Belucistan, l’ennesima strage dimenticata

13 Agosto 2023

Sir Walter Raleigh, navigatore e poeta inglese vissuto intorno alla metà del ‘500, sentenzia: “Chi domina il mare domina il commercio del mondo e, a colui che domina il commercio, appartengono tutti i tesori del mondo e il mondo stesso”[1]. La citazione suona come una metafora del Belucistan, una nazione (che lotta disperatamente ed inutilmente per l’indipendenza) sull’orlo del baratro, di cui poco si parla e che riveste un ruolo centrale nei giochi di potere mondiali – perché controllare il Belucistan significa controllare, in un sol colpo, Iran, Afghanistan e Pakistan.

Soprattutto nell’area pakistana, le tensioni si traducono in violenze, distruzione, estrema povertà e gravi violazioni dei diritti umani: la guerriglia dura da quasi 80 anni, il governo di Islamabad risponde con esecuzioni di massa. Le agenzie di intelligence lavorano a fianco di milizie, squadroni della morte e gruppi religiosi per arrivare ad arrestare, detenere con la forza e far sparire il numero più alto possibile di intellettuali, attivisti e personaggi politici beluci[2]. Nel mirino c’è chiunque si opponga all’Indian Independence Act del 1947, che per far spazio ai musulmani in fuga dall’India libera ha negato ai beluci una patria.

Alla furia degli invasori pakistani, i beluci rispondono con altrettanta violenza. È improbabile che il conflitto venga risolto nel prossimo futuro: gli interessi in gioco sono enormi e i meccanismi estremamente complessi e destabilizzanti. Il Belucistan è una regione ricca di risorse naturali: i giacimenti inesplorati del solo Belucistan pakistano sono stimati in 310 milioni di barili di petrolio, cui si aggiungono quasi un miliardo di metri cubi di riserve di gas naturale, 2,2 miliardi di tonnellate di riserve di carbone, per una capacità produttiva di 15 mila tonnellate giornaliere. Ci sono anche ricchissimi giacimenti: la sola miniera di rame e oro di Rekodiq è quotata 260 miliardi di dollari e possiede riserve per almeno 6 miliardi di tonnellate – vuol dire il quarto giacimento al mondo[3].

Nonostante le ricchezze naturali, gran parte della popolazione della provincia vive al di sotto della soglia di povertà, soltanto il 41% della popolazione è alfabetizzata, il tasso di disoccupazione è di circa il 30%, solo il 7% ha accesso all’acqua corrente. E malgrado dal Belucistan si estragga un terzo del gas naturale del Pakistan, solo pochissime città beluci sono collegate alla rete di approvvigionamento[4]. Realtà che, se aggiunte alla disparità di trattamento occupazionale e sociale ed alla violenza dei pakistani, è ovvio che, ovunque, generi rabbia[5].

Mostri geostrategici

Il Balochistan è lo snodo centrale tra la Cina, l’Asia centrale, l’Asia occidentale e il Mar Arabico[6]

Con una estensione di 530 mila km² (più grande della Spagna) il Belucistan è una regione montuosa e arida: nelle aree orientali, centrali e settentrionali della provincia, alcune montagne superano i 2300 metri, mentre le pianure si trovano a circa 1500 metri sul livello del mare. È situata nella parte sud orientale dell’altopiano iraniano, a cavallo tra la regione pakistana del Belucistan, la provincia iraniana del Sistan e Belucistan e le regioni meridionali dell’Afghanistan. In queste aree dalla natura ostile, la densità abitativa è bassissima, vivono poco più di 21 milioni di persone[7], divise per il 55,7% in beluci e per il 36% in pashtun, mentre il restante 8% è composto da comunità più piccole. Oltre la lingua beluci, tra loro si parla anche il pashto, il persiano e il brahui.

