Presidente Mattarella, basta teatrini spedisca il governo alle Camere

4 Giugno 2019

I messaggi alla Nazione sono una cosa di alta rilevanza, un rito con un protocollo, una sorta di messa laica. Tolti quelli del Presidente della Repubblica di fine d’anno io ho impresso nella memoria quello di Amato Presidente del Consiglio “Siamo sull’orlo del baratro” e il conseguente prelievo forzoso sui conti correnti per la manovra da 90.000 miliardi di vecchie lire. Non mi aspettavo molto da quello di Conte, avvocato ma non dottor Sottile, paludato ma non denso, sostanzialmente avvezzo ai penultimatum come succedaneo tecnico della politica. Un Enrico Toti che senza il manto della tragicità eroica che dalla barricata della tribuna stampa agita contro Salvini la stampella Quirinalizia. La agita, non la scaglia beninteso, e qui sta il mio personale dubbio.

In sostanza Conte ha chiesto se ha ancora dei partner: possiamo girarci intorno, possiamo dire che siamo alle schermaglie ma Conte probabilmente, gli italiani certamente e nelle pause caffè anche a Strasburgo si vorrebbe sapere se esiste un governo, un interlocutore, di più: una maggioranza politica.

Nessuno mi leva dalla testa che ci sia un solo modo per saperlo seriamente: bypassare Facebook e presentarsi alle Camere, non in sala stampa e non su Twitter e chiedere la Fiducia. È in parlamento che nascono i governi, è capitato di rado che fossero rinviati alle Camere per una verifica; la mozione di fiducia è usata a sproposito come trucco regolamentare per tagliare le votazioni su Disegni di Legge o meglio Decreti oberati da inemendabili emendamenti. Ma ci sono momenti in cui bisogna disintermediarsi dai trucchi, dai social, dalle fidanzate di cartone, dalle loro fotografie private e dalle felpe da stirare e tornare a ricordarsi che siamo in una Repubblica Parlamentare e che alla fine i numeri contano nelle aule parlamentari e sono la misura della volontà politica.

Bene farebbe il Presidente della Repubblica a chiamarsi fuori dal gioco delle stampelle e delle veline sulle date, delle manine che inusitatamente affondano non provvedimenti ministeriali ma rapporti internazionali e seguire la strada maestra: mandi il Presidente del Consiglio Conte alle Camere, non usi la stampella ma metta i contrattualisti davanti alle loro responsabilità. Ci hanno detto che il redde rationem sarebbe stato dopo le Europee, non aveva alcunché senso ma bene, era la vulgata accettata: ora vogliamo vedere in faccia chi vota e come, lo vogliono gli italiani, i mercati, i partner europei e di fronte a uno voto parlamentare non ci sarebbe un tracollo del Paese ma il presupposto del suo riscatto. Non lo vogliono solo gli attori in perenne campagna elettorale o quelli che seriamente pensano a doppie valute, passaporti e visti consolari: non per fermare gli immigrati ma per fermare noi dall’andare in Europa da liberi (e rispettati) cittadini.

 

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CAT: Governo

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