Bucha, i crimini di guerra russi che possono cambiare la storia del conflitto

3 Aprile 2022

Le immagini tremende che ci giungono dal villaggio di Bucha, la cittadina a nord di Kiev liberata dalle forze ucraine, mostrano le atrocità commesse dai soldati russi sui civili. Corpi inermi per le strade, uomini con le mani legate uccisi brutalmente, fosse comuni con decine, centinaia di cadaveri, scantinati dove i civili venivano interrogati e poi fucilati. Nonostante la lista sia purtroppo già lunga, è probabilmente il caso più grave di crimini commessi dall’esercito di Mosca emerso dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina.

Tanto che è arrivata la conferma di Human Rights Watch, ong in difesa dei diritti umani, sulla presenza di “prove di crimini di guerra” nella cittadina ucraina, e non solo. Tra le interviste raccolte dagli attivisti della ong, c’è anche quella di una donna testimone dell’uccisione a sangue freddo di un uomo. Un evento che risale al 4 marzo scorso, a quanto riferisce una portavoce di Hrw. Ma il report dell’ong parla di esecuzioni sommarie, stupri e violenze, che purtroppo – con il passare dei giorni, e con il ritiro dei russi dalle zone dove non sono riusciti a sfondare militarmente – rischiano di essere sempre più ricorrenti. Inoltre, sempre nelle testimonianze avute da Human Right Watch, si racconta che l’esercito del Cremlino abbia preso in ostaggio dei bambini e li abbia usati come scudi umani per avere più libertà nei movimenti delle truppe.

La Corte penale internazionale, con sede all’Aia, agisce sui crimini più gravi a livello mondiale commessi dalle persone fisiche e non dagli Stati nazionali. L’omicidio volontario di prigionieri di guerra è tra le violazioni delle Convenzioni di Ginevra del 1949 per cui si è punibili per crimini di guerra. Già settimane fa la Cpi ha aperto un fascicolo su Vladimir Putin e sulla leadership militare russa per indagare sulle possibili violazioni e sugli eventuali crimini delle forze occupanti russe in Ucraina. Specie in riferimento all’assedio e ai bombardamenti sulle città di Mariupol e Kharkiv.

Il ministro degli Esteri di Kiev Dmytro Kuleba, commentando le immagini di Bucha, ha parlato di “massacro deliberato” da parte dei russi che “mirano a eliminare il maggior numero possibile di ucraini”. Anche il presidente Volodymyr Zelensky ha accusato la Russia di genocidio. Se così fosse, naturalmente, Mosca sarebbe responsabile anche di crimini contro l’umanità. C’è un punto in cui l’analisi più realista di una guerra e quella più istintiva, umorale e ideologica possono incontrarsi. Per esempio quando delle vicende belliche gravi con un impatto mediatico importante, fanno il giro del mondo pervadendo l’opinione politica e pubblica. In questo caso possono influenzare i comportamenti dei leader politici riguardo il conflitto, potenzialmente dando una svolta alla guerra.

Il caso del sobborgo di Kiev, oltre a essere emblematica degli orrori di questa invasione russa, potrebbe essere un turning point all’interno di tutto il conflitto, specialmente nell’acuire la percezione occidentale – e le risposte – rispetto quanto sta avvenendo in Ucraina. Kuleba ha infatti chiesto al G7 ulteriori devastanti sanzioni verso la Russia: l’embargo di petrolio, gas e carbone, il blocco per tutte le banche russe dal sistema Swift, la chiusura dei porti alle navi e alle merci russe.

La comunità internazionale ha già reagito, almeno a parole. Londra è stata tra i primi a farsi sentire, tramite la Foreign Secretary Liz Truss ha affermato di sostenere qualsiasi indagine della Cpi riguardo le atrocità commesse. Annalena Baerbock, ministra degli Esteri tedesco ha promesso un inasprimento delle sanzioni contro Mosca. Da Parigi, un Emmanuel Macron in campagna elettorale ha avvisato che le autorità russe saranno chiamate a risponderne, così come detto dal premier Mario Draghi. Il ministro Luigi Di Maio ha parlato di “atrocità che non possono rimanere impunite” mentre è stato il segretario del Partito Democratico Enrico Letta a chiedere per primo l’embargo sul petrolio e gas russo. Non è detto che arriveranno, ma l’opinione pubblica potrebbe giocare un peso importante.

Se le frasi del presidente americano Joe Biden – in cui definiva Putin “un macellaio” e “un criminale di guerra” – avevano attirato legittime critiche, ora i fatti di Bucha sembrano aver dissipato le perplessità sui loro contenuti. Tuttavia un processo della Corte penale internazionale, seppur eventuale visto che la Russia ignora il trattato di costituzione della Corte, potrebbe durare anni e non raggiungere comunque risultati rilevanti. L’ex procuratore per i crimini di guerra Carla Del Ponte, in un’intervista al giornale svizzero “Le Temps”, ha sottolineato come sia necessario emettere un mandato d’arresto per Vladimir Putin. Rimanendo in Russia “non verrebbe mai arrestato, ma sarebbe impossibile per lui lasciare il suo Paese e sarebbe un segnale forte che ha molti Stati contro di lui”.

I massacri di Bucha potrebbero fare da spartiacque a questa guerra, non tanto per un eventuale processo a Putin, quanto nel favorire un aumento di pressione occidentale sulla Russia. In quella russa sicuramente no, visto che il ministero della Difesa russo non ha perso tempo, definendo propaganda e falsi i video con i cadaveri di civili nella cittadina. Non è difficile pensare che ci sarà un’accurata censura in patria su quelle immagini, come non è compito arduo prevedere nuovi arresti da parte del Cremlino contro chi manifesta per la pace. Pe paradosso, invece, la tesi russa ha trovato non pochi sostenitori soprattutto nella rete complottista italiana che imperterrita continua a negare la realtà.

(Immagine: Markus Spiske)

TAG: #GuerraRussiaUcraina, Corte penale internazionale, crimini di guerra, russia, ucraina, vladimir putin
CAT: Geopolitica

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