Dopo Napolitano un trono vuoto

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10 Novembre 2014

Quando la liturgia della successione, con i suoi riti immutabili e polverosi, sarà conclusa, a noi interesserà il nome. Il nome del prescelto, di colui che verrà eletto da un conclave ristretto e oscuro alla Presidenza della Repubblica.

Nel corso della storia repubblicana ben poche elezioni hanno tracciato un segno distintivo, così netto e dirompente con il passato, come la partita per il Quirinale che vivremo fra pochi mesi. E non sarà solo la cesura inevitabile verso il futuro prossimo né la conclusione magnifica di un destino personale, bensì l’archiviazione irrevocabile di una storia e di un modo di intendere e fare politica, che furono senza poter essere ancora. Senza poterlo più.

Non importerà, come sempre è importato in passato, da dove. Da quale ideologia, partito o potere provenga l’uomo. Surclassati dalla caduta del Muro, le prime, e dai partiti personalistici e teocratici, i secondi, conterà solo chi.

Chi sarà in grado di ricucire un’Italia strappata, avviluppata in una crisi sociale ed economica sconvolgente, ammorbata dalla vacuità di una classe dirigente impreparata, e che non riesce a risalire.
Chi sarà in grado di unire, oltre le sofferenze del Paese, un popolo diviso in una frattura manichea senza sfumature né vincoli generazionali fra tutelati e umiliati, protetti e sbandati, garantiti e abbandonati.
Chi sarà in grado di tener testa, senza subirla, all’onda lunga del renzismo, che durerà solo se e quanto si dimostrerà efficace.

Chi verrà non potrà solamente presiedere l’istituzione, ma sarà costretto ancora, nel solco del predecessore, a forzare il ruolo e le funzioni per supplire all’inerzia e alla difficoltà di trovare soluzioni concrete e immediate alla drammaticità della situazione, che l’impetuosità renziana, fatta per ora di slogan d’aria e propositi di carta, non è riuscita ad arginare.

Chi verrà dopo sarà emblema di qualcosa di diverso. Sicuramente, di altro. Ci porrà nudi di fronte alla paura della mancanza di padri da interpellare e di saggezza da ascoltare. Soli, senza più garanti. Ci dirà che è finita un’era politica e che, inarrestabile, ne sta cominciando un’altra, senza però anticiparci nulla sulle conclusioni.

A poco a poco stiamo abituandoci a convivere con la crisi, a prendere confidenza con l’abisso del vuoto. I nostri comportamenti sono mutati da tempo, come i ragionamenti e i pensieri. Ci hanno obbligato a ritenere che non ci sia fine alla meschinità della politica, che questa sia irrimediabilmente scavata nella praxis pubblica. Ci hanno costretto a non aver punti di riferimento né modelli cui ispirarsi. In poche parole, a non aver certezze in una sorta di agnosticismo civile, che appunto non riconosce alcuno.

Il futuro fa sempre paura, è inevitabile, ma questa volta di più perchè non potrà essere letto nel passato.
Non sappiamo ancora chi sarà, ma solo che qualcuno dovrà essere. Una pagina bianca di una storia tutta nuova.

TAG: giorgio napolitano, presidenza della repubblica, quirinale
CAT: Governo, Partiti e politici

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