La biblioterapia non è l’invenzione di uno scaltro filosofo pop francese

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9 Giugno 2015

Non si può rimanere indifferenti davanti a un articolo del prestigioso Internazionale a firma di Martin Caparros dal titolo Curatevi con i libri. Parlava del potere “terapeutico” della letteratura ma senza alcun accenno alla storia della biblioterapia né ai numerosi studi su di essa, ma riportando, come unico esempio: l’esperienza della School of life diretta da Alain de Botton. Alcuni, forse, non ne hanno mai sentito parlare: si tratta di una istituzione che eroga servizi filosofico-letterari, tra i quali la biblioterapia. Conoscete il libro Curarsi con i libri? Le autrici, Ella Berthoud e Susan Elderkin, sono tra i professionisti della School of life e si occupano specificatamente della cura attraverso la letteratura. Nulla da eccepire riguardo a tutto ciò che viene detto sulle proprietà “terapeutiche” dei libri e neppure sul lavoro di Alain de Botton e compagne. Ma la biblioterapia è ben altro e nell’articolo di Caparros ci sono degli errori grossolani e delle mancanze evidenti.

Non è vero che la biblioterapia è un’invenzione che si sta diffondendo. La biblioterapia è già realtà nella maggior parte dei paesi occidentali, seppur circoscritta in centri d’eccellenza. Inoltre, da alcuni anni, in diverse università del mondo, vengono scritte tesi di laurea sull’argomento. Non è vero che non esistono studi sull’efficacia della biblioterapia. Ricerche qualitative fenomenologiche hanno attestato che funziona, seppur con dei limiti, soprattutto se affiancata ad altre metodologie.

Non è vero che basta leggere qualche romanzo per ottenere l’effetto terapeutico dei libri. Questo accade soprattutto con i manuali di auto-aiuto e poche altre eccezioni. Per l’utilizzo della letteratura serve un accompagnamento, un esperto che sappia fornire i giusti feedback, introdurre al libro prima della lettura e discuterne dopo. Fin qui gli errori dell’articolo, ma che dire delle mancanze?

È assente la lunga tradizione sulla biblioterapia di matrice statunitense. Basta un giro su Internet per trovare studi dei primi anni Sessanta del Novecento riguardo la biblioterapia, patrocinati dall’ALA (American Library Association). Si possono trovare anche articoli riguardo le tracce della biblioterapia nel Diciannovesimo secolo. Nei database di medicina e scienze sociali sono disponibili le continue ricerche che oggi vengono ancora svolte. E questi sono solo i riferimenti immediatamente accessibili a chiunque.

È assente la serietà della biblioterapia e l’impegno necessario per metterla in pratica. È assente la professionalità che un biblioterapista deve possedere e che in alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, è regolamentata da enti che la certificano. È assente il concetto di catarsi aristotelica e di processo biblioterapeutico necessari per comprendere il motivo per cui un testo può modificare un pensiero e diventare un mezzo di cura. Non posso che giustificare il giornalista di Internazionale. La biblioterapia è difficile da conoscere nei dettagli se non attraverso studi di settore, mentre è più accessibile Alain de Botton, che non solo è autore di numerosi bestsellers, ma anche un ottimo imprenditore culturale e conduttore televisivo conosciuto in tutto il mondo. Ma, nonostante ciò, è certo che la biblioterapia non l’ha inventata lui.

TAG: biblioterapia, caring, Internazionale, libri
CAT: Letteratura, Scienze sociali

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