È un paese fondamentale per la logistica globale: qui si intersecano le rotte dei paesi chiave produttori di energia, come l’Arabia Saudita, l’Iran, l’Iraq, il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti; oltre il 60% delle spedizioni mondiali di petrolio, in gran parte dal Medio Oriente alla Cina, al Giappone o verso altre economie asiatiche, transitano per queste acque, così come il 70% dei containers che viaggiano verso il resto del mondo[8].

Nella parte afghana, meno di un milione di beluci risiede in 24 province tra cui Farah, Helmand, Kandahar e Herat, ma la maggioranza vive a Nimroz, a 900 km a sud-ovest di Kabul, in prossimità del confine tra Afghanistan e Iran: qui abitano da secoli le rive del fiume Helmand, una delle principali fonti d’acqua del paese. In Iran i beluci vivono principalmente nella provincia del Sistan e del Belucistan iraniano, la seconda più grande tra le 31 province del paese, ma anche in misura minore nelle province di Kerman, Hormozgan e South Khorasan. In queste cinque province vivono oltre 4,8 milioni di beluci, il 5,51% della popolazione complessiva dell’Iran. In Pakistan, invece, risiedono oltre il 70% dei beluci – quasi 13 milioni, ovvero il 5% della popolazione nazionale; vivono nella provincia pakistana del Belucistan, un’area di quasi 350 mila km² – il 44% del territorio pakistano; Quetta, oltre ad esserne la capitale, è anche un importante centro commerciale e di comunicazione[9]. Il sottosuolo, ricco di riserve di gas naturale – oltre il 40% della produzione totale del Pakistan – possiede alcune delle più grandi riserve mondiali di rame, oro e petrolio[10].

La storia dell’insurrezione del Belucistan ha origine nella sua integrazione forzata in Pakistan nel 1948. Prima della spartizione, gli inglesi amministrano i beluci della frontiera afghana-pakistana con il “sistema Sandeman”, che istituzionalizza i consigli tribali e le tasse tribali tra i beluci, fornisce potere ai capi ereditari locali e mantiene il controllo attraverso incentivi finanziari[11]. Questo sistema fornisce ai beluci una grande autonomia.

L’Indian Independence Act, approvato il 18 luglio 1947, prevede l’istituzione di India e Pakistan indipendenti e lascia a tutti gli altri due opzioni: unirsi all’uno o all’altro Stato[12]. La legge prevede che se un principato non sceglie entro il 15 agosto 1947, ha il diritto di rimanere autonomo tranne che nella gestione della difesa, degli affari esteri e della comunicazione, settori che verrebbero comunque gestiti dal governo federale[13]. Ed è questa la strada che intraprende Kalat, parte costitutiva dell’odierno stato Baloch: attraverso una procedura parlamentare, il principe Mir Ahmedyar Khan dichiara l’indipendenza. Ma il Pakistan ritiene inaccettabile la scelta e, alla fine del 1947, dispiega l’esercito per costringere il Khan di Kalat a firmare l’adesione[14].

Il principe si ribella

Kalat, 1936: Seduto al centro, il principe Abdul Karim (Kareem) Khan[15]

Il Belucistan diviene una provincia del Pakistan nel giugno 1948, ma il principe Abdul Kareem Khan, fratello minore di Mir Ahmedyar, rifiuta l’annessione, rivendica l’indipendenza e fugge in Afghanistan per cercare alleanze per la lotta armata, incitando i membri di spicco dei partiti politici nazionalisti beluci – il Kalat State National Party, la Baloch League e il Baloch National Workers Party – a unirsi con lui nella lotta per la creazione di un “Grande Balochistan” indipendente. Lancia anche una campagna di reclutamento: ad ogni persona che recluta 100 uomini viene offerto il grado di maggiore e ad ogni persona che recluta 50 uomini diviene capitano[16].

