Apparĕo ergo sum

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1 Giugno 2024

Qual è il male del secolo nuovo? Non è il coronavirus e nemmeno la sindrome di Asperger, meno che mai l’escherichia coli o le unghie incarnate. È qualcosa di più sottile, più subdolo, perché porta a un’assuefazione inconsapevole e poi domina la psiche propria e altrui.

Si chiama sovraesposizione mediatica. Coinvolge tutti. O almeno quelli che vogliono farsi coinvolgere, essendo per lo più derivante da un atto di volontà.

Quella a cui vanno incontro i minori è assai pericolosa perché è determinata da un’assenza genitoriale nella vita dei figli, non perché non ci siano un padre e una madre o un genitore A o B, o altre figure tutoriali. L’assenza deriva dalla mancanza di comunicazione coi propri figli oltre che dall’incapacità di sorvegliare e intervenire prima che sia troppo tardi.

L’egoismo, l’inettitudine o la disattenzione dei genitori sono spesso la ragione principale di questo terribile flagello che, nel migliore dei casi, produrrà nuove generazioni di inetti, seppur preparatissimi a fare gli influencer: danno loro in mano un telefono e una playstation e vanno a fare le loro cose, lasciandoli incustoditi.

Ma non è della sovraesposizione dei giovani nelle reti sociali di cui voglio parlare, sebbene anche questa sia collegata alla più diffusa sovraesposizione degli adulti.

Ciò che vorrei far percepire ai miei lettori è che l’esigenza di essere, di mostrarsi, di apparire, è diventata, oggi, quasi cartesiana, imperativamente: apparĕo ergo sum. Esisto solo se appaio. Per gli adulti più che per i giovani. Adulti, poi, almeno per ciò che s’intende oggi per adulto. Un tempo all’adulto era richiesta la qualità di maturità, che non era semplicemente cronologica ma era un abito fatto di comportamenti, riflessioni, posatezza, insomma una bella rosa di virtù che sembrano disperse come tutto ciò che conteneva il vaso di Pandora. Forse proprio per quello. Non c’è più manco la Speranza, via, andata.

È un fenomeno che riguarda il mondo intero, sebbene nel nostro paese abbia raggiunto vette ineguagliate, soprattutto nel campo della politica, anche perché la politica spettacolo l’ha iniziata Silvio Berlusconi, ce lo ricordiamo tutti, è ancora molto recente. Forse tra una ventina d’anni Meno male che Silvio c’è sarà come una canzone vintage, sì, c’è stata anche quella, chissà com’è stato possibile, però era divertente, eccetera. Un po’ come il dadaumpa, che comunque ha fatto storia.

La sovraesposizione sottindende una qualità che in realtà è una patologia, almeno a certi livelli, ossia il narcisismo. Anzi, l’esasperazione del narcisismo. Ne abbiamo esempi su esempi, e il bello è che non tutti quelli che si esibiscono massicciamente anche più volte al giorno, prima e dopo i pasti, su tutti i social, le tv, le radio, i cartelloni stradali, e così via, se ne rendono conto. Assolutamente no. Buona parte dei ricettori finali di questa sovraesposizione mediatica, ossia gli elettori-consumatori, nemmeno. Altri sì, e, per salvarsi spengono la tv o si rifugiano negli hobby, snobbandoli, cosa inammissibile per un narcisista compulsivo.

Ieri parlavo dell’esibizione narcisistica di Giorgia Meloni, che ci ha informato pubblicamente fin dall’inizio, appena è diventata qualcuno, ma anche prima, che lei era Giorgia, una donna, una madre, una cristiana, e, dall’altro ieri, anche una stronza. Crede, con queste affermazioni egotiche, di arrivare direttamente al cuore della gente. Come a dire come io sono Giorgia eccetera tu sei Antonio, sei un uomo, un padre (forse), italiano e così via, facendo traslare la sua identità in quella altrui, una sorta di possessione diabolica. Non solo. Quando Giorgia ti dice sono questo e sono quello, ti guarda negli occhi dalla sua icona, come se ti desse il privilegio di farti sentire protagonista insieme a lei. Georgia on your mind, They all sigh and wanna die for sweet Georgia Brown. Ma pussa via!

Questa sovraesposizione della sua immagine, che si sovrappone a tutte le sue immagini precedenti, creando anche una certa confusione nell’osservatore, perché uno poi si dice ma è la stessa Giorgia che ha detto questo e quell’altro e che ora dice altre cose, ma quella del cartellone è la stessa che si è mostrata in tv o è un’altra, a me non mi pare, beh sì, sai oggi con Photoshop si fa di tutto, seh, Photoshop, come sei antica! Oggi ci sono altre app che ti fanno diventare Claudia Schiffer, forse no, troppo vecchia, diciamo Rayana Negrine o Mathilda Gvarliani… e così via.

