Il pericoloso tiro alla fune di Zingaretti sul Sì al Referendum

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6 Settembre 2020

Zingaretti sbaglia. Sbaglia di grosso. Da qualche settimana, il Segretario del Partito Democratico ha deciso di trascinare la comunità dem sulle posizioni del Sì. Il velo di Maya è stato squarciato sul Corriere della Sera, con un’ intervista che certamente non passerà alla storia per essere la prova inconfutabile dell’acume politico del Segretario. Dopo quelle dichiarazioni, nei giorni successivi, Zingaretti ha ribadito, martellato, cercato di rafforzare, coagulare consenso e appeal intorno ad una presa di posizione che nessuno gli aveva chiesto. Ma niente. Giratosi indietro ha intravisto pochi sparuti, pur rispettabilissimi, dirigenti serrare le fila intorno alla posizione del Leader. Perché di questo si tratta: quella è la posizione del Segretario, non certo della comunità del Partito Democratico delle cui tensioni ideologiche, posizioni teoriche e visioni politiche sarebbe pur chiamato a tirare la linea di sintesi.

Zingaretti ha sbagliato pure i modi che in politica, come è noto, sono la metà dell’opera. Se oggi il leader del PD fosse ancora Matteo Renzi e se fosse stato il Senatore di Rignano ad anticipare la discussione che avrà luogo il 7 Settembre in Direzione Nazionale – de facto svuotandone significato e valore – questi sarebbe stato crocifisso in pubblica piazza cinque minuti dopo, accusato di vilipendio allo Statuto e tacciato di attentare, ancora una volta, alla vita collegiale e democratica del PD.

Il mite Segretario sta commettendo molti degli errori che portarono al sconfitta referendaria del 2016 ed alle conseguenti dimissioni da Segretario e Presidente del Consiglio dell’attuale Leader di Italia Viva. Con una manovra che il sempre lucido Macaluso ha definito semplicemente « stupida », stiamo assistendo alla progressiva assimilazione del destino del Governo all’esito del Referendum: una sciocchezza appunto. E lo ribadiamo senza timore d’essere incriminati per pleonasmi. Per di più, al goffo tentativo di rassicurare gli incerti con la promessa di insaldi correttivi, si va aggiungendo un’insana caccia ai dirigenti-dissidenti che sta esacerbando, come se ce ne fosse bisogno, gli animi all’interno del Partito.

Se si avesse l’umiltà di scendere dalle colonne dei giornali per varcare le soglie dei sempre più deserti Circoli del Partito si entrerebbe in contatto con una comunità smarrita, divisa, che non solo non si lascia abbracciare dalla goffa e instabile morsa del Segretario ma che, mai consultata, non ha nessuna intenzione di ingaggiare una battaglia senz’anima per il Sì. La galassia delle resistenze interne è vasta ed organizzata, annovera dirigenti locali e non, intelligenze, docenti di spessore e la forzatura di questi ultimi tempi l’ha rinsaldata e rafforzata.

Per carità di Patria, evitiamo di sperimentarci nel facile esercizio di commentare le sconcertanti difese d’ufficio che dirigenti del calibro di Paolo Gentiloni hanno imbastito pubblicamente per fare scudo al Segretario. Tuttavia non possiamo esimerci dall’accendere i riflettori su una vera tempesta interna che sta per scoppiare, tanto silenziosa oggi, quanto dirompente domani se qualcuno dovesse decidere di continuare a tirare la corda.

 

TAG: Nicola Zingaretti, No al referendum, Pd, politica, referendum costitituzionale
CAT: Governo, Partiti e politici

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