Salvare gli anziani dal Covid per evitare la saturazione delle terapie intensive

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28 Ottobre 2020

Il dato che fa tremare l’Italia è il punto di saturazione delle terapie intensive.
Quando tutti i presunti 7.500 posti letto saranno occupati, non ci saranno più posti per i nuovi malati di Covid, ma non ve ne saranno neanche per chi arriva al Pronto Soccorso con un infarto, un ictus o una qualsivoglia patologia che richieda l’impiego di strumenti salvavita.
Non sarà più neanche possibile effettuare tutti gli interventi chirurgici dopo i quali il paziente deve essere trasferito in un reparto di cure intensive.
Quando i 7.500 letti saranno occupati, la nostra sanità non sarà più in grado di curare NESSUNA urgenza.
Ai morti per Covid dovremo quindi aggiungere tutti quelli che moriranno per non avere avuto accesso alle cure d’urgenza.

Si può fare un calcolo brutale per prevedere quando questo fenomeno si verificherà.
Bisogna innanzitutto calcolare quanti sono i pazienti Covid che arrivano in terapia intensiva rispetto alla somma dei positivi (e che oggi sono in isolamento domiciliare)  e di quelli che sono ricoverati negli ospedali, ma senza bisogno di cure d’urgenza.

Oggi, 28 ottobre, i positivi al Covid sono 239.724, i ricoverati sono 13.955 ei pazienti in terapia intensiva 1.411 (Dati Ministero della Salute).
In definitiva, allo stato attuale delle cure contro il Covid, finisce in terapia intensiva lo 0,0055% dei positivi.

Con un’equazione semplicissima si può quindi calcolare che quando i cittadini positivi al Covid saranno circa 1.500.000, i 7.500 posti stimati nelle nostre rianimazioni saranno al completo.
Lo 0,0055% di 1.500.000 è appunto 7.500.
E quando in Italia ci saranno 1.500.000 positivi, la sanità d’urgenza (ma non solo) arriverà definitivamente al collasso.

Premetto che non sono una matematica e non ho le competenze per effettuare una previsione su quando potrebbe essere raggiunto quel numero – 1.500.000 positivi in Italia – ma i tempi potrebbero essere relativamente rapidi, visto che oggi i positivi sono già 250.000, un sesto di quelli che provocherebbe il collasso della sanità d’urgenza.

 

COME EVITARE LA SATURAZIONE DEI POSTI LETTO IN RIANIMAZIONE?
Una risposta potrebbe venire dall’analisi dell’età dei pazienti morti in Italia per Covid,  che sono presumibilmente transitati prima in un reparto di terapia intensiva.
Non esistono infatti dati nazionali relativi all’età dei pazienti che sono stati ricoverati in rianimazione per Covid, ma sono invece disponibili i dati relativi all’età dei pazienti che sono morti per Covid (moltissimi di loro dopo essere passati per la terapia intensiva).

In un recente studio dell’Istituto Superiore di Sanità sono stati analizzati questi dati. Si può dividere i pazienti deceduti per Covid in due grandi gruppi: morti fino a 69 anni di età, e morti oltre i 70 anni.
Nel primo gruppo, si contano 9 bambini morti nella fascia d’età fra 0 e 9 anni, nessun morto in quella da 10 ai 19, 15 in quella 20 -29, 71 nella 30 -39 e poi 5.302 nella fascia compresa tra 40 e i 60 anni e quindi 3.686 nella fascia tra 60 e 69.

Se dividiamo il dato totale  – 9.083 – per il numero di abitanti in Italia sotto i 69 anni  – circa 46.930.000 secondo un’elaborazione del sito Tutt’Italia – si può vedere come la percentuale di mortalità per Covid nella fascia d’età 0 – 69 è lo 0,0002%.

Se invece  si calcola l’incidenza della mortalità per Covid nella fascia di popolazione superiore ai 70 anni, dove i morti sono stati in totale 31.414 su una popolazione di circa 13.314.639, la percentuale è considerevolmente superiore: lo 0,002%. 

