CARLA ROMANA RAINERI: ESPERIENZA DI UN “MAGISTRATO SCOMODO” PER LA GIUNTA RAGGI

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5 Aprile 2021

E’ stato recentemente pubblicato da “la Bussola” un libro di Carla Romana Raineri , dal titolo: “Brevi cronache dai palazzi della Capitale. Esperienze romane di un magistrato”.

La prefazione è autorevole: di Vittorio Sgarbi.

Carla Romana Raineri è un autorevole magistrato, attualmente Presidente della prima sezione della Corte D’Appello di Milano. Nella sua carriera si è occupata di grandi inchieste, soprattutto in campo finanziario, come testimoniano i casi Cirio, Parmalat e Lehman Brothers. Di lei si ricorda in particolare una famosa sentenza, che ha fatto scuola nel campo della complessa materia dei “derivati,” quella resa dalla Corte D’Appello di Milano il 18/09/2013, di cui è stata estensore. L’intelaiatura della pronuncia, che all’epoca costituì una vera svolta, è stata ripresa, quasi parola per parola, dalla recente sentenza a sezioni unite della Corte di Cassazione – la numero 8770/2020 – in tema di derivati degli Enti pubblici.

Segno inequivocabile della sua solida preparazione giuridica e del rigore del suo argomentare.

Piacentina di nascita, ha vissuto a Roma per molti anni e poi a Milano, dal 1980.

E’ presidente onorario di Piacenza Arte, una associazione culturale che annovera fra i suoi associati prestigiosi esponenti del mondo del diritto e della cultura e che ha sede in Piacenza, nello storico Palazzo di famiglia.

Francesco Paolo Tronca, nominato commissario straordinario di Roma Capitale dopo le dimissioni del sindaco Ignazio Marino, la volle fortemente al suo fianco nominandola a Capo della sua “segreteria tecnica”.

Si trattava di un ruolo di assoluto prestigio, per il quale era necessario un impegno straordinario, che avrebbe richiesto a suo presidio una preparazione di rilievo e di alta competenza scientifica e tecnica. Come è provato e dimostrato nel libro, Carla Romana Raineri assolse questo compito con risultati lusinghieri. E ciò è suffragato dalle fondamentali relazioni sulla consistenza del Patrimonio della città di Roma e sul debito di Roma Capitale, allegati, seppure per sintesi, nella seconda parte del libro.

All’indomani in cui fu eletta come sindaco Virginia Raggi, e fu designato come assessore al bilancio il professor Minenna – in ultima analisi a lui furono affidate tutte le competenze economiche di Roma Capitale – fu proprio quest’ultimo a suggerire alla Raggi di conferire la nomina di Capo gabinetto di Roma Capitale a Carla Romana Raineri, attesi i suoi risultati straordinari nella gestione commissariale dell’allora prefetto Francesco Paolo Tronca.

Ma, come è dimostrato nel libro, con dovizia di dati, cifre e rispetto delle fonti, il “raggio magico” di Virginia Raggi fece di tutto per allontanarla. Certo la sua severità, il suo rigore e la sua indubbia preparazione, poco si conciliavano con la sciatteria e la spregiudicatezza dei più stretti collaboratori della neo-sindaca: Daniele Frongia, Raffaele Marra e Salvatore Romeo.

Persone molto fidate avevano suggerito a Carla Romana Raineri di allontanare Raffaele Marra dall’ufficio di gabinetto. Del resto, se si legge un fondamentale articolo apparso sulle colonne de “Il Foglio”, dal titolo emblematico “parabole e segreti del carsico Marra”, ci si rende immediatamente conto della statura del personaggio, che giammai avrebbe potuto ricoprire un ruolo di vice della Raineri che Virginia Raggi gli aveva attribuito. Marra ha, invece, rappresentato il punto di riferimento nel movimento 5 stelle e il collaboratore più influente del sindaco. Venne, pochi mesi dopo le dimissioni della Raineri, arrestato per corruzione.

