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Filosofia

Scandagliare per conferire profondità allo sguardo

di Titti Ferrante
2 Dicembre 2021

“Dove c’è didattica autentica, non c’è opposizione tra istruzione e educazione, tra contenuti cognitivi e relazione affettiva, tra nozioni e valori”

Non é facile trovare un equilibrio tra quella dose di performance, di mantenimento della facciata, richiesta dal nostro essere animali sociali e la realtà.
Pirandello lo aveva compreso, scrive un’opera in cui sono sovvertiti i valori del buon gusto, dell’etica intesa come attaccamento ai valori familiari, all’aderenza alla verità dei fatti, per ammantare il vizio e la spudoratezza sotto il velo della convenzione sociale.
In “Il berretto a sonagli”, Beatrice è una donna che non si dà pace per il tradimento del marito con la moglie del suo segretario, il signor Ciampa. Umiliata, incapace di fingere, ascolta i consigli della Saracena, donna poco raccomandabile, e mette in atto la sua vendetta: chiamerà Ciampa e gli ordinerà di andare a Palermo per comprarle una collana con un pendente. Ciampa cerca in ogni modo di dissuadere Beatrice con un lungo discorso sule tre corde di orologio che abbiamo in testa e che regolano il nostro sistema di vita: la seria, la civile, la pazza. Poiché si vive in società, bisogna utilizzare la civile, altrimenti tutti si mangerebbero come tanti cani arrabbiati, la corda civile è la mano che si tende sforzandosi di sorridere a chi ci ha offeso per evitare che le cose possano degenerare. Se le cose degenerano, la corda seria serve per chiarire. Se neppure la corda seria sortisce il suo effetto di ricomporre la situazione, non resta che ricorrere alla corda pazza. La pazzia è l’unico modo per poter sopportare le brutture del mondo.
Non vedere, girarsi dall’altra parte, non affrontare un problema, cercare scorciatoie per pervenire alla soluzione è quanto un mondo che predilige situazioni di comodo ci insegna a fare. Barare è quanto ci viene insegnato a fare, la scuola deve essere semplice, non deve formare secondo valori che sono precipuamante umani, un mondo anestetizzato da ciò che vede perché il troppo lontano è estraneo, non ci tocca, è un gioco in cui possiamo entrare coi nostri occhiali 3d sapendo che è una finzione.
Ascoltavo qualche giorno fa, l’intervista a Porta a Porta di una delle ragazzine che otto anni fa si prostituiva per i clienti della zona chic di Roma e che dichiarava che il fine della sua scelta era puramente economico. Insegnare significa bandire la settorialità delle discipline.
Proclamare da parte della politica che la priorità è la scuola, è un refrain a cui siamo abituati. Tony Blair lanciò il famoso slogan Education Education Education in un discorso all’inizio del suo mandato, Renzi fece lo stesso quando nel periodo della sua buona stella, illustrava un programma imperniato sull’istruzione, a partire dagli stanziamenti per l’edilizia scolastica. Da sempre gli eroi disarmati della pedagogia italiana come Montessori, Don Milani, Rodari, Lodi, hanno ampiamente mostrato come i progetti di riforma sono sempre stati osteggiati da una politica sorda. L’ esclusione della traccia di storia dall’esame di maturità, poi oggi si dibatte sull’abolizione totale della prova scritta, significa negare alla storia la sua funzione di chiave di interpretazione del presente, negare che determina il senso di identità personale e nazionale, che è il collante per la condivisione di valori comuni, che I diari costituiscono materiale storiografico. Si tende a marginalizzare la storia nell’ambito della cultura della memoria; oltre a riguardare le istituzioni educative, essa riguarda, invece, la costruzione dell’ambiente pubblico. È innegabile che il suo declassamento sia dovuto al prevalere di un sistema di valori che fa del mercato la principale unità di misura, di una cultura basata sull’aziendalismo e sulla resa economica. È una follia decontestualizzare la complessità del reale. Ridurre la storia, o l’italiano, alla cenerentola delle discipline significa demolire la connessione umana oltre che civile delle nostre comunità.
Bisogna incominciare a guardare la complessità del reale con uno sguardo più profondo.
De Chirico ad esempio, dopo la morte della sorella e lo scoppio della prima guerra mondiale in cui si arruolò volontario con suo fratello Alberto, – furono mandati a Ferrara assegnati al 27 reggimento di fanteria – smette di disegnare piazze metafisiche e inizia a dipingere nature morte con simboli geometrici, biscotti e pani, la tipica coppia ferrarese.
Mentre, durante gli anni della guerra e nel dopoguerra imperversavano in Europa correnti di carattere avanguardistico che volevano disaggregare l’immagine esteriore del mondo distrutto dal conflitto, De Chirico avanza una pittura che smette di sottoporsi al principio di razionalità Schopenaueriano: le ambientazioni atemporali e cosmiche e gli oggetti sottratti ai loro naturali contesti evidenziano la rottura con il principio di causalità. Il pittore vuole così evidenziare come la realtà, liberata, spoglia dal principio di spazio-tempo e causalità assume un carattere misterioso, intrigante; trasmette all’uomo un senso di alienazione e solitudine, incapacità cioè di riconoscere la realtà abituale.
Sono le enormi ombre del monumento di Dante in Piazza Santa Croce a Firenze ad ispirarlo, l’ombra rappresenta un’immagine traslata della realtà suscitandoci l’affascinante dubbio che la realtà stessa non sia l’ombra di qualcosa di più profondo.

arte Luigi Pirandello
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