Non sembra la stessa, come non sembrava mai lo stesso anche Berlusconi, sempre un trucco diverso, da un certo punto in poi ha esibito capelli che non si è mai capito se fossero disegnati, tatuati, parrucca, una proiezione a distanza, un incantesimo.

La sovraesposizione porta anche a questi inconvenienti di riconoscimento, almeno basandosi sulla figura, e porta anche a un’idealizzazione del soggetto, l’idolo di turno, una cristallizzazione della sua immagine nella mente.

Ma è anche ciò che viene detto, nelle fasi delle varie esposizioni, ad essere importante, almeno per gli osservatori più acuti.

Il disfacimento fisico e idiomatico, oltre che uno scombussolamento ideologico, che ha caratterizzato Matteo Salvini, uno dei più pervicaci sovraespositori di sé stessi, ha portato prima un grande successo e poi, appena andata via la Bestia che gli forniva i copioni da recitare, una parabolica caduta, Ascesa e caduta della città di Mahagonny.

Il successo era determinato da una produzione illimitata di felpe parlanti e di selfie con qualsiasi specialità gastronomica della penisola, tutto buono, tutto ottimo, tutto personalmente assaggiato da colui, che fosse la luganega, la piadina, l’arancina, l’oliva ascolana. Poi le citofonate, anche quelle esibite come modello comportamentale, le serate al Papeete e così via. Sempre momenti in cui non lavorava, peraltro, un pessimo esempio da esibire se vuoi giustificare lo stipendio che ti viene pagato dagli italiani, io ti pago e tu ti strafoghi.

Infatti adesso il Matteo nazionale è ai minimi termini, pure schifato dai suoi che lo hanno rinnegato perché troppo vicino ai neofascisti quando non ai neonazisti, e ha bisogno della figura del generalone alfa, iperneofascista, per esibirsi ed esibire la nuova faccia della Lega, sempre più impresentabile. Molti pensano che dopo le elezioni europee Salvini, finalmente, sparirà in un puff! Lo speriamo in molti.

È arrivato a questo punto perché le cose che aveva da dire le ha esaurite tutte, rivelandosi delle bufale, e le persone che credevano in queste ultime, facilmente verificabili, si sono sentite prese in giro.

Tuttavia, il capitan de’ capitani conserva il suo posto di ministro per le infrastrutture e pure la posizione di vicepresidente del consiglio dei ministri, che significa che anche al presidente, alla fine, importa poco ciò che dice o che fa lui. Bisogna tollerarlo e bona l’è. Coi nostri soldi.

Il narcisismo è assai rischioso perché sfugge facilmente di mano, anche ai manager dell’immagine, che poi, soprattutto oggi, in cui c’è la moltiplicazione istantanea e virale del messaggio, può portare all’effetto antagonista: il pubblico, bombardato da immagini senza interruzione, si annoia presto e, o si è straordinariamente fantasiosi e ci s’inventa sempre un personaggio nuovo da esibire, oppure, quando non ci sono più sorprese, il declino è alle porte.

Questo è particolarmente evidente nel mondo della politica, dove la necessità dello scontro è pane quotidiano e, spesso, questo scontro è un rincorrersi di esibizioni, oggi sempre più scadenti, perché il linguaggio e i ruoli si sono confusi e degradati. Soprattutto, in quei soggetti, c’è un’assenza di cultura veramente abissale. Cultura varia, di qualsiasi tipo, anche la cultura pop, a cui sembrano ispirarsi i più. Proprio non c’è. Spesso sono già superati dalla velocità della realtà.

“Io sono quella stronza della Meloni” è sicuramente un modo per emergere che colei esprime e che sicuramente può impressionare le curve dello stadio che lei vuol cercare di catturare ma, allo stesso tempo, respinge un elettore che magari ricercherebbe un certo decoro istituzionale che una che urla Dio Patria e Famiglia, quindi un territorio conservatore, anche del linguaggio, dovrebbe rappresentare. Assomiglia un po’ al me ne frego del Duce, fa rétro, fa tanto nostalgia. Fa parte, soprattutto, del narcisismo e dei comportamenti da influencer che ha contaminato anche la politica.