La mortalità in quel gruppo è quindi dieci volte superiore, ma dei 13.314.639 italiani che hanno più di 70 anni, dobbiamo isolare un altro gruppo, e cioè i settantenni che presentano una o più patologie preesistenti, tra cui la cardiopatia ischemica, l’ipertensione venosa, la fibrillazione, atriale e altre patologie di uguale importanza.

I pazienti che avevano più di settant’anni e sono morti di Covid, senza nessuna patologia preesistente, sono infatti un numero molto contenuto: solo il 3,5% del totale dei pazienti della loro età (sulla base di un’analisi svolta da ISS delle cartelle cliniche). Tutti gli altri pazienti deceduti avevano almeno una delle patologie citate.

Per dirla in parole povere, per morire di Covid bisogna avere (in genere) più di settant’anni e presentare almeno una grave patologia preesistente.
Altrimenti, di Covid si guarisce, perché la mortalità generale è dello 0,067%, calcolata sulla base del totale delle persone che sono risultate positive  in Italia  –  564.778 – e quelle che sono morte, 37.700 ( i dati variamo di ora in ora, naturalmente).

 

BISOGNA SALVARE DAL COVID CHI RISCHIA DI FINIRE IN TERAPIA INTENSIVA
Per mettere in sicurezza le terapie intensive, dobbiamo quindi salvare dal Covid le persone che hanno più di settant’anni e soffrono di almeno una delle patologie che si sono rivelate letali se concomitanti al coronavirus.

Quanti sono questi cittadini? Si tratta di dati che dovrebbero avere le autorità sanitarie, ma sono numeri comunque INFINITAMENTE MINORI rispetto ai 60.000.000 di italiani che possono rischiare un nuovo lockdown per salvare le terapie intensive da pazienti che dovrebbero essere protetti dal rischio del Covid, utilizzando una serie di misure precauzionali.
Senza dimenticare che la maggior parte dei pazienti che sono morti provenivano dalle RSA dove si sono sviluppati  focolai.

La PRIMA MISURA da prendere per evitare il collasso delle terapie intensive è quindi quella naturalmente di mettere in sicurezza le RSA.

Le misure che invece dovrebbero essere adottate nei confronti dei cittadini che presentano le due caratteristiche predittive di un esito letale della malattia (età superiore ai settanta e almeno una patologia) sono le seguenti.

UNO. Fornire loro gratuitamente tutti i dispositivi di protezione individuale contro il Covid e migliorare il monitoraggio del loro stato sanitario.

DUE. Fornire loro dei corridoi sanitari protetti per accedere alle cure sanitarie di cui hanno bisogno. Le visite mediche e gli esami diagnostici devono essere erogati in condizione di assoluta sicurezza, evitando il rischio che incontrino altri pazienti che li potrebbero contagiare.

TRE. Isolamento fiduciario se vivono da soli, ma con alcuni servizi garantiti, tra cui la consegna della spesa e dei farmaci di cui hanno bisogno. Dovrebbe inoltre essere istituito il divieto, ahimè, di incontrare i loro familiari, anche se sappiamo quanto potrebbe essere doloroso. Se invece i cittadini vivono in famiglia, bisognerebbe istruire le famiglie su come evitare i possibili contagi, utilizzando mascherine e altri DPI anche in famiglia, e praticando il distanziamento sociale anche all’interno delle mura domestiche.

QUATTRO. Il diritto naturalmente di fare una passeggiata o portare fuori il cane, senza però stabilire contatti con altre persone durante la passeggiata.

CINQUE. Il divieto di frequentare luoghi pubblici oltre che di usare i trasporti pubblici. Dovranno quindi essere loro garantiti trasporti sicuri (taxi, eccetera), quando sarà necessario affrontare una visita medica o altri appuntamenti importanti.

SEI. La possibilità di ricevere un contributo nel caso in cui la persona viva in famiglia e sia necessario ospitarla in una RSA, fino a quando l’epidemia non mostrerà i segni di una regressione.

Salvare dal Covid gli anziani che soffrono di patologie preesistenti sarà il modo per salvare le nostre terapie intensive, senza per queste metterle al riparo da un’epidemia che non sta rallentando il suo passo.

TAG: coronavirus, Covid19, terapie intensive
CAT: Governo

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