Referendum: smontiamo le balle del sì

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18 Settembre 2020

Domenica 20 (dalle ore 7.00 alle 23.00) e lunedì 21 (dalle ore 7.00 alle ore 15.00), i cittadini italiani sono chiamati alle urne per il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari e, in alcuni territori, anche per le elezioni comunali e regionali.

Il quesito che i cittadini troveranno sulla scheda è il seguente:

Approvate il testo della legge costituzionale concernente «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari», approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n.240 del 12 ottobre 2019?

A differenza del referendum abrogativo, non è previsto il quorum di validità; pertanto, non sarà necessario che alla votazione partecipi la maggioranza degli aventi diritto al voto.

Tra bufale e mezze verità

Come accade per ogni campagna referendaria che si rispetti, anche questa è stata inquinata da bufale e da mezze verità. Le seconde sono persino peggio delle prime, perché decontestualizzando un dato di per sé vero da altri fatti, altrettanto veri e non trascurabili, è possibile cambiare totalmente la narrazione in modo da costruire una tesi priva di fondamento logico. Capita così che, pur di sostenere le proprie ragioni, c’è chi mette sullo stesso piano di paragone Paesi che hanno forme di Stato e di governo profondamente diverse tra loro.

Chi vi scrive ha selezionato le bufale e le mezze verità principali – quindi le balle – provenienti dal fronte del sì, cercando di smontarle senza troppe pretese.

Prima balla: “Vota sì per far risparmiare allo Stato 100 milioni l’anno (500 milioni considerando l’intera legislatura).

Falso, anzitutto perché i numeri sarebbero altri, ma soprattutto perché si fa credere che con questo referendum i cittadini possano mettere un paletto definitivo ai costi della politica. I signori parlamentari – per non parlare dei consiglieri regionali – hanno infatti già ampiamente dimostrato, in più di un’occasione, come sia facile – attraverso un regolamento parlamentare o una legge ordinaria – far lievitare il costo dei due rami del parlamento, nonché il volume dei loro portafogli.

Al di là di quel che si dice in giro, la situazione dei costi e dei privilegi è comunque migliorata in favore del contribuente. Inoltre, essendo “in tanti”, è più facile arrivare a cifre astronomiche e questo mantiene viva la necessità di “tirare la cinghia”. Tra contributi figurativi, nuove tipologie di indennità, gettoni, rimborsi etc. ci vuole poco a ritornare ai tempi della casta dorata. Questo potrebbe anche essere un motivo a favore del sì ma, come è stato già detto più volte in questa campagna referendaria, come si fa a barattare il risparmio del costo di un caffè all’anno per cittadino con la rappresentanza democratica? Dovremmo seriamente iniziare a preoccuparci di quanto ci stia costando una politica di incapaci, più che di privilegiati. Questo non è becero benaltrismo perché oggi il merito è decisamente troppo distante dalla politica italiana.

Seconda balla: “Vota sì per garantire la rappresentatività: ci sarà 1 parlamentare ogni 100.000 elettori, in rapporto più di quanti ne vengono eletti in Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti.

Questa balla è spesso accompagnata da grafiche farlocche, come quella che riporta solo il numero dei parlamentari americani a Washington e non tiene conto che ogni Stato degli USA ha un proprio parlamento con proprie competenze.

Se voglio garantire la rappresentatività in Italia, non posso che lasciare invariato il numero dei parlamentari ogni 100.000 elettori, possibilmente apportando le modifiche necessarie alla legge elettorale (v. tema delle preferenze); dunque, sulla via legislativa ordinaria e non su quella costituzionale. Con questa riforma, il rapporto non sarà lo stesso per ogni regione, cosa che potrebbe essere accettabile se e solo se l’Italia si trasformasse in una repubblica federale: in tal caso, non mi interesserebbe mantenere esattamente lo stesso rapporto in ogni regione perché trasferisco competenze – magari rilevanti – da Roma ai territori. Di qui, il paragone con le repubbliche federali diviene sostanzialmente privo di fondamento logico.

