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Letteratura

Alexander Lernet-Holenia, Due Sicilie

di Pasquale Hamel
29 Agosto 2017

Il contesto: quell’Europa mitteleuropea decadente che ha trovato nell’opera di Musil una delle sue più alte espressioni rappresentative; l’atmosfera: quella del crollo di un mondo a cui i protagonisti non si rassegnano lasciandosi trascinare nella sua deriva; le sensazioni : la nostalgia espressa nei silenzi ed il sentimento della fine per nulla stemperato o attenuato da certe sottili ironie che si insinuano nel rigido cerimoniale arricchito da colorate divise, lustrini e alamari di un tempo perduto. Queste le coordinate che inquadrano “Due Sicilie”, di Alexander Lernet-Holenia, un romanzo che è, piuttosto, una lunga riflessione filosofica su aspetti dell’esistenza con una domanda forte come sul cosa “non esiste più…e che cosa tornerà ad esistere”. Un omaggio alla cultura e alla società di quell’Austria-Ungheria, che portava dentro sé il seme della decadenza e che ha così profondamente inciso nella storia dell’Europa centrale tanto da essere molto spesso rimpianta. Romanzo che, a nostro giudizio, va oltre l’intendimento dell’autore, in cui la narrazione esce fuori dal tracciato che lo stesso Lernet-Hornet si era proposto.

Ricordi, brandelli vividi di una società passata affetti da un oscuro male che li consuma inesorabilmente e di cui l’autore, sembra, vorrebbe prolungare la vita seppure in contesti che li rendono estranei e per i quali  è stato costretto a costruire una storia, fatta di eventi, perfino misteriosi e, in qualche caso, inspiegabili, che sfuggono di mano alla sua penna e realizzano un ordine che, sicuramente, non è quello voluto. Racconto dove i sentimenti, l’amore in particolare, assumono un carattere formale, perdendo la loro autenticità. Romanzo labirintico, in cui le storie si accavallano e, piuttosto che razionalizzare il racconto, lo complicano in una sorta di continua perdita del centro. Racconto onirico, attento al contesto ambientale troppo spesso velato dai chiaroscuri di un autunnale skyline centreuropeo, in cui il sogno prende spesso il posto della realtà. Un libro amaro dominato, in ogni caso, dal senso incombente della morte, dove la stessa piuttosto che rito di passaggio si trasforma in un “semplice tornare indietro”.

Storia complessa che, per captare l’attenzione del lettore, sviluppa una dozzinale trama poliziesca dove strane morti – ben quattro del glorioso reggimento Due Sicilie – avviano a confusi e non per questo meno angoscianti sentimenti e riflessioni. Complicate vicende sul tema della identità reale dei personaggi perché intramate da continui e poco coerenti scambi. Una scrittura che non ha nulla da invidiare agli Joseph Roth, agli Arthur Schnitzler e, perché no !, allo stesso Robert Musil, ma che realizza una narrazione segnata da una debolezza di fondo, quella di non riuscire a restituire un racconto in grado di creare quella necessaria empatia fra lettore e scrittore che è poi la chiave vera per farla apprezzare.

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