Il nome dell’amore

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1 Luglio 2018

Desiderio è una delle parole più belle che la nostra lingua ci dona: etimologicamente significa mancanza di stelle. L’uomo è propriamente colui che desidera, che avverte la mancanza delle stelle: da quando l’uomo ha alzato lo sguardo verso il cielo stellato ha sempre riconosciuto, con stupore, di essere pieno di questa sete struggente. Costante è questa direzione dello sguardo verso il luogo della pienezza ultima.

Proprio Leopardi ce lo rammenta nelle Ricordanze:

«[…] delle sere io solea passar gran parte mirando il cielo».
L’Inferno di Dante si chiude nella descrizione del desiderio del poeta che anela a “riveder le stelle” ed il Paradiso con l’invocazione all’amore che “move il Sole e l’ altre stelle”.
Nietzsche ci ricorda le sue stelle danzanti e quando incontra Salomè, donna desiderata ma mai amata, esclama con animo romantico a Roma in San Pietro nell’aprile del 1882: “ Da quali stelle siamo caduti per incontrarci qui?
Il desiderio amoroso ci dice Lacan è nella totale aspirazione dell’altro, ma per donare quello che non si ha.
Il dono d’amore è dono della propria mancanza, è dono del segno che l’Altro mi manca, che la sua esistenza sa riempire in me un vuoto insopprimibile.
Nella sua ricerca psicanalitica Massimo Recalcati sostiene che l’amore si identifica con un corpo, con un nome, perché l’amato è desiderato solo nella sua singolarità irripetibile, per il suo nome proprio, irriproducibile, unico, insostituibile: monade dove si racchiude, irriducibilmente, l’universo della vita: due gocce d’acqua non sono mai uguali.

Ognuno di noi rappresenta un’identità sua propria che si compie nell’incontro con l’altro e nasce il miracolo dell’amore.
L’amore per il nome mostra che il desiderio amoroso, diversamente dal desiderio sessuale, non impone il ricambio continuo della donna, identificata come un oggetto.
L’amore per il nome fissa piuttosto il desiderio, arresta la sua corsa infinita e inutile, lo lega a qualcosa – un nome particolare – che si presenta come il contrario di un pezzo seriale, come unico e insostituibile.
Nel desiderio amoroso di una donna si manifesta la capacità, piena di grazia, di associare il nome al corpo, o, se si preferisce, di fare del nome un corpo.

Quando io pronuncio il nome di chi amo, mi appare già come un corpo, ovvero porta con sé il miracolo dell’amore, perché si placa il desiderio.

La possibilità di unire il nome al corpo in modo indissolubile, di amare e di desiderare quel corpo come se fosse un nome, dunque come se fosse assolutamente insostituibile, fuori serie.
Se il desiderio amoroso è amore per il nome è perché il nome, diversamente dal “pezzo”, non si dà come un oggetto seriale, non può essere rimpiazzato con una cosa insulsa.

Anzi, se c’è una possibile definizione dell’amore sarebbe proprio quella di rendere l’Altro insostituibile, di amare nell’Altro non il simile, ma l’insostituibile nella sua alterità.
Si ricompone nella fusione dei corpi e delle anime la ricerca di un miracolo: la letizia della vita.

TAG: amore
CAT: Filosofia

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