Non solo da noi, beninteso, basti solamente vedere i comportamenti infantili e sguaiati di Donald Trump, in qualsiasi occasione, dove lui deve dimostrare che ha comunque ragione e chi è contro di lui ha torto, nonostante  le condanne. E lui di sovraesposizione è un maestro perpetuo, abituato a stare sempre al centro dell’attenzione e a proferire le sue minchiate, come se si trovasse costantemente in una festa dove tutti sono ubriachi. Oppure della sicumera che hanno ostentato Boris Johnson e Nigel Farage nella vicenda della Brexit, una delle peggiori recenti catastrofi economico-sociali del Regno Unito che ha avuto forti ripercussioni anche nel resto d’Europa. Dopo l’exploit, Johnson e Farage, quasi scomparsi, oblivion soave.

Il narcisismo cronico e i soldi illimitati scatenano la sindrome d’onnipotenza e si crede di avere sempre ragione. Faceva lo stesso effetto a Berlusconi, lo fa a Putin e ai suoi oligarchi, e lo faceva anche a Chiara Ferragni, stesso meccanismo. Io sono, io sono, io sono. Io sono un idiota e l’ira funesta dei followers non perdona.

Matteo Renzi è un altro che ha pagato la sua sovraesposizione, e, dopo un primo iniziale successo, per la novità che rappresentava (per chi non lo conosceva), perché voleva rottamare un passato ingombrante e legato a una concezione della politica arcaica e accentratrice, salvo poi ripercorrerla proponendo sé stesso e la botticelliana Maria Elena Boschi come le promesse del futuro, ha avuto una caduta verticale dopo il suo referendum dove voleva apportare nientemeno che riforme alla Costituzione. Ma mi odiano così tanto? E perché? Si chiese il giorno dopo l’esito disastroso. Perché sei stato troppo prezzemolo in ogni piatto, hai un ego ingombrante e non hai saputo resistere a fare un passo indietro ogni tanto. Perfino adesso, che non è praticamente più nessuno, pur che si parlasse di sé, ha dovuto inventarsi che i suoi amici della famiglia reale saudita stanno imbastendo il nuovo Rinascimento, e un fiorentino di Rinascimento se ne intende. Seh, come no. Addirittura ha voluto condurre un documentario su Firenze, facendo la guida, pur non essendolo. Povera Firenze. Il culto della personalità, pisciando fuori dal vaso, come quasi tutti.

Per esempio, uno che conosce il momento di tirarsi indietro è Rosario Fiorello, che sa farsi desiderare e tirare la corda finché, quando capisce che il suo pubblico è maturo per un ritorno in scena, rientra in pista e non sbaglia mai uno spettacolo. E il pubblico lo adora perché assapora le sue gag dopo un periodo d’astinenza e non va mai in overdose.

Ma Fiorello è una mente fina. Gli altri sono dei guitti di ultimo rango, immersi nel proprio narcisismo tossico, intenti solo a rubarsi elettori l’un coll’altro e a prendersi gioco degli elettori stessi, anche di quella gente che li ha votati. I quali elettori, quando scoprono il giochetto, li abbandonano e allora non ci sono più i sessanta milioni di figli di Salvini o le promesse di Renzi. Di Meloni resterà solo quella stronza della Meloni e basta, anche perché non c’è nient’altro, solo fumosi comizi dove si ripetono slogan e vittimismi, sia per il fatto di essere donna, insultata e maltrattata, sia per avere sempre un nemico da combattere (cosa che l’accomuna al delirante Trump, che vede nemici ovunque). Anche perché tutte le falsità che racconta prima o poi, pur se imbellettate dai suoi vassalli della comunicazione, rivelano la loro vera natura. Avete mai sentito parlare Giorgia Meloni dell’immenso patrimonio culturale che l’Italia custodisce di come gli italiani dovrebbero fruirne e farne parte, vista la fortuna che abbiamo a possederlo? No, perché non lo conosce, lo ignora, non le interessa. È troppo concentrata su di sé.

Coloro che si sovraespongono con saggezza sanno che bisogna farlo a piccole dosi per poterlo prolungare nel tempo, altrimenti l’effetto sbalordimento non può esserci. È in agguato l’effetto di stufarsi e, se accade, poi è molto più difficile risalire la china. Anche l’uscita Io sono quella stronza di Giorgia Meloni è d’effetto, certamente, ma quanto mai inopportuna in una visita ufficiale. Chi ci guadagna è De Luca, anche lui narcisista compulsivo ma, almeno, assai divertente, che, infatti, il giorno dopo, se ne esce prendendo atto dell’autocoscienza della Meloni.

A me piace vedere i tonfi di certi stolti politici, mi diverte, anche perché poi ci sono gli imitatori che esasperano le parodie. Non è per crudeltà nei loro confronti, per carità, ma è proprio perché la loro prosopopea è veramente molesta, soprattutto quando pensi che sono stipendiati colle tue tasse.