Ma le cose non vanno come sperato: le autorità afghane si rifiutano di fornire aiuto – soltanto l’anno prima governanti afghani come Shuja Shah e Abdur Rahman Khan avevano in programma di occupare il Belucistan e la loro posizione, che rispecchia appieno le mire espansionistiche afghane, è di assoluto imbarazzo; negano anche al gruppo ribelle di operare sul suolo afghano, ma offrono la possibilità al principe ed ai suoi fedeli asilo come rifugiati politici. L’ultima speranza per Kareem Khan è l’ambasciata sovietica, ma i diplomatici, pur prestando attenzione alle richieste d’aiuto, rimarranno passivi: il governo sovietico non vuole mettersi contro afghani e inglesi, entrambi contrari alla creazione di un Belucistan indipendente[17].

Nel frattempo il governo Pakistano mette fuori legge il principe ed il suo partito, considerandoli ribelli e sposta l’esercito al confine afghano. È l’inizio della prima ondata di scontri: l’8 luglio del 1948, durante una insurrezione organizzata in Pakistan nell’area di Jhalawan, Kareem Khan e 142 suoi seguaci vengono arrestati e imprigionati nelle carceri di Machh e Quetta[18]. Si susseguono diverse fasi di insurrezione: dopo la prima del 1948, ne succedono altre tre (1958, 1963-69, 1973-77) con una intensità sempre maggiore, sia per la violenza degli scontri che per la loro portata geografica[19]. Mentre le prime insurrezioni non ottengono una particolare partecipazione, nella quarta insurrezione del 1973 quasi 55’000 ribelli beluci si armano per combattere contro l’aviazione pakistana e iraniana[20].

Il colpo di stato militare del 1999 che porta al potere Pervez Musharraf in Pakistan[21], aumenta l’alienazione generale tra i beluci e prepara il terreno alla quinta fase, la più lunga oltreché la più violenta delle precedenti, perché il governo civile afghano ottiene il pieno controllo del paese e molti combattenti talebani fuggono nel Belucistan, emarginando numericamente la popolazione locale: Quetta, capoluogo di provincia, diventa de facto capitale di al Qaeda e dei talebani in Pakistan. Inoltre, l’afflusso di militanti estremisti porta nella provincia più esercito federale e truppe paramilitari, creando un ambiente ostile per i nazionalisti beluci[22].

Nemmeno la transizione del governo militare di Musharraf a quello civile di Zadari nel 2008 è in grado di fermare le violenze: solo nel 2009 si registrano 792 attacchi che lasciano a terra 386 morti, ed il 92% degli attacchi viene collegato ai beluci[23]. Nel 2010 gli attacchi giungono a 730 ed i morti saranno 600[24]. La ribellione si riavvia in un crescendo nel 2022: il 26 aprile Shari Baloch, la prima donna kamikaze beluci affiliata al BLA[25], entra all’Istituto Confucio dell’Università di Karachi e si fa esplodere, uccidendo tre insegnanti cinesi e un autista pakistano[26]; il 1° agosto il BRAS usa armi antiaeree per abbattere un elicottero militare pakistano uccidendo i sei passeggeri[27]; nel giorno di natale il BLA coordina cinque attentati dinamitardi nelle città di Turbat, Kahan, Gwadar e Quetta[28], uccidendo almeno sei membri del personale di sicurezza pachistano[29].

Separatisti dell’Esercito di Liberazione del Belucistan (BLA), il più attivo ed importante in Pakistan[30]

Nel 2023 gli attacchi si susseguono con una frequenza drammatica: il 20 gennaio una bomba fa deragliare un treno passeggeri nella provincia pachistana del Belucistan provocando 13 feriti[31], nel 6 marzo un attacco suicida uccide 9 agenti di sicurezza[32] mentre a Quetta, il 10 aprile, un duplice attacco uccide prima due agenti di polizia e due civili; alcune ore dopo un’altra bomba esplode vicino a un veicolo della polizia ferendo gravemente quattro persone[33]; il 24 giugno una donna kamikaze, Sumaiya Qalandrani[34], uccide un membro della polizia[35]. Questi attacchi si confondono con attentati mai rivendicati, oppure rivendicati da altri gruppi terroristici come nel caso della strage avvenuta per una bomba fatta esplodere il 30 gennaio in una moschea di Peshawar, che uccide oltre 100 persone[36].

