Se sei amico di Erdogan, non hai bisogno di nemici

14 Settembre 2022

Ecco come funziona la politica dei paesi europei. In Turchia, un regime dispotico sempre più incapace i cui risultati economici sono catastrofici, per restare al potere usa la violenza cieca – contro gli oppositori interni, contro i curdi, e contro chiunque possa eccitare, nella parte più retriva della popolazione, la fede stolta nell’idea che la dittatura di Erdogan possa ricostruire le gesta dell’Impero Ottomano.

Per noi va bene così: Erdogan chiude decine di migliaia di immigranti nei campi di concentramento (gente che vorrebbe venire in Europa), resta un alleato della NATO – e quindi di Israele, della dittatura egiziana e delle monarchie assolute del Golfo Persico – e, pur digrignando i denti, rinuncia a combattere contro la Grecia ed accetta Svezia e Finlandia nella NATO in cambio della repressione dei poveri curdi in Scandinavia.

Dopodiché Erdogan diventa lo statista che tratta con Putin ed ottiene che i cereali ucraini sfamino l’Africa, e porta nell’Unione Europea gas alternativo a quello che abbiamo (giustamente) deciso di non comprare dalla Russia. Non facciamo i difficili: Erdogan il gas non ce l’ha, lo compra da Putin, sicché noi europei violiamo l’embargo che abbiamo promulgato, finanziamo l’esercito russo nel Donbass, e diamo alla assetata dittatura turca dei soldi di cui ha un’impellente necessità, visto che l’economia interna è al collasso.

Ebbene, il nostro “amico” Erdogan ha deciso che non gli basta. Non gli bastano i soldi che gli regaliamo, non gli basta il fatto che abbiamo tradito i curdi e partecipiamo attivamente alla loro persecuzione, non gli basta che abbiamo creato le condizioni per cui un paese alla fame ora sia arbitro della guerra tra Russia e Stati Uniti. Non gli basta, perché il malcontento della popolazione turca continua a crescere: esattamente come nelle democrazie occidentali, se la gente impoverisce inizia a stramaledire il governo. In una dittatura lo fa a bassa voce, ma la rabbia e la frustrazione si percepiscono e, alle prossime elezioni nazionali, nonostante i prevedibili brogli, potrebbero creare qualche brutta sorpresa.

Decine di migliaia di rifugiati dal Medio Oriente, dall’Asia e dall’Africa vivono in condizioni disumane nei campi di concentramento turchi finanziati dall’Unione Europea[1]

Sicché il nostro “amico” Erdogan si è ricordato che i turchi odiano gli armeni. Non esiste più alcuna ragione per questo, specie dopo che l’Impero Ottomano, poco più di un secolo fa, aveva tentato di sterminarli tutti. Oggi è un’antipatia come tra tifosi di squadre di calcio della stessa città, o abitanti di due periferie contigue ed ugualmente dominate dall’ignoranza e dalla miseria. Siccome russi ed americani gli hanno finora impedito di usare gli azeri come prestanome per invadere il Nagorno-Karabakh, e sia Trump, sia Putin gli avevano ordinato di smettere, nella grande confusione dei confini orientali dell’Europa ha pensato bene di giocare, grazie alle armi in arrivo da Tel Aviv, la carta del ricatto: o ci permettete di spostare i confini turchi in avanti, in direzione del Mar Caspio, o noi ce li prendiamo con la forza, minacciando di scatenare gli immigrati alle nostre frontiere, affondando le navi che portano grano al Terzo Mondo, e smettendo di darci il gas di cui abbiamo impellente bisogno per affrontare l’inverno in arrivo.

Erdogan è davvero uno di quegli amici che sarebbe meglio perdere – e costringere la Turchia, come accadde in passato, quando Ankara moriva dalla voglia di entrare nell’Unione Europea per spingere all’emigrazione milioni di cittadini alla fame, a rispettare i patti e trasformare quella prigione a cielo aperto che diventato quel paese in un luogo più umano. Invece no. Nelle pagine dei quotidiani nazionali di diversi paesi, Italia compresa, la notizia dell’ennesimo attacco turco e azero contro l’Armenia viene taciuto, o nascosto nelle pagine interne che nessuno legge, e su cui i governi non prendono posizione.

