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Geopolitica

Putin si annette il Donbass ucraino

di Titti Ferrante
22 Febbraio 2022

Alle ore tre italiane di stanotte iniziava la riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, convocato dopo che la Russia ha riconosciuto le regioni secessioniste ucraine di Donetsk e Lugansk, i due territori contigui a ridosso del confine tra Ucraina e Russia, e vi ha inviato i propri militari in quella che ha definito ‘forze di pace’. La Russia, che attualmente detiene la presidenza di turno del Consiglio, voleva che fosse a porte chiuse, ma gli Stati Uniti hanno insistito che la riunione fosse pubblica. L’Ucraina ha chiesto che il suo rappresentante potesse partecipare insieme al segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres e un membro dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa.
Secondo il Presidente russo Vladimir Putin, gli accordi di Minsk, che prevedevano un armistizio, seguito da ritiro delle armi pesanti e da altre misure per alleggerire le tensioni e favorire una normalizzazione pacifica, nonché elezioni nei territori separatisti e modifiche della costituzione ucraina che garantissero un’ampia autonomia del Donbass, si sono rivelati vani per colpa di kiev, ma soprattutto per colpa dell’Occidente. Il capo della diplomazia russo, d’altro canto, sostiene categoricamente che c’ è malafede nell’atteggiamento della Nato, della Casa Bianca e dell’Unione Europea.
Putin ha riconosciuto che il Donbass è “parte integrante della storia e della cultura russa”. Nelle due “repubbliche” filorusse in territorio ucraino, il conflitto non è mai veramente cessato. Il capo del Cremlino ne denuncia la situazione suggerendo che la russofobia è stato il primo passo verso il genocidio e che non si può più ignorare gli 800.mila cittadini russi del Donbass che sono stati abbandonati, discriminati da Kiev dal 91 che da molti anni chiedono l’autonomia come esiste in molte regioni europee.
La regione del Donbass si può considerare come la madre di tutte le battaglie per Vladimir Putin, anche per porre un argine al progressivo allargamento della Nato in Europa orientale. La ricca regione carbonifera nel sud-est del Paese, nonché la regione delle acciaierie, dove vive una consistente comunità russofona, è per lo zar il cuscinetto ideale, anche per rosicchiare territorio a Kiev ed indebolirne le pretese di entrare nell’orbita occidentale.
Putin ha, così, deciso, come accadde 8 anni fa con la Crimea, di prendersi l’Ucraina. Comincia da quella orientale, dal Donbass, con il riconoscimento dell’autonomia da Kiev delle due regioni di Donetsk e Lugansk. “Siamo pronti a mostrarvi cosa significhi liberare completamente l’Ucraina”, si esprime come se la sua decisione fosse condivisa dall’intera Russia.
I leader europei che più credono al dialogo con Mosca, come Macron e Scholz, hanno tentato fino all’ultimo di riportare il presidente russo al tavolo delle trattative. Ma oggi Putin ha scelto diversamente, mostrandosi incapace di mediare, ha mostrato al mondo il suo volto aggressivo, la sua ideologia di vecchio gerarca che più che alla pace e al progresso del suo popolo, crede ancora che la guerra, la sopraffazione, l’accaparrarsi di territori strategici rendano la Russia un paese non assimilabile alle politiche della Nato, nostalgica di antichi splendori.

russia ucraina
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