L’autore di quest’ultimo attentato è il gruppo Tehreek-e-Taliban Pakistan (TTP), che non ha nulla a che fare con la lotta di liberazione del Belucistan: ideologicamente e strategicamente allineato con i talebani afghani, il TTP conduce una ribellione contro lo Stato Pakistano da più di un decennio per affermare la Sharia e, da quando nel novembre del 2022 rompe gli accordi di pace col governo, riprende a seminare il terrore nel paese[37]. Malgrado gli obiettivi diversi, il sospetto che il TTP ed i beluci inizino a collaborare tra loro è sollevato da più parti, diversi segnali indicano ci sia una concreta possibilità che gli insorti beluci e pashtun si uniscano: è lo stesso TTP ad affermare che un gruppo di combattenti di Makran, nel Belucistan, si è unito a loro, è ciò rappresenterebbe un vero incubo per le autorità governative[38].

Secondo il Global Terrorism Index pubblicato dall’Australian Institute for Economics and Peace, il Pakistan – regione in cui convivono all’interno almeno 44 tra gruppi ribelli e terroristici[39] – supera l’Afghanistan come il paese con il maggior numero di attacchi terroristici e morti nell’Asia meridionale: il numero di vittime rappresenta il più grande aumento su base annua dell’ultimo decennio, il 55% costituite da personale militare[40]. Si ritiene che l’Esercito di liberazione del Belucistan sia responsabile del 36% delle morti legate al terrorismo in Pakistan, in aumento di nove volte rispetto all’anno precedente, rendendolo il gruppo terroristico in più rapida crescita al mondo, superando il TTP – storicamente uno dei più letali del paese – anche nella “qualità” degli obiettivi: dei 233 decessi attribuiti a BLA nel 2022, il 95% riguarda personale militare[41].

Impedire la Via della Seta

Il porto di Gwadar in Pakistan, un progetto chiave nell’ambito del corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC)[42]

Dalla loro annessione forzata, i beluci non hanno mai smesso di lottare sognando la propria indipendenza, ed i rapporti con il Pakistan negli anni sono andati via via peggiorando. Non sono soltanto le vessazioni ad alimentare la lotta: negli ultimi anni è la Cina a rappresentare il filo conduttore delle violenze. Nel 2001[43] la Cina annuncia il CPEC (China Pakistan Economic Corridor)[44], un progetto infrastrutturale che supera i 62 miliardi di dollari – attualmente in forte crisi[45] – che collega Kashgar, nella provincia dello Xinjiang – una regione particolarmente instabile che subisce repressioni militari da parte del governo nazionale alla stregua del Belucistan[46] – al porto pakistano di Gwadar, a 2000 km di distanza, porto la cui gestione è affidata, con un contratto quarantennale stipulato nel 2013 col governo pakistano, alla cinese China Overseas Port Holding Company (COPHC)[47].

Si tratta di una società dalle caratteristiche a dir poco opache, che non presenta i propri conti annuali e che non divulga i dettagli della propria struttura societaria[48]. Il CPEC è parte integrante della strategia di sviluppo globale della Belt and Road Initiative (chiamata anche Via della Seta), ed include piani per costruire collegamenti stradali, ferroviari e oleodotti: è il modo con cui Pechino cerca di espandere il proprio potere sull’Asia centrale e meridionale e contrastare l’influenza americana e indiana.

La Cina avvia quindi numerosi cantieri con l’impiego di migliaia di cinesi sul territorio del Belucistan, ed i separatisti sostengono che il Pakistan, nell’intento di favorire l’espansione cinese sul territorio, stia dando fondo alle riserve di rame, oro, gas e carbone nel Belucistan attraverso uno sfruttamento spasmodico, senza alcun ritorno per il popolo beluci[49]. Un’operazione sfacciata di imperialismo cinese: non soltanto i beluci non hanno alcuna partecipazione, ma dove anche i pakistani sono esclusi dalle attività di progettazione, ingegnerizzazione ed implementazione dei principali progetti del CPEC, rinunciando quindi anche ad una grande opportunità di lavoro, di formazione e di crescita[50].

