Parrucconi e scapestrati

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7 Dicembre 2016

Prima che qualcuno torni a prendersela con i parrucconi si provi a fermare gli scapestrati, quelli del: votiamo subito. I più, fra loro, sanno che è una corbelleria, che non si può fare, ma lo ripetono per sembrare vincenti, impetuosi, in crescita. Cresce, invece, solo l’incoscienza dell’esibizionismo. Ma sulla partita elettorale sembra siano in molti a non cogliere il valore della posta, che è altissimo. Totalmente istituzionale.

Votare subito non si può (come, invece, si dovrebbe) perché una maggioranza arrogante e un presidente della Repubblica furbescamente accondiscendente (Giorgio Napolitano) hanno sottratto al Colle il potere di scioglimento, avendo approvato ed emanato (mentre il Quirinale avrebbe dovuto, nel rispetto della Costituzione, rifiutare la firma) una legge elettorale per una sola Camera. Per giunta di assai dubbia costituzionalità, per non dire di certa incostituzionalità. Tanto era orrida che i suoi stessi autori annunciarono di volerla cambiare. Scrivemmo: fatelo subito, prima del referendum. Risposero: no, dopo. Eccoci, a scontare la loro superba incoscienza.

Poco male, pensano alcuni, tanto sarà la Corte costituzionale, il prossimo 24 gennaio, a rimediare, abrogandone una parte. Invece no, quello è un guaio ulteriore. Lasciamo da parte il fatto che dopo averli chiamati “parrucconi” e dopo avere dileggiato i “professori” (con maschia ignoranza), ora si chiede loro di metterci una pezza. Il punto è che la legge elettorale oggi vigente, per il Senato, è già il risultato di un’abrogazione chirurgica, effettuata dalla Consulta. Se si lasciasse fare loro la stessa cosa per la Camera si otterrebbero due risultati terribilmente negativi: 1. a legiferare non sarebbe più il Parlamento, per giunta sul sistema che presiede alla propria elezione, ma la Corte; 2. essendo due abrogazioni diverse, di leggi diverse, il risultato non sarebbe coerente. Il che non andrebbe imputato alla Corte, ma a chi l’ha messa in quelle condizioni.

Le due leggi elettorali, quella per la Camera e quella per il Senato, devono essere diverse (stupisce che non lo sappia e che affermi il contrario Giuliano Pisapia, che oltre a essere una persona ragionevole è anche un giurista), perché questo vuole la Costituzione. Sono state diverse, sempre. Il centro destra provò, all’epoca del Porcellum, a renderle uguali, ma fu il presidente della Repubblica di allora (Carlo Azelio Ciampi) a impedirlo. Adesso basta con i somari che credono alle somarate che dicono: Camera e Senato non sono mai state due Aule identiche. Devono essere diverse, ma coerenti. Perché si trovano dentro lo stesso sistema istituzionale e compongono un solo Parlamento. Se si procede per abrogazioni diverse di leggi diverse ne vien fuori solo un pasticcio.

E allora? Allora sarà bene che l’udienza costituzionale del 24 gennaio non si tenga. Per farla saltare c’è un solo modo: incardinare prima una riforma elettorale. Da una parte un governo che prova a dissolvere la gara gradassa e spendacciona degli ultimi mesi, dall’altra una più ampia maggioranza che approva in fretta (in due mesi è fatta, volendo) la nuova legge elettorale, che comprende modalità diverse per la composizione delle due Aule. Se non ci riusciranno, se qualcuno penserà d’essere furbo mettendosi di traverso, fallirà la missione che questa legislatura si diede fin dal suo primo giorno, meritando d’essere travolta dal discredito.

Siamo noi che non lo meritiamo e che ancora contiamo di essere protagonisti in una Unione europea che cresce il doppio di noi, senza andare a rimorchio del più forte e stabile governo europeo: eletto con il sistema proporzionale e retto da una coalizione (ma di gente seria).

www.davidegiacalone.it

@DavideGiac

TAG: elezioni
CAT: Legislazione

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