I fatti

Le forze armate dell’Azerbaigian hanno bombardato, nella notte del 13 sttembre, con droni e obici le città armene di Goris, Sotk e Jermuk[2], e l’esercito armeno piange almeno 49 soldati[3]. Il ministero della Difesa azero ha accusato le forze armene di “atti sovversivi su larga scala”[4] e di aver sparato con armi leggere nelle direzioni dell’insediamento di Novoivanovka (nella regione di Gadabay), e nell’insediamento di Husulu (nella regione di Lachin), vicino al confine tra i due paesi. In una dichiarazione alla stampa, il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan accusa l’Azerbaigian di aver attaccato le città armene poiché rifiuta di negoziare sul Nagorno-Karabakh, l’enclave che si trova all’interno dell’Azerbaigian che è popolata principalmente da armeni[5]. In realtà le ostilità sono di vecchia data, e i rapporti tra i due paesi sono da tempo complicati.

La diplomazia si è messa immediatamente in moto: il segretario di Stato americano Antony Blinken fa sapere: “Esortiamo a porre fine immediatamente a qualsiasi ostilità militare” e ha contattato il suo omologo armeno, concordando l’adozione di misure per stabilizzare la situazione al confine; il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha chiamato il suo omologo azerbaigiano, Jeyhun Bayramov, chiedendo nel contempo all’Armenia di “cessare le provocazioni”. Charles Michel, presidente del Consiglio Europeo, ha esortato Pashinyan a prevenire un’ulteriore escalation[6]. Anche l’Iran, seriamente preoccupato, chiede alle parti “moderazione”[7]. Il ministero degli Esteri russo ha mediato un cessate il fuoco, dichiarando di aspettarsi che entrambe le parti rispetteranno i termini dell’accordo; dopo un quarto d’ora, informano le agenzie, la tregua si è però interrotta[8]. Pashinyan informa che l’intensità dei combattimenti si sta riducendo ma che si spara ancora[9].

Il Nagorno-Karabakh è un crogiuolo di culture, religioni ed etnie, ed il nome ne è lo specchio: Nagorno significa “montuoso” in russo, Kara significa “nero” in turco, e Bakh significa “giardino” in parsi. È un’enclave cristiana nell’Azerbaijan musulmano, che si estende su una superficie di circa 4400 km2 in una zona montuosa nel Caucaso sud-orientale e la cui capitale è Stepanakert. Durante la conquista della regione, l’URSS ha usato la questione del Karabakh con opportunismo, sostenendo a volte l’Azerbaigian, a volte l’Armenia, in base alle convenienze strategiche. Nel 1921, quando la sovietizzazione della regione è completa, la questione del Karabakh rimane ancora irrisolta: si decide di lasciarlo sotto il controllo azero a condizione che abbia uno status autonomo, soluzione che però non soddisfa nessuna delle due parti[10]. L’instabilità regna sovrana.

Nel 1988, gli armeni che vivono nell’enclave chiedono il trasferimento di quella che allora era l’Oblast Autonoma del Nagorno-Karabakh (NKAO) dall’Azerbaigian sovietico all’Armenia; con il crollo dell’Unione Sovietica, le tensioni si trasformano in una vera e propria guerra[11]. Il conflitto scoppia nel 1991: l’esercito armeno occupa il Nagorno-Karabakh, un territorio internazionalmente riconosciuto come parte dell’Azerbaigian[12]. I combattimenti, che provocano almeno 30’000 morti e oltre un milione di sfollati, si concludono con un accordo mediato dalla Russia[13].