Ma il progetto va avanti con la benedizione del Pakistan – che ha il sogno di curare il proprio disastro economico grazie alla partnership con la Cina e di divenire una potenza in grado di tenere a bada la vicina (odiata) India[51]. È quindi giustificata la preoccupazione concreta dei beluci che la loro terra possa diventare una colonia cinese, depredata delle proprie ricchezze e deturpata sul piano ambientale. Il porto di Gwadar, che consente lo sbocco sull’Oceano Indiano, è uno dei grandi obiettivi del progetto, costringe 20’000 pescatori – l’80% dei 185’000 abitanti beluci del distretto – allo sfollamento: nel porto non c’è più posto per i loro approdi e l’economia ittica potrebbe venire letteralmente cancellata[52].

Il terreno attorno a Gwadar viene venduto illegalmente dai funzionari governativi che realizzano massicci profitti a scapito dei beluci, mentre una città parallela viene costruita per i lavoratori vicino a quella vecchia, in modo da isolare i beluci dal crescente afflusso di stranieri[53]. Il porto di Gwadar non è solo il target del CPEC, ma è coinvolto anche nel progetto TAPI (Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India), che prevede la realizzazione di 1849 km di gasdotto in grado di assicurare il trasporto di almeno 33 miliardi di metri cubi di gas naturale annui dal giacimento di Galkynysh in Turkmenistan sino a Gadwar attraverso l’Afghanistan[54]. C’è quindi un nuovo nemico da combattere e ne nasce una nuova guerra, cui la Cina risponde fomentando lo stesso esercito pakistano contro i gruppi per la liberazione del Belucistan[55].

Unica soluzione: che il Pakistan cambi strategia

L’esercito è un importante attore economico del Pakistan: controlla banche, immobili, industrie[56]

L’obiettivo primario della ribellione beluci non è nemmeno l’indipendenza, ma la restaurazione dei diritti civili: la riconquista della partecipazione politica, sanità, istruzione, tutti diritti negati dal Pakistan e dall’Iran, la sospensione delle violenze ed il diritto a partecipare alle decisioni relative al proprio territorio, soprattutto il diritto ad opporsi a scelte di imperialismo economico straniero. Ottenere tutto ciò, ovviamente, è il passo precedente a quello che è il vero sogno: la creazione di uno Stato separato ed autonomo[57].

Il Pakistan dal proprio canto non può dimenticare il terribile errore commesso con il Bangladesh: nel 1947 lo stato appena formato è un crogiuolo di numerose etnie, bengalesi, punjabi, sindhi, pashtun e beluci. La feroce repressione dei bengalesi avrà come risultato 3 milioni di morti e diversi milioni di sfollati in poco più di 8 mesi[58]: prima che l’insurrezione beluci si traduca in un secondo Bangladesh, il Pakistan dovrebbe trarre insegnamento dalla propria storia. Il rifiuto della riconciliazione spinge i più deboli alla lotta radicale. Essendo sopravvissuto a tanti anni di violenze e repressione, oggi l’esercito del Belucistan è di fatto il terzo fronte militare dopo quello rappresentato dal conflitto con l’India per il Kashmir e quello contro i militanti radicali islamici.

L’unica strada possibile per il Pakistan è mostrare maggiore rispetto per i diritti umani in Belucistan sciogliendo gli squadroni della morte, fermando le esecuzioni extragiudiziali e ponendo fine alle sparizioni forzate. Ne va della stessa integrità del paese, già sull’orlo di una grave crisi alimentare, dilaniato da siccità ed imponenti inondazioni che negli ultimi anni hanno generato migliaia di morti, milioni di sfollati, distrutto raccolti, infrastrutture, centrali elettriche.