Ma cosa accade nel dettaglio nel comportamento narcisistico portato alle estreme conseguenze? Il narcisista, specialmente se ha molto potere, droga le sue vittime con quello che si dice gaslighting ossia manipolarle fino a far loro dubitare della realtà che percepiscono. Il termine deriva dal titolo di un film, Gaslight (Angoscia, 1944), di George Cuckor, dove un marito vuol portare la moglie alla follia manipolando piccoli dettagli della realtà, come, per esempio, alterando l’intensità dell’illuminazione a gas, facendole credere che sia solo lei a notare questa variazione, e quindi a dubitare sempre di più di sé stessa.

La vittima del gaslighting ha un’autostima sempre più scarsa e delega il suo idolo a salvarla per la propria sopravvivenza e può passare molto tempo prima che si renda conto del gioco di ruolo in cui è caduta. Accadde, esempio eclatante, con Mussolini, alla fine del suo Ventennio, appena la realtà delle bombe angloamericane risvegliarono la coscienza degli italiani facendo notare che forse Vincere! era una bufala.

È esattamente ciò che fanno i politici colla loro immagine. Berlusconi ha fatto scuola, manovrando la realtà e mostrandosi come il salvatore delle vittime, ossia i suoi elettori. Lui aveva a disposizione i potenti mezzi dell’informazione, reti televisive, case editrici, e così via, quindi è stato abbastanza facile per lui, mentre le sue vittime erano esasperate da decenni di governi a guida democristiana insozzati di collusioni mafiose che avevano mandato a rotoli il paese. Ha fatto loro credere, attraverso il gaslighting, che lui avrebbe risolto i problemi dell’Italia e la maggior parte degli italiani gli ha creduto, credendo anche che chiunque ne dubitasse fosse un comunista miscredente, bollandolo coll’orribile aggettivo, e, più o meno larvatamente, rivalutando in maniera subdola l’essere fascista, camuffandolo, da cui l’attuale deriva in cui ci troviamo. E rivalutando anche il ruolo della mafia, non dimentichiamo il giardiniere, Dell’Utri, e tutta una serie di personaggi orbitanti intorno all’ex cavaliere.

Si è circondato di alleati come Alleanza Nazionale, ossia i neofascisti, che poi si sono travestiti variamente fino ad arrivare ai Fratelli d’Italia, farfalle tricolori che nascondono la loro vera natura nerissima, e ha fatto credere alle sue vittime, ossia gli elettori, che il male assoluto fosse, appunto, il comunismo.

D’altro canto, Berlusconi proveniva dalla Propaganda 2 (P2), la loggia massonica deviata, al seguito del fascistissimo Licio Gelli, che aveva il suo programma per impadronirsi del potere e riportare l’ordine rinfrescando un’ideologia fascista o neofascista, imbellettata. Così il signor B. ha guarnito la realtà con scenografie e ballerine svestite per illudere le vittime che il mondo che lui proponeva fosse una sorta di paradiso edonistico e molta gente, esasperata e triste per le continue crisi d’ingovernabilità e le difficoltà quotidiane, ha voluto credere in questo sogno scintillante proposto dall’uomo del futuro: un milione di posti di lavoro, meno tasse per tutti, il presidente operaio, e le solite minchiate di propaganda.

Gli attuali narcisisti della politica hanno trovato la strada spianata perché ormai l’attenzione critica delle vittime, ossia buona parte degli italiani, era annientata. E hanno voluto utilizzare lo stesso metodo, non avendo però il carisma e i mezzi dell’ex cavaliere d’Italia che, gli va riconosciuto, aveva un repertorio molto ampio di barzellette da bar sport. Copie sbiadite che credevano che, facendo come lui, avrebbero mantenuto facilmente quel potere che le vittime anestetizzate avevano loro conferito nel sistema democratico italiano, cercando di cambiarlo, spesso riuscendoci, in maniera sempre più restrittiva e confusa, con leggi elettorali via via più schifose.

L’ultima manipolazione che sta provando a fare Giorgia Meloni, ossia il famoso premierato, l’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri, è l’ultimo atto prima del ritorno del potere assoluto in mano a una persona sola. Il Parlamento sarebbe in pratica esautorato, così come il Presidente della Repubblica, svuotati entrambi di senso. Il sogno di Berlusconi, ossia di Licio Gelli, ormai tutti morti: il ritorno di un nuovo fascismo travestito da potere al popolo. Ultimi vagiti di un capitalismo che ormai è superato anche quello.

