L’inutilità della nuova legge anticorruzione
Ogni volta che c’è uno scandalo di qualsiasi tipo il coro che si alza è sempre lo stesso: “Bisogna inasprire le pene!”. Sembra quasi una reazione automatica, di stampo pavloviano. L’inasprimento delle pene, in questo caso, è il punto centrale della legge anticorruzione che dovrebbe vedere la luce nel Consiglio dei Ministri di oggi (per poi iniziare la trafila parlamentare). Ora, il primo dubbio è su quale sia la reale volontà di fare una legge anticorruzione, visto che già se n’era parlato dopo lo scandalo Mose e dopo lo scandalo Expo (senza che si facesse nulla) e visto che molto probabilmente verrà partorito un disegno di legge (quando tutti sanno che per fare davvero e rapidamente lo strumento migliore, di cui si abusa spesso e volentieri, è il decreto legge).
Il secondo dubbio è invece su quale sia la reale efficacia di una legge che, al di là delle misure secondarie, non fa altro che aumentare le pene e allungare i tempi della prescrizione. Non che ci sia niente di male nel far fare qualche anno di carcere in più a chi si è reso colpevole di atti di corruzione, così come non c’è niente di male nel permettere a più processi di arrivare a compimento senza che scatti la tagliola della prescrizione; il problema però è che quella che verrà partorita sarà l’ennesima legge fatta in fretta e furia sull’onda emotiva, che prende la via più semplice e diretta senza indagare approfonditamente la questione.
Ci sono stati tre scandali gravissimi nel giro di pochi mesi, l’ultimo poi, Mafia Capitale, è un disastro di proporzioni enormi. Di conseguenza adesso, ma solo adesso, non si può più rimandare la legge anticorruzione. Anzi, bisogna farla in tempi brevissimi, in 48 ore. Anche perché tra una settimana probabilmente di Mafia Capitale non si parlerà più e i corrotti torneranno a dormire sonni tranquilli fino al prossimo scandalo.
Il governo, in tutto questo, vede solo due strade: o rispondere subito con una legge raffazzonata per mostrare al popolo lo “scalpo”; oppure lasciare passare un po’ di tempo, attendere che le acque si calmino e poi richiudere per la terza volta la legge anticorruzione nel cassetto. Ché tanto conta solo l’attenzione mediatica e questa ha una memoria cortissima.
Il governo Renzi sembra intenzionato (ma si vedrà) a procedere lungo la prima strada, quella della legge anticorruzione costruita in fretta e furia. Anche perché far finta di niente ancora una volta e dopo uno scandalo del genere proprio non sembra la decisione più furba. E così, si ritorna all’urlo “inaspriamo le pene!”. Ma a che serve inasprire le pene? Non è che inasprendo le pene automaticamente si riducono i corrotti o i casi di corruzione.
Se così fosse allora tanto varrebbe mettere la pena di morte per i casi di corruzione. Se tanto mi dà tanto, se il numero di crimini è così strettamente correlato all’entità della condanna, allora introducendo la pena di morte per i casi di corruzione questi si dovrebbero azzerare. E però non è così, lo sanno tutti. Altrimenti avrebbero ragione quegli stati che hanno introdotto la pena capitale per i reati più gravi; peccato che ci siano decine di studi che mostrano come la pena di morte non sia un deterrente in grado di evitare gli omicidi.
Sarà un ragionamento troppo semplicistico, ma è sicuramente meno semplicistico che ritenere che inasprire le pene e allungare i tempi per la prescrizione porti a una diminuzione del numero di corrotti. La pena dev’essere commisurata all’entità del reato, non uno strumento per far diminuire il numero dei reati (strumenti che vanno cercati altrove, secondo una logica di prevenzione, non di punizione). Procedendo lungo la strada dell’inasprimento delle pene sempre e comunque potremmo ottenere la pena di morte per i corrotti, come detto, o magari centomila euro di multa per chi lascia l’auto in divieto di sosta.
L’occasione fa l’uomo ladro e la speranza è sempre quella di scamparla; difficile immaginare che davanti a una valigetta piena di euro qualcuno si metta a calcolare i tempi della prescrizione per il reato di corruzione.
Ma d’altra parte, quando si risponde ai problemi con un’ottica emergenziale (l’unica che il nostro sistema sembra essere in grado di produrre) non c’è il tempo per studiare metodi più complessi, che vadano più alla radice, che offrano risposte più strutturali, che non prendano in considerazione le conseguenze, ma le cause. O che almeno sperimentino qualcosa di nuovo, come potrebbe essere la figura dell’agente provocatore che testa la correttezza degli amministratori e dei pubblici funzionari.
Se però bisogna fare una legge, o fare finta di farla, in 48 ore per rispondere all’indignazione pubblica, che più di 48 ore non dura, allora non ci si può stupire se ci si limita a fare la cosa più semplice del mondo: alzare le pene. Che è un po’ come alzare le tasse quando la cassa piange invece che studiare nuovi metodi più virtuosi.
Un commento
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Andrea Daniele Signorelli, la chiosa dell’articolo spiega molto. Purtroppo questa è l’ennesima conferma della politica pubblicitaria. L’annuncio viene fatto per impressionare l’opinione pubblica, ma è assente una visione (che parola démodé) che possa risultare incisiva sul lungo periodo.