Le vittime di Gaza: il Papa finge di non vedere

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15 Dicembre 2023

Papa Francesco, il 13 dicembre[1], ha voluto ricordare per l’ennesima volta l’Ucraina. E per l’ennesima volta ha voluto specificare che è martoriata – concetto già espresso il 6 dicembre[2] e domenica 19 al termine della preghiera dell’Angelus[3], citando anche Israele e la Palestina: “Continuiamo a pregare per la martoriata Ucraina, vedo le bandiere qui, e per le popolazioni di Palestina e Israele”. E concetto ribadito dopo tre giorni, il 22, nominando[4] nuovamente anche Israele e la Palestina: “Non dimentichiamo di perseverare nella preghiera per quanti soffrono a causa delle guerre in tante parti del mondo, specialmente per le care popolazioni dell’Ucraina – la martoriata Ucraina – e di Israele e della Palestina”.

Combinazione vuole che il 22 novembre poche ore prima la Missione di monitoraggio dei diritti umani dell’ONU in Ucraina avesse reso nota[5] il bilancio dei civili uccisi dai russi in 21 mesi di guerra in Ucraina, invasa il 24 febbraio dell’anno scorso, e che poche ore dopo il ministero della Salute di Gaza abbia reso noto a sua volta[6] il bilancio dei civili uccisi a Gaza in un mese e mezzo di guerra. Consentendo così anche di fare un paragone immediato e aggiornato tra le vittime civili ucraine e quella palestinesi di Gaza. Con il quale paragone si conclude senza ombra di dubbio alcuno che la Striscia di Gaza è ben più martoriata della “martoriata Ucraina”.

I molti video e le moltissime foto delle distruzioni provocate dai bombardamenti di vario tipo, cioè con aerei, carri armati, cannoni, missili, droni e quant’altro, parlano chiaro. E dimostrano una realtà chiarissima: Contrariamente all’Ucraina e alle sue città Gaza è una landa ridotta in buona parte in macerie. Strano quindi che papa Francesco non usi mai per Gaza, che se lo merita molto di più, lo stesso aggettivo “martoriata” profuso più e più volte per l’Ucraina. Per l’esattezza, almeno 17 volte in altrettante occasioni l’anno scorso e almeno 14 in altrettante occasioni quest’anno. Ma la prima volta già il 4 febbraio 2015: “Martoriata terra”, quella ucraina.

Se Francesco avesse detto che anche Gaza è martoriata chissà quale sarebbe stata la reazione dell’Assemblea dei rabbini d’Italia, già molto dura[7] solo perché Francesco nell’udienza privata – ripeto: privata – concessa giovedì 23 novembre a una decina di palestinesi ha definito “terrorismo” la guerra che sta riducendo Gaza in macerie. Un’udienza privata esattamente come quella con la quale il papa nelle stesse ore ha ricevuto un gruppo di israeliani parenti di rapiti da Hamas nel terribile attacco terroristico del 7 ottobre.

Il fatto è che il popolo palestinese non ha più amici. Troppo debole ed incerto il legame con l’Iran e la Fratellanza Islamica, mentre in tutta l’area del Medio Oriente l’Arabia Saudita, gli Emirati e l’Egitto hanno accordi di acciaio con Israele, e quindi considerano la questione di Gaza come una questione interna israeliana. Dalla comunità islamica, quindi, non c’è da attendersi alcun aiuto diplomatico, economico o militare[8]. Per questo motivo, nella propaganda internazionale, un morto di Gaza vale pochissimo, anche se paragonato ad un morto nella guerra in Ucraina.

Washington, 13 novembre 2023: Rashida Tlaib, senatrice americana di origine palestinese, protesta di fronte al Campidoglio insieme a molti rabbini Ebrei americani[9]

Veniamo ora alle cifre delle vittime civili fornite dall’Onu e da Gaza: 1) – ONU: “Almeno 10mila civili sono stati uccisi – tra cui 560 bambini – e oltre 18.500 sono rimasti feriti dall’inizio dell’invasione nel febbraio 2022”; 2) – Ministero della Salute di Gaza: “A Gaza 14.532 morti dal 7 ottobre scorso, tra i quali più di 6.000 bambini e 4.000 donne. 7.000 persone risultano ancora disperse”.