Dal 1994 al 2020 attacchi intermittenti provocano centinaia di morti, la tensione rimane perennemente a livelli allarmanti, finché il 27 settembre del 2020 la guerra riprende[14]. L’esercito azero libera diverse città e oltre 300 insediamenti e villaggi occupati dall’Armenia[15] grazie all’enorme superiorità bellica: la Turchia mette a loro disposizione armi sofisticate e costose, come i droni da combattimento Bayraktar TB2, che trasportano bombe a guida laser già testati in Siria e in Libia; a questi si aggiungono i ricognitori israeliani UAV Heron ed Hermes e, infine, anche i droni Orbiter “kamikaze”, anch’essi realizzati in Israele[16]. Funzionari armeni affermano che la Turchia ha schierato migliaia di “mercenari” reclutati nella Siria, affermazioni negate da Ankara e Baku[17].

Muoiono oltre 7’000 militari e circa 170 civili, poi la Russia ferma tutti, il 10 novembre, con un accordo che riconsegna i sette distretti del Nagorno-Karabakh all’Azerbaijan: ma i soldati di entrambi gli eserciti rimangono a guardarsi in cagnesco a meno di 100 metri gli uni dagli altri. Gli avamposti russi di peace keeping sono dispiegati lungo le strade principali, nelle aree popolate dagli armeni, e la principale arteria di traffico tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh, anche all’interno del corridoio di Lachin, è una vera polveriera[18].

Oggi, ancora una volta, il Nagorno-Karabakh è in fiamme, in un quadro in cui la Russia subisce la controffensiva ucraina. Erdogan è riuscito a bloccare gli sforzi per un accordo di riconciliazione. Stavolta Putin non ha né tempo né voglia di intervenire, e l’Unione Europea tace. Per i nostri cittadini va bene così. Non abbiamo voglia di consapevolezza, ma di illogica allegria.

 

 

 

[1] https://www.infomigrants.net/en/post/29205/eu-concludes-%E2%82%AC6-billion-contract-for-refugees-in-turkey
[2] https://www.azatutyun.am/a/32030456.html
[3] https://www.aljazeera.com/news/liveblog/2022/9/13/live-deadly-fighting-erupts-over-nagorno-karabakh-tensions
[4] https://www.aljazeera.com/news/2022/9/13/deadly-clashes-erupt-between-armenia-azerbaijan
[5] https://www.cnbc.com/2022/09/13/armenias-pm-says-49-soldiers-died-in-clashes-with-azerbaijan.html
[6] https://www.reuters.com/world/armenian-russian-defence-ministers-discuss-nagorno-karabakh-after-flare-up-2022-09-13/
[7] https://www.aljazeera.com/news/liveblog/2022/9/13/live-deadly-fighting-erupts-over-nagorno-karabakh-tensions
[8] https://www.aljazeera.com/news/2022/9/13/deadly-clashes-erupt-between-armenia-azerbaijan
[9] https://www.aljazeera.com/news/liveblog/2022/9/13/live-deadly-fighting-erupts-over-nagorno-karabakh-tensions
[10] https://www.jstor.org/stable/41478346 “Why autonomy? The making of the autonomous region of Nagorno-Karabakh 1918-1925” – Arsene Saparov – 2012 – Taylor & Francis, Ltd
[11] https://www.jstor.org/stable/41478346 “Why autonomy? The making of the autonomous region of Nagorno-Karabakh 1918-1925” – Arsene Saparov – 2012 – Taylor & Francis, Ltd
[12] https://www.aa.com.tr/en/asia-pacific/amid-armenian-provocations-azerbaijans-president-meets-with-armed-forces-commanders/2684309
[13] https://www.globalr2p.org/countries/nagorno-karabakh-azerbaijan-armenia/
[14] https://www.crisisgroup.org/content/nagorno-karabakh-conflict-visual-explainer
[15] https://www.trtworld.com/asia/dozens-of-azerbaijani-soldiers-killed-in-border-provocations-by-armenia-60749
[16] https://www.aljazeera.com/news/2020/12/22/nagorno-karabakh-how-did-azerbaijan-triumph-over-armenia
[17] https://www.aljazeera.com/news/2020/12/22/nagorno-karabakh-how-did-azerbaijan-triumph-over-armenia
[18] https://www.crisisgroup.org/content/nagorno-karabakh-conflict-visual-explainer

TAG: Armenia, Azerbaijan, nagorno-karabakh, russia, Turchia
CAT: Geopolitica, Medio Oriente

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