Piove. Governo ladro!
Può dar fastidio, certo. Assolutamente.
Non è una bella cosa vedersi inondati nuovamente a distanza di pochi mesi, dopo che si è cercato di recuperare e di ricostruire ciò che era andato perduto colla precedente alluvione.
Ma, se dovessimo andarci colla logica, appurato che un paese, una città, un insediamento industriale o altro si trovano in una zona soggetta a inondazioni, o ad acqua di risalita o ad altre calamità come frane eccetera, in un’epoca di così “radicali” cambiamenti climatici, non sarebbe forse più saggio migrare in altri luoghi un po’ più sollevati rispetto alla riva dei fiumi e dei torrenti?
La logica imporrebbe un ragionamento adeguato: appurato che il terreno è sotto il livello del fiume e l’argine è stato già superato più di una volta, o si alza l’argine di altri dieci metri, per tutto il corso del fiume, oppure si sloggia e si cerca un altro posto in collina. A volte non basta nemmeno un argine più alto. Guarda cos’è successo in Giappone, dove avevano innalzato barriere anti-tsunami che sono state bellamente oltrepassate da onde assai più alte del previsto. Vale anche per le inondazioni fluviali perché non si sa mai quanta pioggia cadrà. La natura è imprevedibile, è una questione di logica e di prudenza.
Non è facile in un territorio così densamente urbanizzato e coltivato come la pianura emiliano-romagnola, in gran parte strappato alle paludi diversi anni fa ma con una tendenza a saturarsi presto d’acqua quando la pioggia è un po’ più insistente e, soprattutto, quando c’è una politica della salvaguardia dei fiumi e delle dighe ormai inadeguata alle moderne intemperie. Diciamo che, forse, la prudenza avrebbe dovuto indurre a non fidarsi e non urbanizzare alcune zone e non impiantarvi insediamenti commerciali o industriali, rendendo il terreno impermeabile.
Difficile trasferire intere città e lasciare indietro le proprie case colle macerie dei propri ricordi. Cosa che prima o poi, comunque bisognerà fare se è vero, come ci dicono allarmati da più parti, che il mare inghiottirà le coste e i punti più bassi entro pochi decenni.
Non è la prima volta che succede, d’altra parte, nella storia del pianeta. Ci sono città sommerse colle loro rovine, mondi subacquei che ci parlano di un passato un po’ più secco o freddo, dove poderosi ghiacciai godevano ancora di buona salute e quindi trattenevano le acque che poi hanno inondato il pianeta. O forse movimenti tellurici di una certa rilevanza hanno fatto sprofondare il suolo proprio lì. Un lascia e piglia ciclico, il mondo funziona così, ha un’anima endogena e un’alta esogena che lo modellano.
Comunque la natura ha ricordato ancora una volta che lì, nelle zone alluvionate, l’acqua trova un suo domicilio preferenziale, permanente o perpetuo, perché il terreno mostra di non riuscire ad assorbire più di tanto.
Il dilemma non riguarda solo l’Italia. Anche altre parti d’Europa soffrono della stessa sindrome. Significa che la superficialità degli enti preposti alla difesa e manutenzione del territorio è simile dappertutto, colpevolizzare solo i nostri amministratori locali è fuori luogo, è un’ignoranza diffusa, forse meno altrove, ma se Atene piange Sparta di certo non sghignazza.
La superficialità con cui si considera la memoria storica dei territori è diffusa dappertutto. È invece è proprio quella che va studiata e tenuta in considerazione ma i mandati amministrativi sono troppo brevi per poter veramente interessarsi a una corretta conoscenza e una seria amministrazione del territorio e si lascia la patata bollente ai successori, tanto, nella maggior parte dei casi, gli elettori sono scontenti di chi ha governato. Così per i nuovi venuti è facile dare la colpa ai predecessori.
E, ad ogni modo, l’intensità dei nubifragi è stata talmente forte che perfino in Olanda, dove sanno bene come gestire le acque in un territorio in depressione, hanno avuto inondazioni.
Atteggiamento comune, si diceva.
D’altro canto anche adesso, nonostante gli esempi negativi di edilizia selvaggia su molte delle coste italiane, in Albania, per via del boom del turismo, sta accadendo la stessa cosa; e così è avvenuto in Spagna, dove, alla fine del Novecento, vent’anni dopo che da noi, si sono costruite urbanizzazioni, con conseguente desertificazione del suolo e un consumo d’acqua insostenibile. Con un’edilizia abbastanza scadente, quelle urbanizzazioni hanno, peraltro, creato gli stessi identici problemi che abbiamo avuto noi in precedenza, sfregiando con spazzatura edilizia coste che erano ancora incontaminate.