Un incendio appiccato dai sostenitori di Imran Khan dopo il suo arresto, a Karachi, il 9 maggio di quest’anno[59]

Il Pakistan deve inoltre fare i conti con una perenne crisi politica: nel maggio del 2023 l’ex primo ministro Imran Khan, leader del partito Pakistan Tehreek-e-Insaf (PTI) e al potere dal 2018 al 2022, viene arrestato.  Già coinvolto in passato in oltre cento provvedimenti giudiziari[60], accusato stavolta per corruzione ed abuso di potere assieme ai dirigenti del suo partito e condannato a 3 anni di reclusione[61], Imran Khan si difende parlando di cospirazione degli alti ranghi dell’esercito[62]. L’arresto ha provocato, da parte dei sostenitori dell’ex premier, manifestazioni in tutto il Pakistan ed attacchi, per la prima volta nella storia, a caserme e basi militari: i cittadini considerano l’attuale premier, Shahabaz Sharif del Partito della Lega Musulmana, ostaggio dei militari. Ora il Pakistan è senza governo, e si prospetta lo slittamento delle elezioni che si dovrebbero tenere nel prossimo ottobre[63].

Sullo sfondo una gravissima crisi economica, figlia di un establishment incapace e corrotto[64], delle disastrose inondazioni dello scorso anno e di una economia gestita per troppo tempo con azioni scellerate[65] che costringono il paese a continue richieste di aiuti al Fondo Monetario Internazionale (il Pakistan è attualmente al quinto posto nell’elenco dei paesi con il più alto prestito dal FMI, e col prossimo prestito in arrivo passerà al quarto[66]). Sono prestiti che non riesce ad onorare, compromettendo così la propria reputazione creditizia. I prezzi al consumo sono attualmente ai massimi storici e le prospettive di un default si fanno sempre più concrete. La ricerca di aiuti si estende agli arabi del Golfo, ma soprattutto ai cinesi, che detengono il 20% del debito estero di Islamabad.

Eppure, malgrado le difficoltà, il ministro delle finanze pakistano Muhammad Ishaq Dar annuncia per quest’anno un budget per la difesa che sarà di oltre 6 miliardi di dollari, un aumento nominale del 19,5% rispetto all’anno precedente[67]. È impensabile sperare il contrario, l’esercito è una gigantesca macchina attorno alla quale ruota l’intera esistenza del paese, ha ramificazioni consolidate in ogni settore ed un fatturato che sfiora i 30 miliardi di dollari: un elemento che si aggiunge al complesso puzzle, dove le speranze per un cambio di rotta sono praticamente nulle. I pakistani non sono in grado di affrontare i guai dei pakistani, immaginare che abbiano tempo e voglia di occuparsi di Belucistan, se non per vendere il loro territorio ai Cinesi, appare difficile.

In questo quadro desolante persino il progetto cinese della Via della Seta, unica vera prospettiva per la ripresa economica, sta implodendo per la crisi cinese e l’incapacità gestionale di Islamabad: ma sono le cieche politiche del potere, volte a gestire la sicurezza del paese, il vero esplosivo. Nel momento in cui nel Pakistan dovesse iniziare una guerra civile, il Belucistan, paradossalmente, avrebbe una carta da giocare sul grande tavolo della diplomazia internazionale – al quale, fino ad oggi, nessuno ha mai dato un posto per parlare. In questo senso vanno valutate alcune aperture da parte dell’Arabia Saudita, che ha certamente piacere a fare in modo che il caso Belucistan divenga una spina nel fianco anche per Teheran.

In questa discussione, fondamentale per gli assetti economici, militari e diplomatici futuri, l’Unione Europea è completamente assente. Sembra proprio che noi Occidentali conosciamo una sola strategia con il resto del mondo: sottometterlo come colonia o dimenticarcene completamente.

