‘Pelleossa’, il terzo romanzo di Veronica Galletta
‘Pelleossa’ (edizioni Minimun Fax), il terzo romanzo di Veronica Galletta, porta l’autrice a stretto contatto con le sue radici, in Sicilia, ambientando la storia ai tempi della seconda guerra mondiale, luglio 1943, nel periodo dello sbarco alleato sull’isola, sullo sfondo di un paese immaginario, Santafarra, una comunità piena di segreti, rivalità, spinte al cambiamento compensate da riti sempre uguali. I personaggi del romanzo sono moltissimi. Nelle prime pagine del libro l’autrice li elenca tutti, raggruppandoli per famiglia di appartenenza. Emerge così, fin dall’inizio, l’importanza del concetto di appartenenza familiare, molto sviluppato in tutto il sud Italia. Appartenenza spesso legata all’ingiuria, al soprannome, che la vita ha attaccato alla storia di ognuno, uno stortonome che ci si porta dietro per sempre, spesso legato a fatti legati agli avi, sintomo di un legame con la propria famiglia che si sviluppa anche su una linea verticale, tra generazioni.
I personaggi principali del romanzo sono Paolino Rasura e Filippu. Tutta la storia ruota attorno a loro due. Paolino è un bambino di sette anni, vive nella Casa Verde a Santafarra. Viene da una famiglia di pescatori che si porta appresso l’ingiuria, quel soprannome che è anche il titolo al romanzo ‘pelleossa’. L’ingiuria di Paolino però è un’altra, lo chiamano ‘Ncantesimo’ perché è capace, come ogni bambino, di vedere cose che gli altri non vedono. E in questa sua capacità di vedere l’invisibile, l’essenziale, si avvicina, dando prova di coraggio, al giardino di Filippu un signore anziano, sempre al lavoro nel suo spazio magico su alcune teste di pietra. In paese lo chiamano ‘il pazzo’. Filippu è un personaggio che richiama la figura di Fillipo Bentivegna, scultore siciliano, vissuto tra il 1888 e il 1967, che ha passato buona parte della sua vita a scolpire teste.
La scommessa di Paolino era semplice: rubare allo scultore la mazzetta che utilizzava per scolpire le teste. Era questo il prezzo da pagare per essere riammesso nel gruppo degli amici. Poi la storia prende tutto un altro verso, perché Paolino e Filippu diventano inseparabili. E’ la dote dell’ascolto di Paolino a costruire il suo legame con Filippu. E’ lo sguardo accesso di Paolino che consente al bambino di entrare in relazione profonda con lo scultore, il pazzo, sperimentando quello spazio magico del suo giardino, pieno di teste parlanti. E il vecchio diventerà per il bambino amico e consigliere proprio negli anni complessi che vanno dallo sbarco degli americani in Sicilia fino alle prime lotte per le terre. Tutto intorno si muove la storia di Santafarra che è la storia della Sicilia intera. Una storia corale che Veronica Galletta mette in scena con otto famiglie e cinquantasette personaggi.
Nel libro sono diversi i registri letterari utilizzati. Si va dal fiabesco al fantastico, dall’onirico al fanciullesco. Con una scelta di campo per il registro dialettale, scegliendo di utilizzare un misto italiano siciliano che da un suono molto originale a tutta la narrazione, contribuendo ad ambientarla perfettamente nella Sicilia di ieri e di oggi. La lingua di ‘Pelleossa’ è una lingua fonetica, trascritta, fatta di espressioni inventate, non filologica. Una lingua tutta costruita attorno al suono, senza troncamenti, né apici, che scorre liscia, inframezzata alle parole dell’italiano. Anche la scelta linguistica fatta dall’autrice contribuisce alla costruzione di un libro mondo, un libro di incanti, all’interno del quale succedono molte cose che pescano dal registro del fantastico, a partire dalle teste di Filippu che parlano.
Dentro il romanzo, al di là delle vicende di Santafarra, della Casa Verde, di Paolino e del giardino di Filippu c’è la grande storia. Samo nel luglio 1943, gli alleati sbarcarono in Sicilia per l’operazione Husky. Quello sbarco costituì una delle più grandi operazioni anfibie della seconda guerra mondiale. Dal punto di vista tattico la campagna fu deludente per gli Alleati, che non riuscirono a impedire la ritirata delle truppe italo-tedesche del generale Hans-Valentin Hube verso l’Italia continentale. Da un punto di vista strategico-politico, invece, la campagna fu molto positiva, l’invasione della Sicilia ebbe una decisiva influenza in Italia: favorì la destituzione di Benito Mussolini, la caduta del fascismo e il successivo armistizio di Cassibile, con cui le forze armate italiane cessarono le ostilità contro gli anglo-statunitensi. Questo è lo sfondo su cui si muove tutta la vicenda di Paolino e dei suoi incantesimi.
L’autrice dedica, in fondo al libro, quattro pagine per onorare i suoi debiti con altri scrittori. Ogni parto letterario è sempre frutto di letture, incroci, incontri, incastri con altri libri incontrati per strada. In questo Veronica Galletta ci insegna il ruolo chiave che per un autore letterario ha la lettura di altri testi. Molti rimandi, a parte quelli di Italo Calvino, sono ad autori siciliani o che hanno ambientato le loro storie in Sicilia. C’è un richiamo anche alla poesia, ad alcuni passaggi tratti del libro Poeti arabi di Sicilia, in cui c’è un utilizzo del dialetto siciliano da cui l’autrice ha tratto spunto.
In questi anni le opere di Veronica Galletta hanno ottenuto già importanti riconoscimenti. Le isole di Norman, il primo romanzo pubblicato nel 2020, è stato finalista nella XXVIII edizione del Premio Calvino nel 2015, premiato al Premio Campiello Opera Prima 2020, e inserito nella cinquina dei finalisti della 5° edizione del Premio Fondazione Megamark 2020 e nella sestina dei finalisti del Premio Wondy di letteratura resiliente 2021. Nina sull’argine, il secondo romanzi pubblicato nel 2021 ha vinto il Premio Letteratura d’Impresa 2022, è stato finalista alla LXXVI edizione del Premio Strega, finalista al Premio Città di Leonforte, finalista del Premio The Bridge, finalista del Premio Dolores Prato e del Premio Clara Sereni. Il suo terzo romanzo, Pelleossa, è stato finalista alla III edizione del Premio Neri Pozza.
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