L’orrore adottivo arriva in Cassazione

29 Settembre 2017

La Corte di cassazione ha dunque stabilito che se si ammazza il figlio si merita l’ergastolo, ma se il figlio è adottivo no, perché vale meno. Tale bestialità è stata detta e ripetuta, nell’informare l’opinione pubblica circa il caso di un moldavo, che aveva accoppato il figlio, “solo” adottivo, a coltellate. Condannato all’ergastolo in primo e secondo grado, salvo vedere cancellare tutto da una cassazione in preda al delirio. Inutile meravigliarsi se l’Italia è un Paese sempre più orfano di giustizia, dato che questo è il livello di chi riporta e commenta le notizie.

La questione è del tutto diversa e, per quanto possibile, ben più grave di quel che si vuol fare apparire. Per capire si deve partire dall’articolo 577 del codice penale, che riporto integralmente (depurato dal giuridichese), essendo chiaro a chiunque lo legga. Il presupposto è l’assassinio: “Si applica la pena dell’ergastolo se (…): 1. contro l’ascendete o il discendente; 2. col mezzo di sostanze venefiche, ovvero con altro mezzo insidioso; 3. con premeditazione; 4. con concorso di talune circostanze aggravanti (…)”. Ascendenti e discendenti sarebbero genitori e figli. Le aggravanti da ultimo richiamate si riferiscono all’avere agito per motivi “abietti o futili”, oppure all’avere inferto sevizie. Secondo comma, quello decisivo: “La pena è della reclusione da ventiquattro a trenta anni, se il fatto è commesso contro il coniuge, il fratello o la sorella, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo, o contro affine in linea retta”. L’affine è il coniuge o un suo parente.

Dunque: l’ergastolo può ben essere dato anche se il morto ammazzato è un perfetto sconosciuto all’assassino, ma se quella pena è motivata con il fatto che il morto è un ascendente o discendente, mentre quello non lo è, la cassazione ha il dovere di annullare la condanna. Sono le Corti di merito ad avere sbagliato nel motivare l’ergastolo, non la cassazione nell’averlo fatto rilevare. L’ergastolo è la pena che si assegna quando c’è un omicidio e ci sono le aggravanti, se si sbaglia a contestare le aggravanti resta l’omicidio, ma cade la condanna all’ergastolo. Non è finita.

L’assassino ha accoltellato il figlio perché quello stava difendendo la madre adottiva, tanto che il moldavo è anche accusato di tentato omicidio. In più la signora lo aveva più volte denunciato, per i suoi atti di violenza, rivolgendosi sia alle forze dell’ordine che al comune. Dopo il tragico epilogo la signora ha denunciato l’Italia alla Corte europea per i diritti dell’uomo, ottenendone la condanna, proprio perché tutte quelle sue denunce erano cadute nel vuoto. Quindi: abbiamo un uomo violento, più volte denunciato, che torna a casa e prova ad ammazzare la moglie, si mette in mezzo il figlio adottivo e lui lo ammazza. A fronte di tutto questo i tribunali di merito lo condannano all’ergastolo contestando l’aggravante sbagliata. Questa sì che è roba da far gridare al cielo. Questa e le denunce inutili.

Ma la grande e monocorde macchina dell’informazione non trova di meglio che dire: la cassazione cancella l’ergastolo perché ritiene l’adottivo meno importante del naturale. Per forza che in Italia la giustizia divorzia dal diritto.

Un’ultima cosa: per il diritto civile non c’è differenza, fra figli naturali e figli adottivi, per il penale quella che abbiamo visto. A me sembra quasi più grave ammazzare l’adottivo, ma siccome oltre un certo limite non c’è possibilità di differenziare, consideriamoli di pari gravità. La cosa, però, non spetta alla cassazione, bensì al Parlamento. Già che ci sono cancellino pure quella roba ridicola dei veleni. Orrore nell’orrore: qualche commento più approfondito ricorda che la faccenda potrebbe finire davanti alla Corte costituzionale, segno che, oramai, il Parlamento è considerato pochino. Meno ancora che se fosse stato un adottato.

 

Davide Giacalone

www.davidegiacalone.it

@DavideGiac

TAG: giornalismo
CAT: Giustizia

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