Gli errori degli altri (i nostri) non insegnano niente anche perché il profitto immediato è l’unico scopo di tutti.
È il sistema capitalista, non c’è niente da fare. Che poi, per fare un altro esempio di un paese lontano da noi, innestato paradossalmente su un sistema comunista come quello cinese, il capitalismo produce un ibrido foriero di altri disastri: produzione, produzione, produzione ad ogni costo. Che significa urbanizzazione, urbanizzazione, urbanizzazione. Che significa consumo, consumo, consumo. Che significa rifiuti, rifiuti, rifiuti. E la natura poi protesta e presenta il conto.
Può dare fastidio, molto fastidio.
Non si può pretendere un granché quando i governi sono formati da gente impreparata ad affrontare qualsiasi cosa, dalla sanità all’istruzione, dall’ambiente ai lavori pubblici, dal turismo all’industria. Il profitto immediato è ciò che il governo deve mostrare all’elettore, anche camminando sui cadaveri, non ha importanza, vale per qualsiasi Stato.
L’elettore, spesso, proprio per la mancanza di candidati presentabili e competenti, preferisce non andare a votare perché tanto, poi, coi sistemi elettorali che abbiamo avuto, in particolare il Porcellum e l’Italicum, peraltro parzialmente anticostituzionali, restano a governare le solite teste vuote. E anche se il Rosatellum ha tagliato parte dei parlamentari e dei senatori, il problema della qualità degli eletti resta.
Sia a sinistra sia a destra, sia al centro o in alto a sinistra e poi a destra, tirare lo sciacquone, per cortesia.
Come si fa quando un ministro della Protezione Civile, che è stato pure presidente della Regione Sicilia, dice che le dighe siciliane devono essere liberate dai fanghi e dagli accumuli e collaudate? E lui quand’era presidente dov’era? Non lo sapeva? Perché non l’ha fatto?
Diventerà bellissima, si chiamava il suo partito. La candidata era la Sicilia che, sotto la sua guida, avrebbe fatto il salto estetico di qualità per essere eletta miss Universo. Si chiama demagogia, a casa mia e credo anche in casa d’altri. E, sia allora che il grillo parlante era presidente della regione, sia adesso che è ministro, il suo stipendio è pagato da tutti noi. Sempre, tutti gli stipendi degli amministratori pubblici sono pagati dai cittadini. Per avere questi risultati?
Ma le ultime piogge sono state veramente torrenziali e poco o nulla è stato fatto per modificare il territorio per una difesa dalle acque meteoriche. È pur vero che in certi casi è impossibile senza scelte radicali.
Le alluvioni, in Italia, purtroppo non possono essere evitate ma, forse, un po’ mitigate, sì. Ci sono regioni come l’Emilia-Romagna, il Piemonte, la Toscana, la Campania e la Calabria esposte più di altre al rischio idraulico. Lo dice l’ISPRA. Altro che siccità, l’Italia è uno dei paesi dove piove di più e dove l’acqua si perde o provoca disastri.
L’Asilo Infantile Montecitorio si comporta come al solito, la colpa è tua, i soldi non te li do perché dovevi pensarci tu, ma se non avete erogato niente, e la pioggia qui, e la pioggia là, e il cambio climatico e la punizione divina per i vostri peccati e tirituppi e tiritappi. Senza capire minimamente cosa fare perché non c’è alcuna competenza. I problemi contro cui lottare sono la sostituzione etnica, la denatalità, la famiglia non “tradizionale”, i diritti, la cittadinanza agli stranieri, i ponti sugli stretti e altre minchiate.
Il blablà della politica dovrebbe far riflettere gli elettori e farli rivoltare, andando nelle sedi dei partiti, quelli in cui credono d’essere più rappresentati, per parlare al segretario e dirgli: guardate che noi non siamo contenti di queste candidature, se continuate così il mio voto ve lo scordate, o scegliete persone competenti e la smettete di distrarre il popolo colle vostre telenovelas da quattro soldi oppure il prossimo film sarà con voi che scappate inseguiti da noi, e promettiamo che sarete ripresi dai nostri telefonini e spalmati sul web, con nomi e cognomi. E, per favore, non proponeteci la minestra riscaldata di Renzi e Calenda, con codazzo di Gelmini (quella del tunnel svizzero-abruzzese) e Carfagna, perché ormai hanno fatto il loro percorso e hanno dimostrato il loro (non)valore: puniti alle europee, scomparsi. Altro che Rinascimento Arabo. Questo dovrebbero dire gli elettori a Giorgia Meloni, a Matteo Salvini, a Giuseppi, a Elly Schlein e a Tajani. Non se ne pole più.