In tutto questo Yanis Varoufakis, economista dal cervello molto acuto e osservatore attento della contemporaneità e delle sue distorsioni, ci avverte che il capitalismo è finito, un Minotauro che è arrivato anche a divorare sé stesso, e che, secondo lui, è in atto un feudalesimo big tech, sottile, visibile ma non percepibile da tutti. I feudatari sono Jeff Bezos, Elon Musk, e pochi altri e i feudi sono Amazon, Deliveroo, eccetera.

Le figure nostrane che si esprimono nella loro sovraesposizione sono anch’esse coinvolte nel vortice del nuovo feudalesimo ma non se ne rendono conto, parlano e si comportano secondo moduli arcaici non intravedendo la propria fine, facilitando la trappola tecnologica in cui tutti stiamo andando seguendo pifferai magici.

La truffa ai danni del cittadino continua in questa sovraesposizione macchiettistica e infantile dei nostri politici che, molte volte, sfugge loro di mano perché non hanno una grande preparazione culturale ma solo un arrivismo e un revanchismo che li annebbiano e fanno loro perdere il controllo.

Così si alternano figure da cabaret che vogliono rottamare oppure ridare l’Italia agli italiani (Prima gli italiani!) usando l’Europa come spauracchio, come divoratrice di sovranità, non rivelando mai, o facendo dimenticare, che l’Italia, dopo la seconda guerra mondiale, è sempre stato un paese a sovranità limitata. E le vittime del narcisista ci stanno, proprio perché sono state ingannate da lui stesso col gaslighting.

Si leggono in rete, su profili sociali di fans, pietose letterine a Giorgia Meloni come se fosse Babbo Natale, o forse, più adatto a lei, la Befana. Ma non sono lettere di ragazzini bensì di persone di quasi settant’anni. D’altro canto c’erano anche persone mature che cantavano meno male che Silvio c’è, inquadrate negli ultimi comizi dell’ex cavaliere, ignari di ciò che stavano facendo.

La sovraesposizione di questi orrendi individui ha funzionato, facendo disamorare alla politica una bella fetta di elettorato che ormai non vede più l’utilità del voto mentre chi ancora ci crede è convinto che Giorgia Meloni, prima donna a diventare presidente del consiglio, occasione sprecata, sia davvero la salvatrice del Paese, facendosi avvolgere sempre più nelle spire del serpente.

La sovraesposizione, però, non saputa fare, spesso si rivela controproducente. L’uscita “orgogliosa” di Meloni a Caivano, accuratamente ripresa dalla Bestia di turno e diffusa su tutte le reti possibili e immaginabili, dove lei rivendicava il suo diritto di replica a un’opinione del governatore della Campania (quest’ultima, peraltro, espressa a porte chiuse, pur inoltrata ovunque in seguito), aveva tutta l’aria di essere quasi una vendetta da mangiare fredda. Mostrava l’irresistibile attrazione dell’affermazione del proprio ego oltre i limiti di un linguaggio consono e appropriato alla figura che colei ricopre e, soprattutto, che era espressa in una manifestazione ufficiale, è questa la differenza. Era un conflitto infantile, alla fine, non una manifestazione di maturità e di responsabilità. I malati di ego sono così, bambini col giocattolo del potere in mano.

Il narcisista compulsivo e chi lo guida non fanno mai i conti coll’immagine complessiva che ne vien fuori perché immaginano che ormai possono fare tutto ciò che pensano, solo perché hanno il potere e sicuri che le vittime siano anestetizzate. Il “purché si parli di me” ha anche risvolti negativi, a volte. Mai sopravvalutarsi troppo.

Meloni non è scelta dalla maggioranza degli italiani ma solo da una minoranza di elettori, poiché un’altissima percentuale di elettori a votare non ci va più, proprio perché disgustata da questa politica inutile e perniciosa. È questa parte invisibile di elettori che, prima o poi, determinerà la sua caduta, sperando che si facciano avanti rappresentanti più degni. I danni, purtroppo, continuano a essere fatti.

L’ego va tenuto a bada, lo stadio dello specchio, non risolto, può provocare guai profondi e alquanto sgradevoli. Credo che alle europee ne vedremo delle belle.

Se Dino Risi volesse fare un’ennesima galleria di mostri attuali avrebbe tanto materiale a disposizione.

 

 

 

 

 

TAG: berlusconi, Caivano, de luca, feudalesimo tecnologico, media, Meloni, narcisismo, patologia, salvini, slogan, sovraesposizione, stronza, varoufakis
CAT: Governo, Psicologia

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