Il brasato

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17 Novembre 2020

Entriamo verso le due del pomeriggio. La scelta del ristorante non é stata cosí laboriosa come al solito.
“Mi hanno detto che é ancora aperta l’Osteria della Dogana”, ha detto lei.
“Mai sentita nominare”, ho risposto.
“Ma sí, ci sarai stato anche tu. Quando eravamo giovani, ci andavamo tutti!”
“Tutti chi?”, rispondo
Adesso che siamo entrati, glielo posso confermare: mai stato in questo posto.
“Ma forse è cambiato…”, azzardo.
“Macché, è rimasto assolutamente uguale a se stesso! La stessa insegna sbiadita, gli stessi arredi, gli stessi profumi e sapori.”
“Magari sono cambiati i gestori…”
“Sono solo invecchiati di trenta anni, ma sono sempre gli stessi!”
Ordiniamo il pranzo.
Lei insiste per farmi prendere il brasato.

“Devi assaggiarlo, é poesia pura. E poi provare a rifarlo a casa!”
Poi comincia a parlare dell’epoca in cui frequentava l’osteria, degli amici e dei fidanzati che frequentava a quel tempo
“Insomma, mi sembra di capire”, dico ad un certo punto, “che questa non è una gita fuori porta, è un pellegrinaggio…”
“Non fare così…”
“Fammi capire, mi porti in un ristorante che hai frequentato nell’epoca più scapigliata e irrefrenabile della tua vita, ti si inumidiscono le ciglia nel ricordare il bel tempo che fu…”
“Le ciglia mi si inumidiscono per via di questo brasato...Non è commovente?”
“Beh, in effetti…Escludo, però, di poterne cucinare uno altrettanto buono. Senza contare che non ho la minima idea di dove si compri la carne d’asino”.
Lei sbuffa poi dice: “E, comunque, mica mi puoi colpevolizzare, se, quando ero giovane, non ho fatto, come te, la vita del sorcio…”

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CAT: Letteratura

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