunque io mi gira non mi sembra mai

Di averti visto tanto.

 

Novembre, giornata autunnale, il cielo rimesta umori mai spenti e io mi sono recata al cimitero, ciascuno portava con sé il suo carico di dolore, c’era chi mostrava un dolore più acceso poiché il defunto era trapassato da poco, chi con serenità e mestizia recitava preghiere, chi ancora scambiava con un parente un ricordo particolare o una peculiarità di chi non c’è più. Tutti condividevamo lo stesso dolore, quello della perdita, quella che difficilmente si scorda, che sebbene lo custodisci ogni giorno silentemente, si rinnova quando fai visita alle anime trapassate.

Quest’atmosfera di Covid, di morte incipiente non facilita certo a scacciare via l’idea della morte, mi sono interrogata allora su come la folla che popolava il cimitero riusciva a convivere con la restrizione e i divieti impongono alle loro vite quotidiane. Mi fermo a parlare con un papà di due bambine che lamentava il fatto che tenerle in casa è una situazione davvero pesante e lui stesso era preoccupato per il suo lavoro, diceva che temeva fortemente la diffusione di questo virus e cercava di limitare quasi del tutto le uscite, consentendo solo quelle strettamente necessarie.

Si è avvicinata poi un’altra famiglia, anche questa aveva due figli di età più grande, il papà è un fornitore di supermercati di prodotti agricoli, si muove sul territorio, esponendosi a rischio e, come consapevolmente ammette, teme di essere un potenziale veicolo di virus. La didattica a distanza è un problema, riescono a seguire con maggior fatica, mi dicono, lamentano la difficoltà di seguirli, dovendo spesso supplire a una figura per la quale non erano preparati. L’esposizione prolungata agli strumenti tecnologici, l’impossibilità di recarsi fuori per passeggiare o incontrare amici, rende i ragazzi più inquieti, più stressati, più lagnosi.

In quest’atmosfera che evoca tristezza, in questa Domenica buia dove anche il sole sembra stanco di splendere, c’è un angoscia perenne che aleggia nell’aria, un pessimismo generalizzato. Quanto più progressivamente aumentano le chiusure, tanto più l’animo umano abbassa le sue luci.

 

 

 

TAG: coronavirus
CAT: Famiglia

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