Della gentilezza e del coraggio, manuale denso ed essenziale di G. Carofiglio
“Caliti junku ca passa la china
Caliti junku da sira a matina”
Si intitola “Della gentilezza e del coraggio” breviario di politica e altre cose, l’ultimo libro di Gianrico Carofiglio, in cui lo scrittore barese affronta il tema della pratica intelligente e produttiva del conflitto dialettico attraverso la neutralizzazione dell’avversario. Quella della cedevolezza e della gentilezza è una tecnica che si ispira al principio di non resistenza ghandiana e alla pratica del jujutsu e delle arti marziali in generale che tendono a ridurre la violenza del conflitto provocando lo squilibrio dell’avversario.
Un libro che si configura come un manuale di politica, ma anche di educazione al pensiero, alla messa in opere delle buone pratiche educative.
Per enfatizzare concetti essenziali, Carofiglio definisce utilizzando la tecnica del contrario, egli cioè sottolinea cosa non è gentilezza: non è garbo, buone maniere, educazione, non è il mite di Bobbio, ossia l’eterno sconfitto, l’arrendevole, incapace di modificare il mondo.
Essa è un potente arnese che consente di disinnescare le semplificazioni che portano alla sopraffazione e alla violenza, attraverso il confronto, l’apertura a ciò che è diverso, alla percezione dell’altro. É superamento del conflitto che è molla evolutiva e strumento di crescita se trasformato in energia positiva.
Attenzione e ascolto, doti essenziali alla percezione dell’altro, richiedono una mente sgombra, priva di pregiudizi e sovrastrutture, capacità di negoziare. L’ascolto diviene attivo se è capace di mettere a tacere l’ego che si nutre di schemi prefabbricati e visioni miopi.
A tale proposito, Antonio Vigilante nel suo studio su Danilo Dolci individua la simmetria come fondamento di una relazione autentica; è necessario che i partecipanti ad un dialogo educativo si riconoscano come uguali e si sforzino di lavorare insieme nel rispetto della pari dignità di ognuno. Quando uno o più membri occupano una posizione predominante, le relazioni sono asimmetriche e si instaura una relazione di dominio. La relazione in Dolci è il fondamento essenziale per comprendere e cambiare la realtà. La coscienza, che non è il possesso della verità assoluta, “realizza quell’apertura implicita nel cum della sua etimologia (cum scientia) e diventa conoscenza comune, partecipata, in quanto tale, la coscienza ha naturalmente una dimensione politica….consapevole dei nessi che esistono tra individuo e collettività nel riconoscimento non di un altro generico ma di un essere umano con la sua identità”.
Carofiglio cita Trump come esempio eccellente di un pessimo comunicatore e di grande manipolatore in quanto lontano dall’essere portatore di verità, propina messaggi privi di significato usando parole che servono ad influenzare i propri interlocutori attraverso l’utilizzo di schemi ed etichette che adattano la realtà ad una visione grandiosa di sé.
Tipico esempio di dialettica manipolatoria sono le soluzioni grottesche individuate per far fronte al diffondersi dell’epidemia da Covid 19, oggetto di satira mondiale così come la ricerca del capro espiatorio quando, resosi conto di aver sottovalutato l’emergenza, ha attribuito colpe all’Organizzazione mondiale della sanità e alla Cina accusata di aver condotto esperimenti di manipolazione genetica.
Il narcisista, di cui il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti sarebbe il prototipo, è privo di metacognizione cioè la capacità di osservare criticamente le proprie prestazioni che comporta la sopravvalutazione di se stessi e l’utilizzo di giudizi semplificati nell’interpretazione della complessità del mondo che richiederebbe, invece, quella che la neuroscienziata Maryanne Wolf definisce la pazienza cognitiva.
Fenomeno dilagante del mondo contemporaneo, infatti, è la vasta mole di informazioni a cui abbiamo accesso che genera l’illusoria convinzione di poter acquisire tutto il sapere velocemente senza studio; bandito l’impegno e la fatica, si perde la facoltà di problematizzare, non si perviene all’acquisizione di competenze e saperi. Carofiglio racconta a tale proposito, che Picasso era seduto ad un bistrot parigino che disegnava su un tovagliolo di carta quando viene avvicinato da una signora interessata ad acquistare il disegno, all’osservazione che gli era bastato poco tempo per realizzarlo mossa dopo la richiesta di una cifra esorbitante, il maestro risponde che invece aveva impiegato una vita intera. La rapidità è il risultato di competenza e padronanza che si acquisisce solo attraverso l’esercizio, la pratica, l’allenamento.
Quella della competenza è un altro tema affrontato nel libro, Carofiglio ci spiega che non esiste il competente in ogni campo, la competenza si esercita in campi specifici, la caratteristica della competenza è la consapevolezza del suo limite, Socrate era consapevole della finitezza del suo sapere.
Quello del linguaggio gergale, settoriale, spesso volutamente oscuro e autoreferenziale, caratteristica degli esperti nel dibattito pubblico, è un altro argomento affrontato nel libro che sta particolarmente a cuore dello scrittore barese. La partecipazione alla vita democratica richiede l’abbandono di pose aristocratiche ed un uso di un linguaggio chiaro, semplice, lineare.
Un linguaggio da parte di leader politici dalle strutture sintattiche spesso molto semplificate con l’uso di frasi brevi, sintassi frammentaria e sconnessa, riduzione del vocabolario, frasi ridondanti hanno caratterizzato politiche demagogiche in tutti i periodi storici compreso quello attuale ed è spesso veicolo di idee razziste e violente, di istinti di sopraffazione, di liberazione di energie tossiche. Il messaggio dei populisti è proprio quello di non temere l’espressione dei sentimenti più oscuri. Il populismo affonda le sue radici non solo nell’ignoranza e nella rozzezza, nell’odio e nella paura verso lo sconosciuto che serve ad alimentare la coesione sociale di un gruppo definendone l’identità, ma anche in un senso di fiducia tradita, di una promessa di cambiamento non mantenuta.
L’alternativa al discorso manipolatorio, caratterizzato dall’uso costante e intenzionale degli argomenti fallaci, è la discussione ragionevole, la capacità di interrogazione del potere, di rimuovere pregiudizi e i muri che limitano il pensiero collettivo impedendo il progresso e l’evoluzione.
Fondamentale all’attività di porsi domane, di uscire da se stessi e affrontare crisi inattese, è l’autoironia. La mancanza di senso dell’umorismo si accompagna a certezze radicali infondate e spesso grottesche; la capacità di cogliere il ridicolo, al contrario, favorisce una visione meno deformata del mondo e di noi stessi, consentendo l’uscita dalla gabbia dell’ego, dall’adesione cieca alla regola e un’aderenza ad uno scorrere più fluido dell’intrinseca libertà della vita.
Il coraggio, inteso come reazione attiva ai pericoli individuali e collettivi insieme alla gentilezza che non è semplice cortesia, ma strumento per affrontare e gestire il conflitto, sono arnesi indispensabili che definiscono non solo la fisionomia del cittadino consapevole, ma la sua appartenenza al genere umano.
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