La sua nomina a capo di gabinetto era invisa anche a Salvatore Romeo, che nel libro è così descritto: “aveva l’aspetto ruvido ed arruffato di un personaggio decisamente grossier, iperattivo, in perenne movimento, entrava ed usciva decine di volte al giorno dalla stanza della sindaca, quando non imponeva la sua presenza nelle riunioni indette dagli assessori”. Virginia Raggi, che lo teneva invece molto in cale, lo aveva voluto a capo della sua segreteria personale, triplicandogli lo stipendio.

Furono costoro che brigarono ed ordirono per l’allontanamento di Carla Romana Raineri. E nulla potendo contro di lei, attesa la sua irreprensibile condotta – fra l’altro dimostrata anche nella sua precedente esperienza di capo della segreteria tecnica del Prefetto Tronca (una sorta di ministro anti-corruzione) – ricorsero ad un escamotage suggerendo a Virginia Raggi, che ne fu complice, di sollevare un dubbio di legittimità della nomina di Carla Raineri al presidente dell’ANAC – Raffaele Cantone.

Inopinatamente, Raffaele Cantone rese un improbabile parere in sole 48 ore. Lo rese ex post, su una nomina già avvenuta, e non ex ante, come prevede il Regolamento dell’Authority. Lo inviò in Campidoglio con un pony express, inserendolo in una busta con la dicitura “Riservato”.

La Raineri non venne neppure sentita come contro-interessata.

Secondo il parere, l’emolumento che avrebbe dovuto ottenere il capo gabinetto non era quello da ricondursi all’ufficio degli incarichi apicali e di natura dirigenziale e doveva essere necessariamente ridotto.

La sindaca Raggi, la notte del 31 Agosto del 2016, consegnò nelle mani di Carla Romana Raineri questo parere. Si trattava di una revoca di fatto e la Raineri, il giorno dopo, senza indugio, rassegnò le sue dimissioni. Certo non per questioni di vile danaro, come bene spiega nel suo libro. Era, infatti, evidente la strumentalità della iniziativa assunta dal “raggio magico”, soprattutto ove si consideri che la stessa Virginia Raggi aveva determinato la misura dell’emolumento, con la delibera sindacale del 4 agosto 2016, in perfetta coincidenza con quello che Carla Raineri percepiva in quel momento come magistrato.

Le sconcertanti anomalie di “metodo” e di “merito” che avevano contrassegnato il parere dell’ANAC – a firma di Cantone – sono state stigmatizzate alcuni mesi dopo dalla Corte dei conti che, tra l’altro, ha osservato come al ruolo svolto di capo gabinetto  di Roma Capitale – un ufficio con 260 dipendenti e organizzato con tre direzioni, più una quarta per il giubileo, ai cui vertici vi sono altrettanti dirigenti-  non potesse certamente applicarsi l’articolo 90 del testo unico degli enti locali (come aveva suggerito Cantone).

La sguaiata campagna diffamatoria sulla misura di tale emolumento, pilotata dai 5 Stelle, non aveva, dunque, alcun fondamento.

Resta il fatto che Carla Raineri se ne andò sdegnata. E con lei anche Minenna, Solidoro (da poco nominato AU in AMA) Rettighieri e Brandolese. (DG e AU di ATAC – nominati da Tronca). E Roma perse, purtroppo, professionalità di indubbio rilievo.

Sgarbi ha scritto che la “verità fa male” ed ha rimarcato, giustamente, come Cantone si sia prestato ad un giuoco sporco.

Il libro che ho avuto il piacere di leggere descrive quei giorni e quel complotto con lucidità e dovizia di particolari. E’ una lettura che consiglio. Soprattutto a chi, fra pochi mesi, sarà chiamato a scegliere il nuovo sindaco di Roma.

TAG: Carla Romana Raineri, elezioni comunali Roma, raffaele cantone, VIRGINIA RAGGI, vittorio sgarbi
CAT: Giustizia, Roma

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