Lezioni di tango

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11 Giugno 2020

Ci sono città delle quali avverti la nostalgia nel momento stesso in cui le lasci. Ho letto una volta questa frase riferita a Buenos Aires.
E l’ho trovata incredibilmente vera.
Sono stato a Buenos Aires, per motivi di lavoro, nel 1998.
Mi colpì subito una cosa, mi trovavo lontanissimo da casa, eppure mi sembrava tutto straordinariamente familiare (come mi spiegarono alcuni colleghi che lavoravano lì, presso una nostra consociata, il sessanta per cento della popolazione della città è di origine italiana).

Una decina di anni fa mi sembrava fosse arrivato il momento opportuno per ritornarci, questa volta da turista.
Mia figlia aveva due settimane di ferie ed io le avevo proposto questa meta.
Ero stato a consultare un’agenzia di viaggi che si trovava a pochi passi da casa, tornando con un fascio di depliant.

Mi ero in particolare soffermato su una proposta che sembrava molto allettante: dieci giorni a Baires con gestione libera di quasi tutta la giornata,tranne un impegno di un’ora per tutti i giorni: lezione di tango.

Proposi la cosa a Giulia, lei mi guardò con l’aria di chi si sta chiedendo: “Gli passa o devo chiamare il 118 per un trattamento sanitario obbligatorio?”.
Poi mi disse: “Non esiste! Non contare su di me!”.
Protestai: “Perchè? Sarebbe un modo per socializzare…”
Poi ci fu l’influenza suina.
All’inizio non volevo farmi suggestionare, poi mi dovetti arrendere. Collegandomi con il Ministero de La Salud argentino, scoprii che nella sola Buenos Aires c’erano stati nel mese di giugno circa 400 morti.
Preferimmo ripiegare sulla Scandinavia.
Ma il ritorno a Baires mi è rimasto nel cuore e spero sempre che un giorno sia possibile ritornarci (Giulia nel frattempo ha colmato la “lacuna”, andandoci con il suo compagno…)

Forse anche i luoghi sono come i libri, alcuni di loro meritano di essere “riletti”.
E mi piacerebbe ritrovare la sensazione che ho provato quella domenica mattina di tanti anni fa al mercato delle pulci di Santelmo.
Ero lontanissimo da casa, sapevo che al mio ritorno avrei trovato più di un problema da risolvere, ma mi sembrava che la distanza mi proteggesse da quegli affanni futuri.

Era come se stessi mettendo un margine tra me e quello che mi aspettava.

Il tempo era bello. Era luglio, che è come dire settembre/ottobre nel nostro emisfero. Ero fermo con alcuni colleghi a guardare un terzetto composto da una coppia di vecchi danzatori di tango accompagnati da un suonatore di fisarmonica.

I due ballavano, nonostante l’età, con una grazia e una agilità inimmaginabili.
Ad un certo punto, quasi come se fosse stata contagiata da quella musica e da quelle movenze, una bella signora si avventurò nello spiazzo, accennando a muoversi al ritmo della musica.

Ricordo i suoi capelli corti, gli occhi azzurri. Aveva una maglietta blu, una gonna corta e scarpe da tennis bianche.
Era francese. Lo so perchè, presa dalla sua voglia di ballare il tango e incoraggiata dall’espressione di inebetita ammirazione che vide nel mio volto, mi si avvicinò con grazia e mi chiese di ballare con lei.

Ecco, passi tutti una vita a tenerti lontano dalla danza, metti anni luce tra te e quella pratica, e sei ben felice di averlo fatto, di avere dedicato il tuo tempo libero a cose più sofistcate e nutrienti.
Poi all’improvviso ti rendi conto che, come direbbe Bartali, “è tutto sbagliato, tutto da rifare”.
Con mio sommo dispiacere dovetti rinunciare al piacere di ballare il tango con quella gentile signora.
Ecco il perchè delle lezioni di tango…..

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“La distanza è atlantica, ma la memoria è vicina” (Italiani d’Argentina- Ivano Fossati)

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CAT: Letteratura

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