Come si vede, in un solo mese e mezzo di guerra le vittime civili palestinesi erano quasi il 50% in più di quelle ucraine in 11 mesi. Per l’esattezza, erano 7,3 volte di grandi delle vittime ucraine mietute dai russi. E i bambini palestinesi uccisi sono quasi 11 volte quelli ucraini. Se i russi in Ucraina mietessero vittime civili allo stesso ritmo degli israeliani a Gaza avrebbero dovuto uccidere più di 102 mila persone. E di bambini avrebbero dovuto ucciderne oltre 42.000. Senza tener conto dei 7.000 dispersi di Gaza, che se ne fossero morti anche “solo” la metà renderebbero il massacro di Gaza ancor più spaventoso e invece ancor più piccolo quello dell’Ucraina. Nel frattempo, essendo ormai passate altre settimane dal 7 ottobre, le vittime a Gaza sono aumentate e non di poco, bambini e anche neonati compresi.

Sgomberiamo subito il campo da un’obiezione diventata quasi obbligatoria, specie da quando lo stesso presidente USA Joe Biden ha dichiarato[10] che non si fida delle cifre fornite dal ministero della Salute di Hamas. Biden però è stato smentito[11] da Philippe Lazzarini, commissario generale dell’agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi (UNRWA)  Come se non bastasse, Michael Spagat e Daniel Silverman, rispettivamente economista della Royal Holloway University di Londra e politologo della Carnegie Mellon University di Pittsburg, specializzati nel conteggio dei morti nelle guerre, hanno condotto una ricerca parallela a quella dell’organizzazione pacifista israeliana B’Tselem e la loro conclusione è molto chiara: “Non ci sono validi motivi per dubitare della credibilità dei numeri ufficiali forniti da Gaza”.

La nuova tragedia di Gaza è molto più grande delle altre due invasioni israeliane, quella denominata Piombo Fuso, nome preso da una filastrocca per bambini e durata dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009, e quella denominata Margine di Protezione, durata dall’8 luglio al 26 agosto 2014, ed è stata provocata dal terribile assalto terroristico di Hamas ad alcune località israeliane con un numero di vittime di molte centinaia, ufficialmente più di 1.400[12], e almeno 250 persone tra uomini e donne rapite come ostaggi, 30 delle quali bambini.

Un tramonto sulla striscia di Gaza[13]

Francamente non si riesce a capire a cosa mirasse un tale blitz, che ha preso di mira con accanimento, massacrato e rapito quasi solo popolazione civile, donne e bambini compresi, anziché colpire solo i militari come è accaduto e accade legittimamente in ogni guerra di liberazione detta anche Resistenza. Resistenza come è noto esistita verso la fine della seconda guerra mondiale anche in Italia e che però nonostante tutto non s’è mai macchiata di delitti contro civili, donne e bambini, e tanto meno di stupri. E a proposto di Resistenza, la giornalista Paola Caridi nel suo recente libro “Hamas. Dalla Resistenza al regime” ne descrive bene la parabola involutiva. L’autrice ha pensato bene di aggiornare il suo libro pubblicato nel 2009 col titolo “Hamas. Che cos’è e cosa vuole il movimento radicale palestinese”.

Impossibile che Hamas non abbia messo nel conto che Israele avrebbe reagito in modo furioso, ben più duro delle due volte precedenti, quando ha invaso Gaza più che altro come ritorsione al lancio degli allora inefficaci razzi Qassam sulle vicine città di Sderot e Askelon. Città prese di mira perché erano centri abitati palestinesi prima che di punto in bianco i militari israeliani in una giornata ne deportassero tutti gli abitanti proprio nella vicinissima Gaza e dintorni, per poi cambiarne il nome: Najd è diventata Sderot, e Al-Majdal è diventata Askelon. Prima dell’arrivo degli ebrei nella cosiddetta Terra Promessa Askelon era una delle cinque città della Pentapoli dei filistei, all’epoca detti anche peleset dagli egizi, donde il nome di palestinesi e Palestina. Le cinque città erano Ascalona, Ashdod, Ekron, Gat e Gaza.

Impossibile che Hamas non abbia messo nel conto ciò che è poi realmente avvenuto, vale a dire la distruzione quasi totale di Gaza e lo sfollamento di gran parte della popolazione. E se non l’aveva messa nel conto ha fatto un gravissimo errore di valutazione, roba da uscire di scena anche per la vergogna. In ogni caso la sua azione dal 7 ottobre ad oggi, e prevedibilmente anche domani, somiglia molto al masochismo. Forse Hamas sperava che si sarebbero mossi in suo favore la Siria, il Libano, l’Iran, l’Arabia Saudita, il Qatar, l’Egitto, la Giordania e magari anche Iraq e Turchia? Con una guerra o almeno solo richiamando gli ambasciatori per interrompere i rapporti di qualunque tipo con Israele? Solo degli ubriachi potevano sperarlo. La Giordania e l’Egitto i palestinesi li hanno sempre guardati in cagnesco. La Giordania nel settembre del 1970 i palestinesi di Arafat rifugiati e insediati nel suo territorio li ha attaccati militarmente e in modo sanguinoso tanto che quella vicenda è ricordata come “settembre nero”[14].

