Istanze freudiane in Virginia Woolf

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10 Ottobre 2019

I frequenti progetti suicidari di Virginia Woolf, culminati nel 1941 fra le correnti del fiume Ouse, sono probabilmente l’aspetto più noto nella tormentata esistenza della scrittrice britannica. Altrettanto assidua la sua curiosità intorno all’irraggiungibile descrivibilità della morte còlta nel suo preciso istante. Un moment of being continuamente sfuggito al flusso di coscienza più intimista, lasciato tuttavia all’inesorabile tragica custodia di un corso d’acqua nelle campagne di Rodmell.

Virginia l’esuberante, l’eccentrica, la sfrontata, incline a battute audaci.
Virginia la timida, l’insicura, alla ricerca di approvazione e incoraggiamento, spesso in preda a profondi sensi di inadeguatezza.

Alla pulsione di morte, legata al principio della realtà e a quella lucida consapevolezza tendente a forme di auto ed etero distruzione, si oppone la pulsione di vita, il principio del piacere, di scrivere, finalizzato all’autoconservazione e incarnato nella figura di Leonard Woolf.
Socialista, strenuo sostenitore del Fabianesimo e delle prime lotte femministe, preserva costantemente la salute psicofisica della moglie. Nel loro caso, il fatto che la celebrità formale di una donna viaggi attraverso il cognome acquisito del consorte non è esclusivamente pura imposizione formale, ma anche riconoscimento di un merito: senza il ruolo rassicurante di Leonard, molto probabilmente Virginia non avrebbe lasciato tale testimonianza autorale.
L’idea di fondare la Hogarth Press, fra i cui titoli pubblicati appaiono le rivoluzionarie opere di Freud, gli viene proprio per liberarla dallo stato di prostrazione depressiva e per infonderle maggiore sicurezza in se stessa.

I due impulsi, apparentemente scissi, s’intersecano negli amori più coinvolgenti della Woolf: la scrittura e Vita Sackville West.
Da entrambe scaturiscono passione e annichilimento, eros e thanatos, condensati nello sfinimento al termine della stesura di un’opera – per quanto attiene la scrittura –  e al dissesto emotivo derivato dall’infedeltà subita, per quanto riguarda il legame sentimentale con Vita.

Nel fitto scambio epistolare fra le due emerge il tenace ricorso di Virginia a quello che Freud definisce il motto di spirito, attraverso il quale, in maniera arguta, la più vulnerabile tenta di esprimere concetti altrimenti considerati sconvenienti col fine di preservare le proprie difese psichiche.
Se la principale accusa mossa da Virginia a Vita è l’insaziabilità, che la rende simile a una stella in cui ardono milioni di candele, incapace però di riflettere la propria luce su di un solo oggetto, l’accusa contraria di Vita evidenzia nell’amica l’inclinazione a guardare un po’ tutto e tutti come oggetti di scrittura. Secondo l’aristocratica moglie del diplomatico Harold Nicolson, protagonista del “Ritratto di un matrimonio” moderno ben riuscito nonostante, o in fin dei conti grazie a, la divisione in camere separate e la reciproca accettazione di libertà relazionali, Virginia veste ogni cosa che scrive con parole così squisite e perfette da fargli perdere spontanea immediatezza. Uno dei tanti atti mancati, sintomo dell’esistenza di un conflitto interiore fra pulsione rimossa e intenzione cosciente, annoverato nei meccanismi freudiani di spostamento. “La spostata di Bloomsbury” è forse una delle etichette più schernenti dei detrattori dell’epoca ai danni di Virginia.

In risposta ai continui tradimenti di Vita, la Woolf produrrà “Orlando”, risultato di una chirurgica e assediante indagine introspettiva nell’animo della Sackville West.
Biografia dell’eroe-eroina, creatura completa dalla femminile virilità che «nutriva una naturale inclinazione per i luoghi solitari e i vasti orizzonti, e si dilettava di sentirsi sempre e più che mai solo.»

Eterni dualismi nella vita e nella creatività letteraria di Virginia Woolf; ossimori antitetici dal superamento dialettico sporadicamente armonico. Antinomie taglienti in una complessa e variegata personalità che offre ancora un rinnovato fluire di stimoli cerebrali, ricerche spirituali. Pungoli intellettuali.

TAG: Hogart Press, Leonard Woolf, Mente, Orlando, pulsioni, scrittura, Sigmund Freud, Virginia Woolf, Vita Sackville West
CAT: Letteratura, Psicologia

Un commento

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  1. gmajorino 4 anni fa

    Molto interessante,anche perché l’articolazione dei riferimenti ai meccanismi psichici è specifica ai vari aspetti dell’esistenza della Wolf e non si esaurisce in un discorso generalizzato e quindi semplificatorio, sulla personalità di un autore. Aggiungerei un elemento relativo alla tensione creativa, ben visto qui come avidità, e direi soprattutto interessante nel mondo femminile della scrittura (ne so qualcosa perché mia madre era una scrittrice di novelle e romanzi rosa…). Questa tensione, che è ovviamente non solo esclusiva delle donne, ha però un peso importante come tentativo di ricostruire un’identità attraverso una scissione del proprio Sè che si proietta nei vari protagonisti.(sia femminili che maschili). Ovviamente andrebbero ricostruite le varie proiezioni identitarie di tutti i personaggi di una narrazione (Pirandello docet…) ed anche il landascape ,l’ambientazione scenica e soprattutto l’andamento e lo stile della narrazione. Quando noi psicoanalisti ci siamo addentrati nella critica letteraria, ne siamo usciti piuttosto male. Forse per un eccesso di semplificazione riduttiva (Freud al riguardo ne è un esempio) forse anche per un motivo sociologico: gli appartenenti a qualsiasi consorteria reale o virtuale( quella letteraria,per esempio,rispetto a quella psicoanalitica) tende alla difesa del territorio come qualsiasi cane o gatto che “marca” ossessivamente i propri confini.

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