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Letteratura

Insegnare: vocazione o lavoro?

di Titti Ferrante
13 Marzo 2022

“Molte volte ho studiato
la lapide che mi hanno scolpito:
una barca con vele ammainate, in un porto.
In realtà non è questa la mia destinazione
ma la mia vita.
Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno;
il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura;
l’ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti.
Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
E adesso so che bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita può condurre a follia,
ma una vita senza senso è la tortura
dell’inquietudine e del vano desiderio.
È una barca che anela al mare eppure lo teme”

Dopo aver parlato apertamente ad una mia alunna riguardo le scelte di vita e le strade da intraprendere, le consigliai la lettura di questa poesia di George Gray su cui, se avesse voluto, avremmo potuto riflettere poi insieme.
Parlare senza filtro è una dote che non appartiene a tutti. Una persona adulta, però, sa quando è doveroso e necessario parlarsi. Immaginate che un insegnante si rechi in classe per spiegare una lezione e invece di rendere la comprensione agevole spiegando antefatti, situazioni, vicende, inizi a farfugliare cose senza senso. Pretende poi che per sbrogliare il bandolo della matassa, e dare un senso ad una lezione non fatta, lo si segua per un periodo lunghissimo, già a questo punto l’alunno, annoiato, vi avrà abbandonato.
Se poi si pretende di spiegare un’opera collegando personaggi improbabili, descrizioni forvianti che non corrispondono alla realtà, l’alunno vi ricorderà come un pessimo professore. Cosa differenzia un professore da un androide, da un computer da cui si possono attingere informazioni?
L’etica è il saper cogliere l’umano che c’è in ogni persona, saper trovare un punto d’incontro, cercare di entrare nella sua intimità che non corrisponde alle sue acrobazie da letto. Se un professore bistratta sciattamente un’alunna descrivendola come una che vende il suo corpo ad ore, quest’alunna che non corrisponde minimamente al suo ritratto, penserà che il professore o chi gli detta il compito, abbia delle voglie malsane, delle fantasie represse che la riguardano.
Affinché sia credibile, un professore dovrebbe essere un esempio di moralità, uno che sa toccare le corde della natura umana, diversamente le nozioni letterarie di cui fa sfoggio sono un paravento dietro cui dissimula la sporcizia umana.
Parlare senza filtro significa raccontare fatti, raccontarsi senza vergogne. Un filtro, invece, necessario quando senza sottoporre ad attenta analisi e valutazione, si diffondono su un social giudizi infamanti. Il giudizio dovrebbe riguardare una personale rielaborazione interiore di azioni compiute in un passato fatto di fratture mai risanate, reciproche idee non mutate. Laddove non c’è confronto perché superbamente si decide di non dare spiegazioni, c’è bisogno di usare trucchi e stratagemmi.
Quando spiego ai mei alunni il verbo leggere, faccio loro notare che il telegiornale nella lingua dei segni per i sordomuti si chiama lis, proprio come le prime due persone singolari del verbo leggere in francese.
In una scuola elementare si impara che lessi, è il passato remoto del verbo leggere, non solo il nome di un cane. Chi è interessato a leggere i contenuti dei miei articoli, dovrebbe aver capito qualcosa di me, del fatto che amo la capacità di esporsi in prima persona non da remoto. La capacità di mediazione implica l’entrare in contatto con una persona, esporre il su punto di vista, ragionare insieme, trovare una strada di incontro su cui convergono interessi reciproci. Apporre o guardare fotografie come se si stesse sfogliando una rivista, innesca la spirale della guerra, armando chi è costretto a difendersi per non subire aggressioni continue.
Quinto Fabio Massimo era defnito cunctator, il temporeggiatore. Lo stesso procrastinare che caratterizza l’inazione di Amleto.
Credere nel valore della scuola, nei valori che mi sono stati inculcati, significa partecipare ad un lavoro comune, sconfiggere l’omertà caratteristica della cultura mafiosa, la mentalità di cosa nostra che riveste di merletti un pizzo. E non coglie dissonanze tra il benessere e l’essere per bene.

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