In definitiva, chiacchiere a parte, i palestinesi sono stati illusi e usati da tutti, a partire dall’Unione Sovietica che li ha armati per prima e a finire all’Iran che ne appoggia i gruppi armati, come carne da cannone per la propria politica internazionale, compresi i propri rapporti, non tra i migliori, con Israele. Hamas sa bene che la sua nascita, il suo crescere e il suo radicalizzarsi estremista fino al fanatismo su base religiosa – i suoi attentatori infatti non muoiono gridando “Viva la Palestina libera”, ma gridando “Allah è grande!” – sono stati man mano favoriti[15] da Israele per poter indebolire prima Yasser Arafat e la sua Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e poi la attale Autorità Nazionale della Palestina (ANP).

Lo Stato di Israele ormai c’è, anche se solo da soli 75 anni, e – piaccia o no – ha quindi diritto di esistere. Sperare di poterlo distruggere è irrealistico, se non altro perché a una minaccia alla propria sopravvivenza Israele risponderebbe con le bombe atomiche come farebbe qualunque altro Stato, dalla Cina e Russia fino agli USA passando per la Francia e l’Inghilterra. Il popolo palestinese è uno dei tanti popoli purtroppo sconfitti nel corso della Storia.

Le cifre della diaspora palestinese[16]

Negare la propria sconfitta e sperare che venga trasformata in vittoria dalla propria resistenza armata, per giunta frazionata, e/o dall’intervento dei “fratelli arabi” o dai “fratelli musulmani” è pura retorica e illusione sadomasochista. L’unico modo per fermare la pulizia etnica che Israele porta avanti in ogni modo, anche violento, e ignorando tutti i moniti dell’ONU, l’unico modo per impedire cioè la totale espulsione dei palestinesi dal territorio dello Stato di Israele e dai territori palestinesi che amministra tramite autorità militari è la normalizzazione dei rapporti con i vari Stati arabi e/o musulmani che di fatto la circondano.

Certo, una tale normalizzazione non ripoterà in Palestina i palestinesi già espulsi a centinaia di migliaia e che ancora sopravvivono nei campi profughi o vivono nella diaspora. Né restituirà i loro beni man mano confiscati, a partire dalle case e dai terreni coltivati e a finire con i conti in banca, né li risarcirà dei molti abusi e delle molte altre violenze subite. Né sarà mai possibile uno Stato palestinese degno di questo nome, vale a dire con proprie forze armate, aeronautica e marina comprese, sarà invece più simile a un qualche tipo di bantustan, riserva indiana o protettorato.

In particolare non sarà mai possibile una soluzione di tipo sudafricano, l’unica in grado di risolvere davvero i problemi mettendo ebrei e palestinesi sullo stesso piano, con eguali doveri e diritti, con la rinuncia di Israele alla sua definizione di “Stato ebraico”. Patria cioè di tutti gli ebrei del mondo, con diritto di “tornare”, vale a dire di emigrare in Israele, ma non patria anche dei palestinesi che ci vivono, oggi quasi 2 milioni i soli palestinesi israeliani, cioè che vivono nello Stato di Israele e figurano come israeliani nei documenti di identità.

Lo scontro e gli odi religiosi tra ebraismo e islam rendono impossibile che diventi presidente di Israele per esempio Marwan Barghouthi, leader palestinese in carcere dal 2002, così come in Sud Africa per porre fine alla lunga e sanguinosa rivolta degli africani a un certo punto si è avuto il coraggio di nominare presidente il leader dei ribelli Nelson Mandela, in carcere da 27 anni.

In Sudafrica lo scontro era politico razziale, ma non religioso. Però la normalizzazione dei rapporti tra Israele e gli Stati arabi e musulmani del Medio Oriente almeno porrebbe fine alla pulizia etnica, all’interpretazione israeliana di comodo degli accordi di Oslo, interpretazione che ha avallato i continui furti di terra da pare dei coloni, ormai in Cisgiordania, cioè nei Territori, più di 500.000. La normalizzazione dei rapporti eliminerebbe il Muro, che divide scientificamente non solo i palestinesi dagli israeliani, ma anche e soprattutto le aree abitate da palestinesi tra di loro.

