In difesa di Giorgia Meloni

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7 Febbraio 2021

Non ho mai votato a destra, tanto meno per l’estrema destra di Giorgia Meloni; e non intendo certo farlo in futuro. Permettetemi però di spendere qualche riga per “difendere” la leader di Fratelli d’Italia. Per che cosa? Nessuna infamia degna di nota, sia chiaro. Nessun bisogno di un avvocato difensore, addirittura di centrosinistra come me. Soltanto un enorme macigno: l’onta di avere detto no al governo Draghi. La vergogna di essersi relegata all’opposizione in un momento come questo, quando tutti-tutti, perfino Matteo Salvini, perfino l’altra destra che credevamo sovranista e populista, sono rimasti folgorati sulla via di Montecitorio. Possibile che questo miracolo non sia toccato anche a Giorgia Meloni? Lo stigma dell’Italia migliore è caduto su di lei.

Da speranzoso sostenitore del prossimo governo Draghi, penso che Meloni non abbia fatto male a restare fuori. Anzi, mi faccio coraggio, lo dico: ha fatto bene. Non perché il premier incaricato non meriti fiducia, ha infatti ragione il leghista Giorgetti: abbiamo ingaggiato Cristiano Ronaldo. Ma perché in questo momento storico in cui la parola data ha perso qualsiasi valore, in cui i politici non cambiano, ma rovesciano la propria idea dalla sera alla mattina (o forse restano sempre della stessa idea, ma fingono dalla mattina alla sera), ecco, in questo momento di credibilità zero-assoluto delle persone e dei partiti, una leader che resta sul punto ancora c’è. Sarà un punto sbagliato? Probabile. Ma il solo non accodarsi alla schiera dei folgorati da Super Mario per me è un merito: di coerenza, questa dimenticata.

Poi, se analizziamo il suo discorso subito dopo l’incontro con Draghi alla Camera, vi leggiamo due elementi importanti che depongono a suo favore: nessuna pregiudiziale sul premier – rinominata alla sua maniera “opposizione patriottica”, ma intendeva pragmatica, nell’interesse del Paese – e nulla osta a convergere eventualmente sui singoli provvedimenti (ci mancherebbe, chioseranno alcuni, ma intanto l’ha detto). Insomma, chi sostiene che si possa fare buona politica soltanto stando al governo e non anche all’opposizione? Lo sostiene forse chi pensa che il governo Draghi sia il non plus ultra che mai ci possa capitare in questi decenni. Io lo spero vivamente, ma non sono facile alle glorificazioni.

Secondo questo ragionamento fideistico, al di fuori del perimetro della maggioranza ci sono i barbari. Senza colore politico preassegnato, qui non c’entra la deformazione culturale radical chic: barbaro è chi non vi rientra. In questo caso, i barbari sono i Fratelli d’Italia, rimasti ancorati a una visione del mondo di destra “pura”, irriducibile ai compromessi, orgogliosa della propria identità e via dicendo lungo quella direzione che porta via via verso il colore nero.

Non discuto, da sinistra, la pochezza di una simile visione: affari appunto di destra. Apprezzo però il coraggio della leader nel rimanere fedele alle proprie posizioni, senza sconfessarle alla leggera per i più svariati motivi, spesso riconducibili ad uno solo: il potere. Il Movimento 5 Stelle ha governato, nell’ordine: con se stesso (l’era della scatoletta di tonno), con la Lega, con il Pd, e adesso governerà anche con Forza Italia. Il Pd, non ne parliamo: è il partito più governista da dieci anni. La Lega in mezz’ora di colloquio con Draghi è diventata quasi più europeista di Draghi stesso (“evviva”, “finalmente”). Meloni resta quello che è. Sbaglierà, ripeto e anzi me lo auguro, perché significherebbe che il governo governa bene. Ma si può dire che è seria?

Ma lo fa per i voti, per sgranocchiare qualche voto populista a Salvini e forse anche ai 5 Stelle. Può darsi, in quel caso sarebbe non solo coerente e seria, ma pure politicamente furba: continuo a vederci poco o nulla di male, perché il tornaconto elettorale fa parte della vita, e tra chi cambia idea per un incarico in più, e chi non la cambia per un voto in più, preferisco il secondo, anche se non condanno il primo (il vincolo di mandato non esiste, per fortuna).

E infine un’ultima considerazione. Il prossimo governo Draghi sarà, speriamo davvero, il governo migliore (non dei migliori). Ma resta un governo di (quasi) unanimità nazionale. Se c’è quel “quasi”, è grazie a Giorgia Meloni, che ha detto no. C’è più bisogno di un partito in più in maggioranza o nei ministeri, o di un unico, piccolo partito all’opposizione? Diffidiamo dei numeri bulgari. Mantenere una minima dialettica in Parlamento, e non solo in Consiglio dei Ministri, fa molto sana democrazia, quale siamo e restiamo in Italia.

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CAT: Governo

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