La tragedia come eucarestia, o come elemento di cronaca che muove a compassione

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27 Febbraio 2023

Il vecchio peschereccio in legno ce l’aveva quasi fatta. Per quattro giorni, col suo carico umano, aveva resistito alle intemperie, alle mareggiate, al freddo delle notti. Un’attraversata proibitiva, oltre mille miglia, da Smirne alla costa calabra, durante la quale anche un debole raggio di sole può rivelarsi salvifico per i crocieristi che rischiano di morire per ipotermia. Hanno pagato fino a 8mila euro per essere semplicemente legittimati a sperare nella sopravvivenza, niente altro che questo. Sì, perché la ricerca di una vita migliore, propria di una normale condizione di povertà, è tipica di chi versa in uno status privilegiato rispetto al loro niente, alla negazione dell’individualità che li ha interessati, all’inferno che hanno subìto. “Nessuno mette i suoi figli su una barca, a meno che l’acqua non sia più sicura della terra”, dice la poetessa keniota, cresciuta a Londra, Warsan Shire. Va da sé che gli iraniani, afghani, pachistani e siriani a bordo di quel legno che si è spezzato al largo di Crotone è gente a cui è stata tolta dignità, condannata a ogni sorta di angheria e di tortura. Finire nell’acqua gelida del Mediterraneo d’inverno non era solo un rischio da scongiurare, ma la possibilità nefasta che accompagna ogni viaggio della disperazione e dell’ultima chance.

Ma, l’atrocità della tragedia non sente ragioni: a condannare quella gente non bastava un cattivo sortilegio, si è aggiunto anche un disumano decreto. Così, l’ultima cosa in cui quelle anime distrutte hanno riposto fiducia si è infranta, prima ancora che si esprimesse in un desiderio, al largo di Crotone, a qualche centinaio di metri dalla continuità della vita, dove ad attendere madri e figli vi era l’eventualità di crescere, accudire, provare ad amare ed essere amati in libertà. Su quell’arca della speranza vi erano persone sfuggite all’orrore, quello che si presenta nella sua veste malefica, che fa spavento e ribrezzo, che porta a chiedersi come si renda possibile, da parte dell’uomo, procurare al prossimo una sofferenza tanto abnorme, non sopportabile. Erano pronte ad eleggere come terra promessa qualsiasi luogo avesse restituito loro il decoro di esseri umani. Per i superstiti legati al ricordo del dolore e per chi non ce l’ha fatta, le donne, gli uomini, i tanti minori, i due gemellini di pochi anni e il bimbo di qualche mese, che da un clima di terrore e angosce terrificanti sono passati direttamente al buio della morte, bisognerebbe stringersi in una preghiera laica, fatta di impegno e responsabilità, dove la pietà e la commozione andrebbero messe da parte per cedere il passo all’azione di chi non resta indifferente per come va il mondo.

 

TAG: attraversate immigrati, Tragedia Crotone, viaggi della speranza, Warsan Shire
CAT: immigrazione

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