La Grande Israele promessa ad Abramo[17]

Infine, la normalizzazione in questione porrebbe fine alla volontà di una non trascurabile componente politica e religiosa israeliana di tornare alla mitica Grande Israele. Che storicamente non è mai esistita, ma nella bibbia (nella Genesi 15:18-21) Dio la promette alla discendenza di Abramo come il territorio che va “dal Nilo all’Eufrate”: vale a dire, un territorio che oltre all’attuale Israele comprende la Cisgiordania, la Giordania, il Libano e quasi tutto l’Egitto e Siria.

Veniamo ora alla “martoriata Ucraina”.

Il suo molto minore numero di vittime civili e distruzioni da bombardamenti è dovuto a due motivi ben precisi: piaccia o no, e sicuramente non è di moda né piacevole dirlo perché si viene subito accusati di essere “putiniani” o addirittura “nipotini di Putin”, la Russia ufficialmente è intervenuta in Ucraina per proteggere la popolazione russofona sottoposta da otto anni a soprusi e nel Donbass anche ad attacchi armati. La spiegazione ufficiale sarà anche pura propaganda e, come sempre accade, è probabile nasconda motivi e interessi reali di tutt’altra natura, ma regge bene.

La popolazione russofona infatti è sì in minoranza nell’intera Ucraina, ma stando al censimento del 2001 è un robusto 30% del totale[18]. Ed è invece larga maggioranza nel Donbass orientale, dove nel 2014 sono nate le due piccole “repubbliche popolari” di Donetsk e di Luhansk, per la Russia fino all’invasione NON separatiste, ma solo autonomiste (come in Italia l’Alto Adige, la Valle D’Aosta, la Sicilia e la Sardegna). Ed è in maggioranza ancora più grande nella repubblica autonoma di Crimea, il cui parlamento nel 2014 ha deciso, sulla base anche di un referendum popolare, di tornare nella Federazione Russa staccandosi dall’Ucraina. Alla quale Ucraina era stata “regalata” dall’ucraino Nikita Krushev due anni dopo essere succeduto, nel 1951, a Stalin nella guida di quella che era l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, meglio nota con l’acronimo URSS.

Ovvio quindi che la Russia cerchi di evitare il più possibile danni alla popolazione russofona, che più che ucraina si sente russa, anche in quella sparsa nel resto dell’Ucraina. Israele invece a Gaza non ha di questi problemi. Da quando il presidente filorusso Victor Janukovič nel 2014 è stato sostituito da moti di piazza con il magnate filo Unione Europea e filo NATO Petro Poroshenko, la popolazione russofona è stata sottoposta ad angherie e discriminazioni di vario tipo: dalla proibizione[19] di usare la lingua russa in politica e nella pubblica amministrazione alla drastica riduzione del suo insegnamento nelle scuole, dalla proibizione di importare libri scritti in russo all’assedio del Donbass orientale da parte soprattutto di milizie private. Milizie private come la famigerata Azov, il meno noto Pravyj Sector (in italiano Settore Destro), il Battaglione 206 e altre ancora fatte nascere da Poroshenko e finanziate[20] soprattutto da un altro magnate: Ihor Kolomoisky, tra l’altro finanziatore anche di Zelensky e suo editore televisivo oltre che proprietario della prima banca ucraina, di compagnie aeree, di canali televisivi, industrie metallurgiche e della squadra di calcio Dnipro FC.

Poroshenko per parte sua[21], oltre a essere soprannominato Il Re del Cioccolato per la montagna di soldi guadagnati producendo dolci, possiede diversi stabilimenti produttivi anche di automobili, autobus, mezzi blindati e armi[22], possiede inoltre il cantiere navale Lenins’ka Kuznja, il canale televisivo Kanal 5 e la rivista Korrespondent. In totale, si calcola che tale guerra civile abbia provocato oltre 40mila morti, in grande maggioranza nella popolazione russofona del Donetsk di Luhansk.

Aprile 2014: i cittadini di origine russa protestano a Luhansk contro le leggi di ucrainizzazione[23]

La motivazione ufficiale del dover difendere la minoranza russofona rischia però di essere utilizzata dalla Russia per invadere altri Stati limitrofi abitati anch’essi da non trascurabili minoranze russofone. che si sentono russe tout court. In Moldavia c’è per esempio la Transnistria, uno piccolo Stato russofono indipendente di fatto, ma, come le due piccole “repubbliche popolari” ex ucraine di Donetsk e di Luhansk, non riconosciuto dai Paesi membri dell’ONU perché lo considerano parte della Moldavia.