Invece no, la politica è talmente distante dalla gente che il capo partito del governo impone i suoi parenti e famigli, almeno fino a ora, e mai come in questo governo si è visto un simile familismo.
Può dare tanto, tanto fastidio, soprattutto a chi perde casa, lavoro e il resto. Perché, come diceva Totò: “E io pago”.
Ma il gigante, come si dice, ha i piedi di sabbia e non regge più, non era ancora successo niente di questa ridicola pantomima familiare quando si è votato alle europee. Se fosse successa prima probabilmente io sono Giorgia si sarebbe tramutato in io sono una disgraziata improvvisata che si è fidata troppo di sé stessa e dei suoi parenti, miserere mei, Domine.
L’autunno s’inoltra, il fango sale, come la nebbia agl’irti colli, la pioggia nel pineto pure, e fosche nubi ci sta regalando la Niña. Musumeci forse dovrebbe andare a spalare il fango per primo, così, per dare l’esempio, anziché dire di fare le polizze assicurative contro i sinistri. Protezione da chi e da che cosa? Civile? E dove sarebbe la civiltà? Dove sono le vasche di laminazione, naturalmente progettate con parametri diversi, considerando i cambiamenti climatici? E la rinaturalizzazione? Le demolizioni dell’eccessiva cementificazione che impermeabilizza il terreno? Perché s’interviene in maniera puntualizzata e localizzata e non tenendo presente il bacino idrografico di riferimento?
Ricordo un’Ombretta Fumagalli Carulli, buonanima, che andò nel Piemonte inondato, all’epoca in cui era sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (governo Berlusconi, 1994) con delega alla Protezione Civile, cogli stivaletti lucidi firmati e l’immancabile foulard, attrezzatura idonea per stare in mezzo al fango: fu l’immagine di lei che scendeva dall’elicottero, in tv, mentre un pompiere cavaliere le porgeva la mano per appoggiarsi. Inadeguata.
La destra è sempre quella.
Giovanni Toti, ex Forza Italia ma appoggiato dai vecchi compagni di partito, ha patteggiato, addirittura, ammettendo quindi la sua colpevolezza per i reati attribuitigli. Mandategli una bottiglietta di fango romagnolo, gli farà piacere. Potreste richiedere, con una petizione, che, tra i lavori socialmente utili ci sia anche spalare il fango seppure in un’altra regione.
Ricordo anche, accidenti alla mia memoria, che i reali di Spagna, quando ci fu l’attentato alla stazione di Atocha, furono i primi ad arrivare a dare conforto ai feriti e alle loro famiglie. Arrivarono prima di tutti. Forse per un senso di responsabilità maggiore nei confronti dei sudditi che li pagano otto milioni di euro all’anno, chi lo sa, non ha importanza se sinceri o no, lo hanno fatto.
Qui le apparizioni mariane sono state assai poche, si pontifica dal proprio ufficio, senza neanche il comodo sterrato per raggiungerlo.
Può di certo dare fastidio anche questo.
Se ci pensassimo bene e ci mettessimo nei panni di un abitante delle province romagnole colpite da meteorologia avversa forse potremmo intravedere qualcosa in più.
L’inerzia di chi, stipendiato da noi, ci chiede di pagare le tasse, e che non le chiede ai riccastri, in opposizione all’operosità della gente che perde tutto, per esempio. L’inerzia della burocrazia e delle carte che non vengono spostate che da una scrivania all’altra mentre la gente s’illude che qualcuno stia pensando a risolvere i problemi. L’inerzia come modello di vita parlamentare.
Immaginiamo coll’autonomia differenziata in azione cosa succederebbe, con burocrazie supplementari (sempre pagate da noi), competenze nuove, opinioni di campanile, corruzioni locali, incapacità di utilizzare fondi europei. Nuove inerzie. Si salvi chi può.
Chissà come andrà buttata via st’autonomia differenziata, in che bidone, se se la vengono a prendere a casa, o se bisognerà portarla all’isola ecologica, o metterla nel compostaggio coll’umido. Perché di sicuro andrà buttata via, pur appena comprata, dopo il referendum. È come quelle cose di scarsa qualità fatte in Cina, nasce già male.
Ecco, elettori, avete visto che succede a mandare al potere personaggi come Calderoli (quello del Porcellum anticostituzionale, per l’appunto, così come dell’autonomia differenziata), Meloni, Salvini? Ci avete riflettuto? Continuate così.
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