Con tabelle come quella qui in basso (lavoce.info), dove il rapporto parlamentari totali per 100.000 elettori è ben evidente, la narrazione cambia completamente: avremo il secondo rapporto più basso dell’UE, con la differenza che il primo più basso (1.1) è di una repubblica federale. Avete capito l’inganno?

#REFERENDUM, VENIAMO AL NOCCIOLOQuel che davvero vi deve importare di questo referendum è la nuova disparità, sul…

Geplaatst door Pierluigi Dimitri op Maandag 31 augustus 2020

Terza balla: “Vota sì per eliminare la frammentazione dei gruppi parlamentari, che a volte non rappresentano le principali forze politiche del Paese ma gruppetti che servono solo a mantenere la poltrona.

Falso. Questa riforma costituzionale non impedirà in nessun modo la frammentazione dei gruppi parlamentari. A proposito di gruppetti, invece, con il sì sarà più facile manovrare e corrompere perché aumenterà la possibilità di accedere a poltrone nel governo e negli altri enti pubblici, per non parlare poi del costo inferiore per i potentati economici di “convincere” qualche parlamentare. Con il sì vincono le lobby e la partitocrazia.

Quarta balla: “Vota sì per rendere più snello ed efficiente il parlamento con gli eletti che saranno più responsabili e riconoscibili

Come si può dimostrare un’affermazione del genere? Quale produzione scientifica sostiene ciò? Un cittadino che già oggi non controlla l’attività del parlamentare eletto nel proprio collegio (controllabile sui siti internet di Camera e Senato, dove ogni parlamentare ha la propria scheda personale), cosa lo spingerà a farlo in futuro? Forse un cambio di rotta culturale, non certo costituzionale. Di quale tipo di responsabilizzazione stiamo parlando?

Lo stesso vale per la c.d. “efficienza parlamentare”, una questione che può tranquillamente passare dalla via regolamentare, anziché da quella della legislazione costituzionale.

Cosa vuol dire “rendere più efficiente” il parlamento?

  • Fare leggi migliori? Bene, allora servirebbe più studio e, quindi, maggior lavoro delle commissioni e dei parlamentari esistenti, non meno parlamentari.
  • Vuol dire fare più leggi e farle più in fretta? “Corruptissima re publica plurimae leges” (= moltissime sono le leggi quando lo Stato è corrotto), disse Tacito. Questo è il Paese dell’ipertrofia normativa: di leggi ce ne vorrebbero meno e scritte meglio.

Quinta balla: “Vota sì per mettere fine al fatto che oltre il 30% dei parlamentari diserta una votazione su tre.

Anche qui, pare assurdo che questioni come questa, che riguardano strettamente l’attività parlamentare (missioni, attività di commissioni, autodisciplina, assenteismo etc.), non trovino soluzione attraverso la via regolamentare.

Conclusioni

Se oggi c’è una piccola, vaga, speranza di avere il candidato che ci rappresenti, questa speranza diventerebbe sempre più piccola, se dovesse vincere il sì. L’Italia può evitare il declino? Ci credo sempre meno ma, nel mio piccolo, evito di agevolare un disegno fascista e anti-democratico. Gridiamo al fascismo ogni giorno e, quando ci si presenta veramente davanti, ci giriamo dall’altra parte?
Io voto no per un semplice motivo: tagliare i nostri rappresentanti a Roma, senza un vero sistema federale pronto a subentrare, significa solo meno democrazia.
“Eh, ma anche oggi i candidati mica li scegli tu. Non contiamo più nulla…”.
Se ho una brutta ferita, mi auguro vada direttamente in gangrena? O, peggio, taglio direttamente tutto l’arto interessato? Perché ragionare in questo modo? Non agevolate ulteriormente il declino di questo Paese e della nostra democrazia.

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CAT: Legislazione, Parlamento

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