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Spagna

Il 28 aprile, in Spagna, va in scena l’antipasto delle Europee

di Stefano Artusi
18 Marzo 2019

Il prossimo 28 aprile si torna a votare in Spagna, per il rinnovo de ‘las Cortes Generales’, sarà un anticipo delle Europee. Ci saranno, inoltre, importanti elezioni municipali a Madrid e Barcellona, dove Ada Colau proverà a riconfermarsi, nelle prime elezioni comunali dopo il referendum del 1-O (referendum per l’indipendenza della Catalogna del primo ottobre 2017), e a sfidarla incontrerà anche l’ex-primo ministro francese Manuel Valls che correrà con il giovane partito di centrodestra Ciudadanos. Lo scenario sembra ricalcare quello delle precedenti elezioni e gli schemi sono molto simili a quelli che vediamo nelle famiglie politiche europee. Vox, la costola di estrema destra del PP , che è diventata partito ed ha ottenuto un buon risultato alle regionali di dicembre in Andalusia, potrebbe essere l’ago della bilancia per decidere chi avrà i numeri per formare il prossimo governo. Sulle sponde del Guadalquivir, a palazzo San Telmo, è andata in scena la prima del ‘tripartito’ delle destre, un governo regionale formato da PP-C’s e l’appoggio esterno di Vox (che ha un accordo formale col PP). Allo stesso modo indipendentisti catalani e baschi lo erano stati fino a pochi mesi fa per la formazione del governo di minoranza del socialista Sanchez appoggiato da Unidos Podemos. Attualmente i sondaggi attribuiscono ai quattro principali partiti in campo delle percentuali fra il 25 e il 15%. Quello che fino a pochi anni fa era un Paese fondato sul bipartitismo e l’alternanza fra popolari e socialisti, ora vede quattro poli di quasi pari grandezza unitamente alla crescente insofferenza degli indipendetisti della Catalogna e dei Paesi Baschi che, anche loro, negli anni avevano contrattato e appoggiato per convenienza governi senza badare troppo al colore politico. La spinta a destra di Vox ha trascinato anche un partito normalmente moderato come il PP ad abbracciare politiche più restrittive sui migranti e ammiccanti ai nazionalisti spagnoli, oltrechè ai nostalgici della dittatura. Dall’altra parte il PSOE si è visto nascere a destra Ciudadanos, una sorta di giovani formattatori di un PP travolto da scandali e corruzione, a sinistra Podemos sorto sull’onda della mobilitazione degli indignados durante la recessione e organizzata in modo disomogeneo nelle varie regioni. Dopo le dimissioni di Rajoy, conseguenza della mozione di censura in parlamento, il PP è ora guidato da Casado che ha imposto una linea profondamente nazionalista, retrograda sul piano dei diritti (più di quanto già non fosse) e dichiaratamente anticostituzionale nella guerra aperta (e in corso) fra Stato centrale e Governo regionale della Catalogna. La deriva destrorsa sembra inarrestabile, in qualisiasi caso, anche con Vox fuori dai giochi (di governo), si prefigura un esito che collocherebbe il prossimo esecutivo come il più a destra dai tempi della Transizione. Ed è la cartina tornasole di quello che sta avvenendo in seno alle storiche famiglie politiche europee, dove il Ppe vira a destra per non perdere consenso (di Tajani è pieno il mondo), il Pse perderà i pezzi (causa i previsti magri risultati in Francia, Italia e l’assenza dei laburisti inglesi), la Gue e i Verdi dovrebbero mantenere grosso modo gli stessi seggi, l’ultradestra crescerà senza sfondare ma con la sufficiente forza per influenzare il Ppe e le politiche di tutta l’Europa. Sarà sicuramente un inedito avere tanti nazionalisti nelle istituzioni europee. L’equilibrio delle due principali famiglie sta per saltare e non è detto che sia una buona notizia.

elezioni europee 2019 spagna
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