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Governo

Le Regionali Umbre, i candidati e le loro fantasie nazionali

di Enrico Cerrini
26 Ottobre 2019

La narrazione politica ha trasformato le locali elezioni umbre in un test nazionale, il cui esito potrebbe avere ripercussioni sul governo del paese. Si potrebbe pensare che la nascita del governo giallorosso abbia liberato la fantasia dei soggetti politici, ciascuno pronto ad accaparrarsi una fetta di notorietà. Liberi esperimenti da effettuarsi nella prima elezione significativa dall’insediamento del Governo Conte 2.
I politici e i media dovrebbero ricordarsi che ogni elezione ha una storia diversa, grazie alla volatilità dei flussi elettorali. Inoltre, le vicende umbre rendono particolarmente volubile un elettorato travolto da scandali e declino economico, a cui si aggiunge il disinteresse del governo per una regione considerata da Roma troppo piccola e complicata. Negli ultimi anni, Roma ha continuato a rivolgersi solo verso Assisi, patrimonio della chiesa cattolica, quindi universale.
Il centrodestra ha iniziato la corsa per decretare la rilevanza nazionale di questa tornata, con la speranza di dimostrare quanto l’attuale governo sia inviso al popolo. Mero tentativo di speculare su una vittoria che tutti davano per certa. La candidata è considerata una fedelissima di Matteo Salvini: Donatella Tesei, ex sindaco di Montefalco, paese di circa 5.000 anime nella provincia di Perugia, e oggi presidente della Commissione Difesa al Senato. La candidata è salita all’attenzione solo per le frasi sull’importanza della famiglia tradizionale, mentre l’alleanza a destra stenta a cementificarsi. Berlusconi e Salvini hanno difatti chiuso la campagna elettorale con due comizi separati.
Il centrosinistra si è mosso sulla difensiva per arginare la corsa leghista, applicando lo schema romano alla realtà locale, una chiara forzatura. L’operazione è riuscita parzialmente e in extremis, quando a Narni (non a caso la città umbra più facilmente raggiungibile da Roma) si sono palesati i leader della maggioranza. Matteo Renzi ha rappresentato l’eccezione, confermando la sua intenzione di essere la spina nel fianco di Giuseppe Conte. Gli altri hanno sostenuto il candidato Vincenzo Bianconi dopo aver dimostrato tutta la loro riluttanza, dipingendolo come un candidato fuori dai partiti e minimizzando il valore delle elezioni. Il lavoro di cucitura di Nicola Zingaretti ha permesso ai presenti di comprendere la necessità di sostenere compatti un candidato dopo averlo scelto a propria rappresentanza.
Claudio Ricci, ex sindaco di Assisi e candidato del centrodestra alle regionali scorse, si è posto come cuscinetto tra i due litiganti. L’uomo simbolo del centrodestra a trazione forzista, sostenuto da tre liste civiche, si è auto-dichiarato come l’unico vero candidato civico. Dopo la rinuncia di due possibili candidate giallorosse provenienti dalla città di San Francesco, si presenta come espressione del marchio Assisi, città di pace, distante dalla politica del rancore.
Se la destra appare compattarsi sulla candidatura leghista, a sinistra del PD è sorta una galassia di sigle che esprimono differenti tradizioni. Emiliano Camuzzi è il candidato di Potere al Popolo! e del Partito Comunista Italiano, liste idealmente vicine ai centri sociali e alla sinistra radicale precedente l’implosione del 2008. Rossano Rubicondi è un sindacalista espressione del partito comunista di Marco Rizzo, leader che non nascoste nostalgie sovietiche mentre guadagna lentamente consensi.
La giovane Martina Carletti è espressione del Fronte Sovranista Italiano, piattaforma di sinistra per il sovranismo costituzionale. Si distingue dalla destra sovranista non solo sul piano ideale ma anche per la curiosa chiusura della campagna elettorale con il Dugongo Show al caffè Natalini di Terni, evento descritto come “serata comico-politica con canzoni-parodia, sketch demenziali, lezioni sexy di filosofia e danze popolari”.
Il marasma creato dal ribaltone estivo sembra aver prodotto gli ultimi due candidati alla presidenza: il generale Antonio Pappalardo e il sessuologo Dr. Seduction, al secolo Giuseppe Cirillo. Il primo, con i suoi gilet arancioni, è espressione del populismo arrabbiato. Una carriera di lungo corso iniziata come sottosegretario nel governo Ciampi in quota PSDI, poi attivista del Movimento per le Autonomie di Raffaele Lombardo e infine leader di quel movimento dei Forconi che ha provato a scuotere il paese nel 2016. Oggi si candida dopo tante battaglie perse, incluso il tentativo di arrestare il Presidente Mattarella, con l’idea di stampare Lire Umbre, affermando di essere autorizzato direttamente da Mario Draghi. Sfortunatamente, la stessa autorizzazione ricorda l’importanza di far nascere nei cittadini la fiducia nel nuovo conio.
Giuseppe Cirillo e il partito delle Buone Maniere hanno il merito di aver condotto una campagna particolarmente godereccia, ricordando il partito dell’Amore della compianta Moana Pozzi. Cirillo sostiene i preservativi gratuiti e la costruzione di una fabbrica di profilattici per far crescere l’occupazione. Si è presentato al confronto televisivo vestito da striscia pedonale, sostenendo l’utilità di questi abiti per la sicurezza sulle strade. Ciliegina sulla torta, ha ammesso di aver filmato un rapporto sessuale con una suora durante un viaggio in Asia ed averlo caricato sulla piattaforma online youporn. Forse l’unica vera ventata di aria fresca di queste elezioni.

Umbria
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