Legge di stabilità: l’onorevole, il capo quartiere e la repubblica dei likes

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18 Dicembre 2015

sentenza

Tre leggi diverse per la stessa norma incostituzionale.

Non è necessario essere un docente di diritto costituzionale per accorgersi che, con l’emendamento proposto dall’onorevole Paola Bragantini, nella legge di stabilità sta per essere introdotta nuovamente la norma dell’art. 3 del d.lgs. 23/2011, che garantiva agli inquilini che avessero “denunciato” il contratto di affitto “in nero” il mini canone pari al triplo della rendita catastale, ma dichiarata incostituzionale, per due volte, dalle sentenze 50/2014 e 169/2015.

In claris non fit interpretatio  – dicevano gli antichi – e pertanto invitiamo alla lettura della seguente tabella per verificare l’identità tra i tre diversi testi normativi.

Una simile pervicacia del legislatore nel reiterare una norma illegittima non è il frutto di un disegno politico governativo.

Anzi, è la diretta conseguenza della sua incapacità di porre rimedio ai propri errori ed alle ingiustizie sociali provocate. Il Governo non ha saputo dare una risposta né agli inquilini, che con la dichiarazione d’incostituzionalità della norma avrebbero dovuto pagare gli arretrati, né ai proprietari che, in verità, sono state le prime vittime del d.lgs. 23/2011 e della conseguente violazione del dettato costituzionale.

Su questo blog ho già descritto la storia del d.lgs 23/2011, dei mini canoni garantiti agli inquilini che “denunciavano il nero” e della contrapposizione tra inquilini e proprietari (http://www.glistatigenerali.com/giustizia_legislazione/divide-et-impera-e-la-guerra-del-fisco-divento-una-guerra-tra-poveri/ ) ed ho già auspicato un intervento legislativo capace di mediare le due posizioni. Ne sta per arrivare uno che, purtroppo, oltre ad essere nuovamente incostituzionale, graverà tutto sulle spalle dei proprietari (per approfondimenti si veda: http://www.ilquotidianodellazio.it/articoli/18450/locazioni-sanatoria-per-gli-arretrati-dovuti-dagli-inquilini )

Nell’inerzia del Governo hanno preso il sopravvento associazioni di categoria, concentrate su interessi particolarissimi, capeggiate da capi partito giovani ma con conoscenze molto in alto!

E così la proposta di reintrodurre la norma incostituzionale è finita sul tavolo dell’onorevole Bragantini che l’ha fatta propria e l’ha versata in un minuscolo emendamento, uno di quegli emendamenti che vengono infilati nel corpo di leggi elefantiache che nessuno ha il tempo di leggere per intero.

Non sono bastate le email, le richieste su facebook, gli interventi di avvocati e tecnici per far cambiare idea all’onorevole; Paola Bragantini ha ascoltato e risposto con cortesia, ma non ha fatto il passo indietro.

Del resto, mentre aumentavano le proteste su facebook, interveniva sul profilo facebook dell’onorevole anche David Tozzo, presidente di un municipio romano e presidente dell’associazione Acorn, a difendere a spada tratta il provvedimento di cui è riconosciuto come il vero ispiratore.

Aumentavano i like sul post dell’onorevole, intervenivano proprietari ed inquilini, ma né l’onorevole né il minisindaco riuscivano a dare spiegazioni convincenti della costituzionalità della norma. Anzi, a dispetto della chiarezza del dato letterale, David Tozzo contestava persino che si trattasse della stessa norma: è una norma diversa, diceva lui. È difficile dare credito ad una simile spiegazione.

Nel frattempo, i proprietari moltiplicavano le petizioni, le istanze, i messaggi, i post e i like. I web proprietari scrivevano a tutti: Maurizio Lupi, Nunzia Di Girolamo, Daniela Santanchè, Giorgia Meloni, Renato Brunetta, Luigi Di Battista, Luigi Maio, Matteo Salvini, Matteo Renzi, Maria Greco,  Alessandro Sallusti e, perfino, Selvaggia Lucarelli.

Mentre i proprietari aspettavano una risposta, Maurizio Lupi pubblicava un post di auguri al Papa, Matteo Salvini inviava auguri natalizi con tanto di presepe, Renato Brunetta se la prendeva con la nomina dei giudici costituzionali, Luigi Maio rispondeva ai twit dei lettori del corriere della sera, Giorgia Meloni mandava un in bocca al lupo a Vittorio Sgarbi.

Nonostante l’intensa attività sui social network, nessuno ha risposto ai proprietari. Eppure, interpellato dal sottoscritto, Maurizio Lupi aveva tempo fa promesso che, in caso di nuovi colpi di mano delle associazioni degli inquilini, avrebbe fatto sentire la sua voce. Forse sono i proprietari a non aver urlato abbastanza per richiamare la sua attenzione.

Nell’epoca dei social network, nessuno legge o ascolta le ragioni degli e degli altri: si gioca a chi la spara più grossa. Si guarda a quanti likes e commenti, composti o scomposti, ricevono i nostri post.

Non importa che in ballo ci sia la Costituzione e diritti violati: ognuno rimane attaccato alla propria banda e alla giacca di questo senatore o di quel deputato.

Nel frattempo, il tempo sta per scadere e la legge di stabilità, con il suo emendamento, sta per essere approvata. Forse per trovare ascolto, i web proprietari devono scrivere a Babbo Natale.

TAG: affitti in nero, costituzione, inquilini, locazioni, proprietari, stabilità
CAT: Governo, Legislazione, Partiti e politici

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