Autobiografie del lavoro: Stefano Calafiore, fare il libraio

3 Maggio 2024

Sulle statistiche relative alla lettura in Italia si è detto e ridetto di tutto, resta la sensazione di una crisi endemica che coinvolge in primo luogo le librerie che ormai da circa trent’anni vivono una lunga sofferenza, a tratti un’agonia, salvo rari casi più legati a una capacità d’interpretazione delle dinamiche specifiche del territorio che ad uno svelamento di un possibile spazio di mercato concreto e reale. Le librerie di catena vivono una trasformazione lunga che però ad oggi ancora non pare riuscire a trovare una quadra efficace, le indipendenti soffrono. Cosa significa dunque fare il libraio in Italia oggi? All’infuori di ogni retorica romantica come è composta una giornata di un libraio? Lo abbiamo chiesto a Stefano Calafiore, da oltre vent’anni libraio ora direttore della libreria Libreria Mondadori Store di Bergamo oltre che autore di una raffinata raccolta poetica Niente dirà dove sei (Manni editore).

Una libreria ha bisogno di un libraio.
Sembra scontato, ma non lo è.
Una libreria, aggiungo, ha bisogno di un libraio appassionato, di un bravo narratore di storie.
Avventurarsi nel mondo librario solo perché si è forti lettori può essere molto rischioso.
Non basta.
È un po’ come sognarsi scrittori nella vita accorgendosi poi che la giusta via è quella di restare dei bravi lettori.
Passione, predisposizione al vero e proprio mestiere che porta con sé indubbio fascino e scoperte.

Compito del libraio?
Trasformare le storie che legge, tra i tanti libri pubblicati, nel linguaggio e nella forma che si adatti a tutti, indistintamente. Leggere ciò che si vuole a casa propria, leggere più generi possibili in libreria.
Obiettivo?
Vendere libri per portare più persone possibili nelle liste del partito dei Lettori.
Per ora, quest’ultimo, non particolarmente affollato.
Il libraio è bipartisan, non distingue, non categorizza.
Non è snob.
Il libraio accoglie.
Deve avere poi la capacità di riconoscere in breve tempo chi ha di fronte a sé.
Perché consigliare un libro di Martin Amis o di Paul Auster è diverso dal raccontare la storia di un libro di Follett.
Così come tentare di “vendere” un libro della Ernaux a una lettrice o un lettore di Veronica Raimo potrebbe risultare pericoloso.

Secondo Roberto Calasso “la buona libreria è quella dove ogni volta si compra almeno un libro e molto spesso non quello (o non solo quello) che si intendeva comprare quando si è entrati”.
Qui sta il mestiere e l’esperienza che, tra vari slalom di fronte alle richieste di lettura, acquisisce informazioni per meglio consigliare l’aspirante lettore. Riviste, inserti culturali, consigli dei lettori; il rapporto con i propri clienti non deve considerarsi mai a senso unico.
Impresa mai facile quella del consiglio.
La prima difficoltà: le numerose pubblicazioni.

Escono in Italia ogni anno circa 80.000 novità e solo questo dato fa capire quanto sia praticamente impossibile per il libraio poter leggere tutto; occorre una buona visione e una profonda conoscenza della propria libreria per districarsi e poter meglio selezionare le quantità e i titoli tra le novità editoriali.
La libreria ogni giorno accoglie libri.
Le nostre giornate sono scandite dal ritmo di consegna, dalla catalogazione e sistemazione dei libri negli scaffali (possibilmente con ordine e rigore), dall’esposizione dei libri per argomento piuttosto che nell’ordine che il libraio ritiene più opportuno per i propri clienti.

Affascinante, poetico come si sente dire spesso.
Meno poetico è ciò che non viene svelato, il “dietro le quinte” di una libreria.
La gestione pratica delle scorte, del magazzino di una libreria, delle rese.
Immaginate gli scaffali di una libreria come il mantice di una fisarmonica: si apre e si chiude ritmicamente ad ogni ingresso e resa di libri. Gli scaffali prendono vita tutti i giorni, accolgono copertine e dorsi, prendono colori diversi tra loro, si muovono al suono e al tempo dato dal libraio.
Parola d’ordine per questa magnifica sintonia: equilibrio.
Un equilibrio che si regge principalmente sul rapporto tra ciò che viene acquistato, venduto e reso.
Qui giocano alcune tra le caratteristiche fondamentali dell’essere libraio: intuito, visione, conoscenza.
Perché la buona riuscita di una libreria passa attraverso una perfetta tenuta dei conti e per ottenerla occorre avere esperienza e conoscenza del proprio tempo e del proprio territorio.

Oggi possono aiutare in questo senso corsi e scuole per librai che un tempo non esistevano.
Una formazione che a mio parere non è tutto, ma può iniziare a far capire se fare il libraio può essere la strada percorribile.
Qualche tempo condividevo con un collega francese che fare il libraio è uno dei mestieri più belli a cui si possa aspirare.
Il libraio è privilegiato perché può parlare di ciò che ama e di questo fa mestiere.
Ma deve avere una profonda convinzione nell’aprire una libreria.
E, fuori da qualsiasi retorica, ha bisogno di tutele.
In Francia dal 1981 la difesa del tessuto libraio è una priorità per legge e continua ad esserlo.

Mi chiede se anche in Italia è così.
Ho risposto di no. Purtroppo, caro collega, non è così.
Per portare passione verso la lettura, il libraio non può fare da solo.
Le librerie sono storicamente presidio culturale, anche se mai ho condiviso l’opinione di chi definisce il mestiere del libraio una missione.
Per Saba la libreria fu antro funesto arrivando persino a dire “che orrore se il destino mi obbligasse a passare là dentro il resto della mia vita!”
Cinque giorni dopo comprò quella libreria.

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CAT: Lavoro autonomo

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