 

 

 

 

[1] Sir Waltter Raleigh, „A Discourse of the Invention of Ships, Anchors, Compasse, & co.”, TW, London 1650; https://www.oxfordreference.com/display/10.1093/acref/9780191843730.001.0001/q-oro-ed5-00008718;jsessionid=01B2EB0115E1F06392E0F941D7ACE53B
[2] https://carnegieendowment.org/2013/04/11/balochistan-state-versus-nation-pub-51488
[3] https://www.amistades.info/post/balucistan-insorgente-dall-etnonazionalismo-alla-controinsorgenza
[4] https://organiser.org/2023/01/31/106809/world/baloch-people-running-out-of-patience/
[5] https://www.amistades.info/post/balucistan-insorgente-dall-etnonazionalismo-alla-controinsorgenza
[6] https://30mq.wordpress.com/2020/06/29/iran-la-minoranza-etnica-del-baluchistan-e-i-diritti-umani-dimenticati-allombra-della-one-belt-one-road-in-pakistan/
[7] https://islamabadpost.com.pk/balochistan-population-touches-21-7-million-mark/
[8] https://www.aninews.in/news/world/asia/geopolitical-importance-of-indian-ocean20230328143551/
[9] https://www.undp.org/pakistan/projects/balochistan-sdgs-bsdg-accelerated-delivery
[10] https://organiser.org/2023/01/31/106809/world/baloch-people-running-out-of-patience/
[11] https://jhs.bzu.edu.pk/upload/VOl%20II-19_5.%20Sandeman%20System%20and%20the%20Murri,%20Bugti%20Tribes%20of%20Balochistan.pdf_41.pdf
[12] https://www.britannica.com/topic/Indian-Independence-Act-1947
[13] https://www.pakistantoday.com.pk/2023/01/19/balochistan-is-a-black-hole-for-human-rights-violations/
[14] https://www.thegeostrata.com/balochistan-movement-timeline
[15] https://bajakhana.com.au/tag/khan-sahib-abdul-karim-khan/
[16] https://military-history.fandom.com/wiki/Prince_Karim_Khan
[17] https://military-history.fandom.com/wiki/Prince_Karim_Khan
[18] https://military-history.fandom.com/wiki/Prince_Karim_Khan
[19] https://www.iar-gwu.org/print-archive/8er0x982v5pj129srhre98ex6u8v8n
[20] https://military-history.fandom.com/wiki/Prince_Karim_Khan
[21] https://gandhara.rferl.org/a/pakistanis-remember-military-coup-two-decades-on-as-opposition-still-struggles-against-its-dominance/30889436.html
[22] https://www.iar-gwu.org/print-archive/8er0x982v5pj129srhre98ex6u8v8n
[23] https://pakpips.com/web/wp-content/uploads/2017/11/sr2009.pdf
[24] https://pakpips.com/web/wp-content/uploads/2017/11/sr2010.pdf
[25] https://www.aljazeera.com/news/2022/4/28/pakistan-woman-suicide-bomber-change-in-baloch-rebels-strategy
[26] https://www.theguardian.com/world/2022/apr/26/female-suicide-bomber-near-china-institute-pakistan
[27] https://www.reuters.com/world/asia-pacific/pakistan-insurgents-claim-downing-army-helicopter-killing-six-2022-08-03/
[28] https://thebalochistanpost.net/2022/12/balochistan-multiple-attacks-on-security-forces-bla-claims-responsibility/
[29] https://www.dawn.com/news/1728306
[30] https://www.rewariyasat.com/national/history-of-balochistan-how-balochistan-liberation-army-was-form-to-liberate-balochistan-from-pakistan-know-history-88175?infinitescroll=1
[31] https://www.aljazeera.com/news/2023/1/20/blast-derails-passenger-train-in-pakistans-balochistan-report
[32] https://www.bbc.com/news/world-asia-64859397
[33] https://www.aljazeera.com/news/2023/4/10/deadly-blast-hits-police-vehicle-in-pakistans-quetta-official
[34] https://www.youtube.com/watch?v=22U1r_5nsPk
[35] https://www.hindustantimes.com/videos/world-news/balochistan-powerful-blast-hits-pak-police-car-during-suicide-bomb-attack-watch-cctv-footage-101688295662244.html
