Il “gioco” della scissione

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16 Dicembre 2014

Guardiamo alle scelte degli attori politici come a decisioni razionali: hanno obiettivi, possibili scelte, anticipano le conseguenze di queste scelte, ogni esito finale ha dei vincenti e dei perdenti.

Cerchiamo di leggere la situazione del PD attraverso questa logica: abbiamo due giocatori (la minoranza e Renzi) e ciascuno di questi ha delle azioni tra cui scegliere. Supponiamo che la minoranza decida di uscire dal partito, questo porterebbe la maggioranza di governo a perdere i numeri al Senato e quindi bisognerebbe o formare un nuovo governo o andare alle elezioni anticipate. Dati i numeri in parlamento ed i sondaggi è estremamente probabile che Renzi spinga per il voto e con la legge elettorale emersa dalla decisione della Corte Costituzionale (proporzionale con sbarramento) ed una campagna giocata sull’alternativa tra sé stesso e l’arrivo della Troika potrebbe ottenere una maggioranza in Parlamento, supportata dalla benevolenza di Forza Italia ed avere un partito parlamentare molto più vicino alla sua linea politica rispetto a quello attuale eletto quando il segretario era Bersani. Per la minoranza PD si tratterebbe di fondare un nuovo partito, affrontare le elezioni senza organizzazione e nel clima attuale eleggere un numero di parlamentari molto ridotto e probabilmente ininfluente. In questa situazione per la minoranza PD non è razionale fare la scissione e quindi preferisce rimanere in maniera criticamente all’interno del partito.

D’altra parte nemmeno Renzi ha interesse ad indicare la porta alla minoranza: le elezioni anticipate lo vedrebbero certamente favorito ma la certezza di una maggioranza nel nuovo Parlamento non c’è e quindi è meglio non drammatizzare la situazione e continuare come nell’ultimo anno.

Cosa potrebbe modificare questo impasse? Innanzitutto l’Italicum con la riforma del Senato: dato il forte premio di maggioranza, il PD renziano avrebbe la ragionevole certezza di avere la maggioranza alla Camera, mentre il Senato diventerebbe politicamente irrilevante. Mentre l’Italicum potrebbe essere approvato in tempi rapidi, i tempi della riforma del Senato sono molto lunghi essendoci una procedura rinforzata rispetto alle leggi ordinarie. Oppure un mutamento dell’opinione pubblica in un verso sfavorevole al governo potrebbe rendere meno probabile il ricorso alle elezioni anticipate (magari attingendo a parlamentari di passaggio da un gruppo all’altro per puntellare il governo, è di questi giorni la costituzione del gruppo comune NCD-UDC che potrebbe attrarre parlamentari dal centrodestra certi della non rielezione) e quindi dare più tempo agli scissionisti di fare un partito.

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CAT: Governo, Partiti e politici

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