La fine dei giornali o del giornalismo?

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17 Agosto 2020

Un presidente americano, Thomas Jefferson, ebbe a dire che: “Tra un governo senza giornali e giornali senza un governo, non esiterei a preferire quest’ultima ipotesi”. Al di là della personalità del suo autore, il precetto la dice lunga sull’importanza che, da sempre, la cultura anglosassone attribuisce alla carta stampata, anche se in calo di vendite. Tanta considerazione per il mezzo d’informazione più antico ha certamente come fondamentale riferimento il rispetto di un codice etico ed estetico irreprensibile, da cui i critici dei paesi anglofoni, nella maggior parte, non prescindono con tanta abnegazione e allegria, come avviene nella nostra nazione.

Da noi, oltre a non poter dare per scontato che gli articolisti dei quotidiani siano titolari di una capacità di scrittura sobria e di facile assorbimento, resta da appurare se essa assecondi un qualsivoglia principio morale. Un giornale, dunque, che dia, oltremodo, la sensazione di perseguire un interesse di parte, dichiarando, invece, di divulgare un’opinione libera, diventa irrimediabilmente insopportabile ed illeggibile. Perché mai, allora, un’osservazione che si presenta posticcia sin dal titolo che la propone all’attenzione dei lettori dovrebbe suscitare interesse? Capita, di sovente, che i protagonisti della politica diffondano dichiarazioni di una inutilità sconcertante, senza che i giornali più autorevoli e i critici che vi scrivono stigmatizzino, in virtù di un comune senso del pudore e da par loro, l’evolversi e l’intreccio di una comunicazione tanto vacua, impegnata a ricamare intorno agli slogan camuffati da notizia.

Eppure, basterebbe raccogliere un po’ di opinioni tra i pochi lettori rimasti per notare quanto questi siano profondamente delusi da un’informazione che si consuma per inerzia, passivamente, per incontrollata abitudine. La scarsa pertinenza dei contenuti, prima ancora che uno stile aggressivo e prevaricante, allontana sempre più le nuove generazioni dalla lettura, le cui esigenze reclamano un linguaggio chiaro, inequivocabile, diretto. Mentre, il giornalismo imperante, quello che osserva “ufficialmente” la vita pubblica del paese, appare, fatta qualche eccezione, irrimediabilmente conciliante, più che mai tristemente fedele a linee editoriali interposte, a verità trattate, a rivelazioni negoziate, sì che il prodotto finale non può essere che alterato, presentando in molti casi la natura artefatta della sua composizione. Insomma, leggere una notizia è un po’ come mangiare una mela marcia.

L’attitudine ai personalismi nevrotici di tante “grandi firme”, che in seguito alle buone intenzioni di premesse auto-referenziali danno forma a una banale cronaca “ideologizzata” e non reale, aggiunge, infine, come ciliegina sulla torta, il patetico al grottesco. E questa panna montata, magagnata e ormai scaduta, non garantisce a nessun quotidiano di bloccare il progressivo calo di vendite delle proprie copie. I giornali abbandonino i tromboni disarmonici, aprano porte e finestre per fare entrare aria fresca, liberino le loro redazioni dall’odore rancido del pensiero fermo e improduttivo, pensino a un nuovo percorso, diano inizio al neo-realismo del giornalismo italiano!

Diversamente, resteranno contenitori di parole senza suono, di pensieri che non trovano accoglienza, di sgargianti fotografie pubblicitarie seppellite tra articoli ciarlieri. Leggere un giornale è, oggi, un esercizio faticoso e fastidioso. E sono sempre di più coloro che non riescono a sfogliarne le pagine dopo essere rimasti sbigottiti dai titoli della prima, banalmente prevedibili e da fiera della dozzinalità. Forse, per avere una comunicazione moderna, efficace, finalmente fruibile, vi sarebbe solo bisogno di un giornalismo meno mediato e più immediato. Ma anche questo è uno slogan.

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TAG: comuncazione, giornalismo, media, società italiana
CAT: Media

2 Commenti

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  1. lina-arena 4 anni fa

    a mio parere , il giornalismo italico può imboccare la strada di una fase neo-realistica, azzerando la figura del giornalista professionista ed eliminando l’Ordine dei giornalisti. Sono necessarie altresè norme volte ad abrogare tutto il guazzabuglio di prescrizioni per pubblicare e distruibuire un foglio di carta stampata. Rinnovare la figura del venditore ambulante di libri e giornali. Sarebbe ormai tempo.

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  2. lina-arena 4 anni fa

    la figura del giornalista di professione con iscrizione all’albo rappresenta una limitazione di carattere incostituzionale perchè viola il diritto di pensiero di chi non ha curato l’iscrizione all’albo. Pochi sanno che l’albo è stato previsto e gestito nell’interesse degli editori.

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