L’altro motivo che spiega la scarsità in Ucraina di vittime civili – sempre troppe comunque in ogni guerra – è che, contrariamente a quanto fatto credere fin da prima dell’invasione, la Russia NON ha mai avuto intenzione di conquistare l’intera Ucraina. Questa affermazione è DIMOSTRATA dai numeri resi noti a suo tempo dagli stessi Stati Uniti. La Russia ha infatti invaso l’Ucraina, che nel censimento di cinque anni fa (2018) contava 42.322.028 abitanti, con un esercito di più o meno 160.000 uomini, aumentati fino a 300.000 e con altri 200.000 pronti a intervenire per una “seconda invasione”, che però non c’è stata, semmai c’è stata la sostituzione man mano delle perdite[24].

Si usa dire che la Russia ha invaso con un esercito inadeguato perché contava su un colpo di Stato delle forze armate, i cui vertici erano stati corrotti a bella posta, cioè comprati a suon di bei quattrini. Golpe che avrebbe cambiato il governo di Kiev. Ma di questa affermazione non c’è nessuna prova e neppure nessun indizio che la conforti. Teniamo presente che Zelensky ha licenziato per corruzione non solo tutta una serie di importanti dirigenti civili, ma anche tutta una serie di alti gradi militari. A nessuno dei quali è stata contestata l’accusa di essersi venduto ai russi per fare un colpo di Stato.

Nel 2010 è stato edito il libro “Labirinto Iran – Ipotesi di pace e guerra”[25], che riportava i nove scenari illustrati alla Casa Bianca quando il presidente era Obama da sei esperti del think-tank Saban Center for Middle East Policy[26] uno dei migliori degli Stati Uniti, per uscire una volta per tutte dal labirinto della politica con l’Iran. Il Saban Center è un’emanazione del prestigioso think tank Brookings Institution. Gli scenari proposti dai sei esperti andavano dall’invasione militare alla firma di un trattato di pace solido e duraturo, dal classico colpo di Stato alla sobillazione delle minoranze per frantumare il Paese e abbatterne il regime politico.

I sei autori del report del Saban Center alla Casa Bianca hanno tutti ricoperto incarichi di responsabilità chi al Dipartimento di Stato e chi al Consiglio di Sicurezza Nazionale, chi nella Cia e nelle azioni degli Usa in Iraq, Corea, Pakistan e Afghanistan sfociate come è noto in guerre e affini. Non manca neppure un ex ambasciatore in Israele diventato consigliere personale del presidente Clinton, come Martin Yndik, né un membro dello staff di governo del presidente Obama, come Suzanne Maloney.

I sei esperti in questione hanno imparato anche dalle esperienze in Iraq e in Afghanistan, da loro definite fallimentari perché non sostenute della quantità di uomini necessari. I sei avevano avvertito Obama che per invadere l’Iran o qualunque altro Paese e riuscire in qualche modo a “pacificarlo”, cioè a tenerlo sotto controllo, ci voleva almeno un uomo in divisa ogni 20 abitanti: quindi una eventuale invasione dell’Iran, Paese all’epoca con quasi 80 milioni di abitanti, avrebbe bisogno di un esercito di quasi 4 milioni di uomini, adeguatamente armati. Il che significa che per invadere l’Ucraina con l’intenzione di conquistarla e tenerla sotto controllo ci voleva un esercito di oltre 2 milioni di soldati: vale a dire, un esercito 12,5 volte più grande di quello con il quale la Russia ha compiuto l’invasione e 6,6 volte più grande di quello che a invasione avvenuta vi ha man mano preso piede.

POST SCRIPTUM – Tutto ciò, a mio parere, dimostra che non ha nessuna base reale l’affermazione[27] di Biden che se la Russia vince “dopo l’Ucraina potrebbe non fermarsi e minacciare i nostri alleati della Nato”, a partire dalla Polonia.

