Santucci:”Serve un Presidente autorevole,ma lo sceglieranno debole”

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28 Gennaio 2015

Simone Santucci è Capo Ufficio Stampa del Partito Liberale Italiano.


 
Come funziona l’elezione del Presidente della Repubblica? Chi sono i grandi elettori e chi li nomina?

«Come prevede la Costituzione, l’assemblea elettiva è composta da tutti i parlamentari più una delegazione di 3 delegati per ogni Regione, con esclusione della Valle d’Aosta che ne conta uno solo. I delegati regionali non devono per forza anche essere componenti del Consiglio Regionale. A tal proposito, vorrei ricordare che nel 2013 Matteo Renzi, all’epoca sindaco di Firenze, venne proposto dai suoi come grande elettore, senza, tuttavia, riuscire ad essere delegato».

Quali sono i quorum? dopo quante elezioni si abbassa?

«Per le prime tre votazioni servono i 2/3 dei componenti dell’Assemblea: coi numeri attuali servirebbero 672 voti. Dalla quarta votazione, il quorum si abbassa sensibilmente, poiché basta solo la maggioranza assoluta ossia, ad oggi, 504 voti. Il primo e il quarto scrutinio sono spesso gli scrutini decisivi per l’elezione: De Nicola nel ’48, Cossiga nel 1985 e Ciampi nel 1999 furono eletti al primo scrutinio. Einaudi, Gronchi e Napolitano nel 2006 furono, invece, eletti proprio al quarto».

Che figura di Presidente serve al Paese?

«Oggi la politica, quella che conta, si fa in economia e in politica estera. Napolitano in questo senso ha rappresentato una garanzia di stabilità per i mercati internazionali e un punto di riferimento per Europa e Stati Uniti, soprattutto durante l’ultima fase del Governo Berlusconi, quando il leader di Fi era ormai isolato e screditato nei consessi internazionali. Al Paese serve certamente un Presidente che possa garantire tutto ciò che è riuscito a garantire Napolitano. A Renzi e Berlusconi, un Presidente politico, che non sia forte né autorevole dentro il Palazzo e che non sia in grado, quindi di mettersi di traverso sulle riforme e sui futuri sviluppi del patto del Nazareno».

Il precedente “interventista” di Napolitano ha creato una frattura insanabile nel parlamentarismo italiano?

«Che ci sia stato interventismo è fuor di dubbio, ma chi parla di “eccezionalità” sbaglia e alla grande. Il Cossiga degli ultimi due anni, quando da “sardomuto” si trasformò in “picconatore” è un precedente. Come lo è stata la presidenza Scalfaro: basti ricordare la vicenda del “decreto Conso”, la nomina di Ciampi a capo del Governo e il ruolo che ebbe nel cosiddetto “ribaltone” del Governo Berlusconi. Se vogliamo, la presidenza Napolitano non ha fatto che continuare in un solco già tracciato dai suoi predecessori».

Ci sarà “coabitazione” o sarà espressione del renzismo?

«Se fosse anche un esponente dell’ortodossia renziana non credo proprio che rimarrà a guardare e a fare il notaio. Quando elessero Pertini e Scalfaro nessuno aveva previsto il ruolo fondamentale che poi avrebbero avuto. Tutti immaginavano che sarebbero stati al Quirinale a garanzia dell’establishment dell’epoca e, invece, tirarono fuori un carattere tutt’altro che conciliante».

Renzi ha i voti per spuntarla? Quali sono gli umori nel Palazzo?

«Renzi i voti ce li ha, ma non è nelle condizioni di rischiare. Può contare su una “riserva indiana” berlusconiana, una chance che Bersani nel 2013 non aveva. Non ha affatto intenzione di replicare i famigerati “101” perchè sa che in quel caso ci sarebbe il rischio di portare il Paese ad elezioni anticipate. Ma lo scenario che si sta aprendo in queste ore, dove il segretario Pd preferisce trattare con tutti tranne che con i suoi, potrebbe portare ad un frattura insanabile le correnti del Pd più vicine alla sinistra, che non hanno digerito il Patto renzusconi né l’agibilità politica, che Berlusconi ha di fatto già ottenuto».

TAG: Matteo Renzi, patto del nazareno, quirinale, silvio berlusconi
CAT: Governo, Quirinale

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