La Guerra in Siria spiegata ai bambini

25 Aprile 2018

From: fiammetta martegani

To: susan dabbous

Carissima Susan,

in questi giorni, almeno in Israele, si continua a parlare dell’attacco degli USA, voluto da Trump, alle basi militari siriane, causa l’eventuale utilizzo di armi chimiche.

Aldilà dell’effettivo pericolo, soprattutto per chi, come gli israeliani, abita a pochi chilometri dalla Siria, rimane il fatto che Assad, in tutti quest anni, non è stato schiodato dal posto in cui si trova e milioni di siriani, nel frattempo, hanno dovuto lasciare le proprie case, oltre al mezzo milione di civili che ha preso la propria vita, senza che l’occidente battesse ciglio.

Come ben sai, odio categorie e stereotipi come “oriente” e “occidente” anche perché sottoindedono, implicitamente, una gerarchia tra più o meno “civilizzati”.

Allo stesso modo, mi domando, in questo gioco di poteri, dove collocare esattamente Assad, ammesso che esista un confine così netto tra i due mondi, e ammesso che si possa rovesciare tutta la responsabilitaà del conflitto su una persona soltanto.

Per tanto ti chiedo, visto che sei tu l’esperta in materia, come la spiegheresti la guerra in Siria ai bambini, per usare un eufemismo, visto che gli spettatori indifferenti di questo massacro sono adulti gradi e vaccinati?

From: susan dabbous 

To: fiammetta martegani

Cara Fiammetta,

permettimi di condividere un pensiero che forse hanno avuto tanti siriani in questi mesi. Se Israele ha un’intelligence così efficace, perché non ci fa il piacere e ci toglie dalle scatole Bashar al-Assad una volta per tutte? Magari potrebbe fare un accordo con qualcuno dell’opposizione siriana, qualcuno da riciclare poi in un futuro governo facendo un accordo per pacificare i confini e chiudere i contenziosi di mezzo secolo fa: ne usciremmo tutti contenti. La verità é che Bashar al-Assad fa comodo a tutti, e questi attacchi della coalizione, USA, Regno Unito e Francia, non hanno fatto alcuna differenza.

Nessuno vuole impantanarsi in una Siria post Assad in un paese senza petrolio.

Tutti invece, volevano impantanarsi in un Iraq o in una Libia post Saddam e post Gheddafi, perché lì di gas e petrolio ce n’è tanto quanto l’acqua del mare, per non parlare di tutte le zone rimaste inesplorate che potrebbero fruttare miliardi a chi trivella per primo.

Insomma spero di averti dato una risposta, per quanto sbrigativa, semplice e esauriente.

From: fiammetta martegani

To: susan dabbous

Carissima Susan,

capisco benissimo il tuo ragionamente perché purtroppo, come spesso accade, le guerre si fanno, o si conludono, solo se c’è qualcosa da guadagnare.

Tuttavia, in tempi non troppo lontani, gli USA sono intervenuti militarmente anche quando il petrolio non c’era, ma solo per ideologia, come nel caso della guerra in Vietnam.

Ma forse nell’agenda politica di Trump non c’è spazio per ideologie desuete come “l’asse del bene contro l’asse del male” come ai tempi di G.W. Bush post – 11 Settembre.

E volendo fare l’avvocato del diavolo sorge spontanea un’altra domanda, ovvero, perché devono essere sempre l’America e/o, per seplificare, l’ “occidente” a doversi occupare dei problemi degli altri?

Dove era la società civile siriana fino all’ “altroieri”,  prima che in Siria si arrivasse al punto in cui siamo arivati oggi?

E la società civile di oggi? Quali poteri e strumenti ha per affrontare una dittatura che va avanti da ben prima della guerra?

From: susan dabbous 

To: fiammetta martegani 

Cara Fiammetta,

ti rispondo raccontandoti una storia. C’era una volta un tiranno che aveva governato reprimendo nel sangue ogni forma di critica e opposizione. Un giorno, dopo 30 anni di governo, il tiranno Hafez muore. A quel punto avvocati, professori, studiosi di ogni disciplina, si riuniscono per offrire al figlio Bashar, a cui viene consegnato il Paese, la loro conoscenza per dare vita a una stagione di riforme. La cosiddetta “Primavera di Damasco” però finisce prestissimo. Le riforme il giovane Bashar decide di farle da solo, perché così viene consigliato dalla stessa élite al potere da sempre: il Paese va tenuto insieme col pugno di ferro. Professori e avvocati per i diritti umani finiscono in carcere, leader politici di partiti d’opposizione prendono ancora una volta la via dell’esilio. La Siria sotto Bashar continua a reggersi sul vecchio apparato di sempre solo che ha un presidente giovane con una moglie, Asma, così glamour che sembra appena uscita da una copertina di Vogue. L’occidente s’innamora di questa nuova coppia presidenziale che parla fluentemente inglese. S’insinua nelle cancellerie europee l’inconscia convinzione che non sono sostituibili. I crimini di guerra vengono condannati ma non impediti. Bashar è un dittatore millennial che regge benissimo il suo ruolo. I suoi oppositori sono desueti uomini e donne del Novecento. Intanto una nuova classe di oppositori politici siriani liberali si forma durante la guerra: alcuni resistono dentro la Siria rischiando di esser arrestati, uccisi o torturati, altri hanno preso la via dell’esilio e si stanno formando oggi nelle migliori università europee. È in questa nuova leva, che io personalmente ripongo una grande fiducia. Per questo credo proprio che un giorno una Siria migliore potrà esistere. Ma nessuna rivoluzione sarà possibile se la dittatura continuerà ad essere appoggiata da due super potenze come la Russia e l’Iran.

 

TAG: Guerra in Siria, medio oriente
CAT: Medio Oriente

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