Gli Stati Generali de che e perché?
Gli Stati generali sono stati convocati dal Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per discutere, con i rappresentanti sociali (?), di come utilizzare i soldi che giungeranno dall’Europa. Si tratta di un’iniziativa che sul piano concreto si rivelerà utile? Di sicuro appare un’idea creativa, recuperata, però, da una storia tumultuosa. “Gli Stati Generali”, come certamente saprà il suo contemporaneo fautore, erano un’assemblea consultiva del Regno di Francia. Furono convocati la prima volta da Filippo IV nel 1302, e in seguito molte altre volte, fino al 1615, generalmente allorquando il sovrano necessitava di poter imporre tasse, gabelle e tributi al popolo. Tranquilli, questi di casa nostra che stanno per costituirsi dovranno solo dare l’impressione che qualcosa si muova in una direzione, anche se resta complicato stabilire quale. Niente di più, pertanto, di una mossa politica del “Giuseppi” nazionale? Anche se da più parti si sperperano le opinioni tranchant sul conto del capo del governo, io non sono affatto certo che egli sia da considerare alla stregua di un politico improvvisato, mediocre apprendista, o, addirittura sprovveduto.
Conte sa perfettamente che la composizione del governo, nel suo insieme, è debole, e la scelta di allestire Gli Stati generali potrebbe, intanto, aprire spazi politici di confronto che, in teoria, darebbero la sensazione di competenze allertate, in azione per far ripartire l’Italia. Non vi è dubbio che l’emergenza dovuta al covid-19 abbia funzionato da parafulmine per le sorti del governo, e che, ora, in odore di normalità, si può facilmente arrivare a pensare che il paese sia scivolato ancora più indietro, con una ripresa economica difficile da realizzarsi. All’interno delle forze governative, il Partito Democratico, dal canto suo, dice sostanzialmente di accettare il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), in maniera tale da allacciare l’Italia, anche per i governi che verranno, alle regole europee di una comune macroeconomia. C’è chi, invece, come il Presidente del Consiglio, pensa più, in questo frangente, a trovare uno spazio autonomo fuori dall’area dei cinquestelle, inesorabilmente in processo di disgregazione. Conte ha ben compreso che per lui è di fondamentale importanza occupare una posizione politica mediana, e la trovata degli Stati Generali gli garantisce di potervi aspirare, andando pienamente incontro alle sue necessità.
Vero è, però, che normalmente le questioni politiche riguardanti le grandi decisioni di uno stato vengono discusse in sede parlamentare, luogo deputato a mettere in qualche modo in relazione la politica istituzionale e la società civile.
Pensare che un’istanza tanto rilevante possa essere affrontata attraverso uno strumento piuttosto disorganico, soggettivo e finanche irregolare, come, appunto questi Stati Generali dell’economia, non è proprio un’idea da statista illuminato, quanto da politico furbastro che cerca di salvarsi le chiappe, come si suol dire nei migliori salotti della critica. Si aggiunga che una minima probabilità di successo degli Stati Generali decreterebbe, di fatto, l’inutilità del Parlamento, generando un problema abbastanza increscioso circa la funzionalità delle istituzioni democratiche di base. Si prospettano, in special modo per il PD, ulteriori tempi difficili. Riuscirà, il partito in eterno divenire, senza imbarazzo, e, soprattutto, senza perdere altri consensi, a sostenere questo governo?
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