[36] https://edition.cnn.com/2023/01/31/asia/pakistan-peshawar-mosque-blast-tuesday-intl-hnk/index.html
[37] https://www.aljazeera.com/news/2022/11/28/pakistan-taliban-ends-ceasefire-with-govt-threatens-new-attacks
[38] https://www.indianarrative.com/opinion-news/are-baloch-and-pashtun-rebels-now-working-together-against-the-pakistani-state-88794.html
[39] https://www.satp.org/terrorist-groups/pakistan
[40] https://www.voanews.com/a/pakistan-suffers-record-terror-related-deaths-afghanistan-registers-58-drop/7004410.html
[41] https://www.voanews.com/a/pakistan-suffers-record-terror-related-deaths-afghanistan-registers-58-drop/7004410.html
[42] https://www.brecorder.com/news/403842
[43] https://www.iar-gwu.org/print-archive/8er0x982v5pj129srhre98ex6u8v8n
[44] https://cpec.gov.pk/
[45] https://www.geopolitica.info/china-pakistan-economic-corridor/
[46] https://www.cfr.org/backgrounder/china-xinjiang-uyghurs-muslims-repression-genocide-human-rights
[47] https://thediplomat.com/2017/06/whats-happening-at-pakistans-gwadar-port/
[48] https://www.brecorder.com/news/399768
[49] https://www.indiatoday.in/world/story/balochistan-bombing-behind-raging-insurgency-pakistan-2343223-2023-03-06
[50] https://www.geopolitica.info/china-pakistan-economic-corridor/
[51] https://iari.site/2023/03/15/il-triangolo-cina-india-pakistan-tra-equilibrio-e-frizioni/
[52] https://thediplomat.com/2017/06/whats-happening-at-pakistans-gwadar-port/
[53] https://online.ucpress.edu/as/issue/49/6 Khan, Adeel “Renewed Ethnonationalist Insurgency in Balochistan, Pakistan” – 2009
[54] https://www.pipeline-journal.net/news/pakistan-and-turkmenistan-sign-joint-implementation-plan-tapi-gas-pipeline-project
[55] https://economictimes.indiatimes.com/news/defence/pakistan-army-general-admits-chinas-role-in-crushing-baloch-freedom-movement/articleshow/80610882.cms ; https://economictimes.indiatimes.com/news/defence/chinese-drones-helping-pak-army-curb-dissent-in-balochistan-protect-its-investments/articleshow/96441823.cms
[56] https://mondoeconomico.eu/planisfero/pakistan-esercito-pachistano-imran-khan-india-cina
[57] https://balochwarna.com/2023/04/05/why-balochistan-should-be-an-independent-country/
[58] https://hir.harvard.edu/the-past-has-yet-to-leave-the-present-genocide-in-bangladesh/
[59] https://www.thehindu.com/news/international/explained-the-calm-after-the-storm-for-pakistan/article67035198.ece
[60] https://it.euronews.com/2023/08/10/pakistan-sciolto-il-parlamento-si-profila-un-rinvio-delle-elezioni
[61] https://it.euronews.com/2023/08/10/pakistan-sciolto-il-parlamento-si-profila-un-rinvio-delle-elezioni
[62] https://www.aljazeera.com/news/2023/8/10/did-us-ask-for-imran-khans-removal-as-pakistan-pm-after-he-visited-russia
[63] https://www.voanews.com/a/pakistan-s-now-dissolved-parliament-blamed-for-boosting-military-intrusion-in-politics/7220022.html
[64] https://www.ndtv.com/world-news/imran-khans-corruption-bad-governance-cause-of-economic-malaise-pakistan-pm-4234932 ; https://tradingeconomics.com/pakistan/corruption-rank
[65] https://www.bbc.com/news/business-66062429
[66] https://timesofindia.indiatimes.com/world/pakistan/pakistan-set-to-become-4th-biggest-imf-debtor-report/articleshow/101452107.cms?from=mdr
[67] https://www.janes.com/defence-news/news-detail/pakistans-defence-budget-rises-but-inflation-nullifies-gains

TAG: #Belucistan, #ViaDellaSeta, Pakistan
CAT: Geopolitica

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