[1] https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2023-12/papa-francesco-udienza-generale-appello-pace-terrasanta-ucraina.html
[2] https://www.agensir.it/quotidiano/2023/12/6/polonia-domenica-si-celebra-la-giornata-della-preghiera-e-dellaiuto-materiale-per-la-chiesa-dellest-il-ringraziamento-del-papa/
[3] https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=&ved=2ahUKEwjYmvbrvP6CAxXjU6QEHczGC4EQFnoECA0QAw&url=https%3A%2F%2Fpress.vatican.va%2Fcontent%2Fsalastampa%2Fit%2Fbollettino%2Fpubblico%2F2023%2F11%2F19%2F0810%2F01764.html%23%3A~%3Atext%3DPrego%2520perch%25C3%25A9%2520non%2520si%2520scoraggi%2CCi%2520vuole%2520buona%2520volont%25C3%25A0.&usg=AOvVaw22d_F6BBG1KJ7pnFkVe5z5&opi=89978449
[4] https://www.agi.it/estero/news/2023-11-22/papa-incontra-familiari-ostaggi-israeliani-palestinesi-24091158/#:~:text=AGI%20%2D%20%22Non%20dimentichiamo%20di%20perseverare,al%20termine%20dell%27Udienza%20Generale
[5] https://www.ansa.it/amp/sito/notizie/mondo/2023/11/21/onu-almeno-10mila-civili-morti-in-ucraina-da-inizio-guerra_29b71bb0-e4f9-45d5-bc42-ab3c93e24787.html
[6] https://www.lapresse.it/ultima-ora/2023/11/22/medioriente-autorita-gaza-oltre-14-500-morti-da-inizio-guerra/#:~:text=Milano%2C%2022%20nov.,persone%20scomparse%20sono%20circa%207.000
[7] https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/parolin-nella-guerra-in-medio-oriente-il-papa-vicino-alle-sofferenze-di-tutti
[8] https://theglobalpitch.eu/2021/06/06/how-egypt-and-israel-are-destroying-palestine/ ; https://theglobalpitch.eu/2022/06/10/palestine-where-every-day-cain-returns/ ; https://theglobalpitch.eu/2023/11/08/netanyahu-and-the-dream-of-the-big-bomb/
[9] https://www.today.it/video/usa-rashida-tlaib-con-i-rabbini-al-campidoglio-stop-guerra-a-gaza-82yiw.askanews.html
[10] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/mediooriente/2023/10/25/biden-non-mi-fido-del-numero-dei-morti-fornito-dai-palestinesi_9f34098f-ca3e-4ff1-92bd-33a3db2ec221.html
[11] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/10/27/capo-unrwa-replica-a-biden-cifre-su-morti-a-gaza-credibili_e15cd84f-92d9-4ef1-a808-80f1f85ddee0.html
[12] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/10/15/oltre-1.400-i-morti-in-israele-per-lattacco-di-hamas_7c370418-c9ed-4203-909b-8407c0adc721.html
[13] https://www.versobooks.com/en-gb/blogs/news/gaza-one-month-later-an-interview-with-norman-finkelstein-and-mouin-rabbani
[14] https://www.treccani.it/enciclopedia/settembre-nero_(Dizionario-di-Storia)/
[15] https://www.lindipendente.online/2023/11/10/come-israele-ha-agevolato-e-finanziato-lascesa-di-hamas/
[16] https://mondediplo.com/maps/refugeesdiasporapaldpl2000
[17] http://www.luzappy.eu/giudeofobia/storia_ebrei.htm
[18] https://www.farodiroma.it/letnocidio-della-minoranza-russa-in-ucraina-procede-a-tappe-forzate-mentre-i-paesi-nato-si-voltano-dallaltra-parte-v-volcic/
[19] https://www.balcanicaucaso.org/aree/Ucraina/Ucraina-la-nuova-legge-sulla-lingua-ultimo-atto-di-Porosenko-194879
[20] https://www.aljazeera.com/news/2022/3/1/who-are-the-azov-regiment
[21] https://www.icct.nl/publication/forgotten-front-dutch-fighters-ukraine
[22] https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/26/ucraina-il-nuovo-presidente-e-petro-poroshenko-loligarca-trasformista-re-del-cioccolato/1000350/
[23] https://www.rferl.org/a/ukraine-donetsk-government-buildings-stormed/25323219.html
[24] https://www.corriere.it/esteri/23_febbraio_02/russia-trecentomila-soldati-seconda-invasione-5e44432c-a333-11ed-8688-ef37c5959b22.shtml
[25] http://www.elliotedizioni.com/prodotto/labirinto-iran/
[26] https://www.brookings.edu/centers/center-for-middle-east-policy/
[27] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/12/06/ucraina-biden-se-putin-vince-si-rischia-coinvolgimento-truppe-usa_981e7f33-40be-4aa1-90a7-52c96ee7c154.html

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