11 pezzi figli del Bowie-sound

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4 Febbraio 2016

In attesa di vedere le conseguenze di un disco della portata di Blackstar, ultimissima opera del Duca, purtroppo passato a miglior vita lo scorso 10 Gennaio, ecco a voi una selezione di ben undici brani che raccolgono il meglio delle influenze bowieane generate dalla mitica trilogia berlinese (tradotto, per neofiti e curiosi, Low, Heroes e The Lodger).

Depeche Mode – Strange Love
Se è vero che il leader, Dave Gahan, prese posto nella band proprio cantando Heroes in un’audizione, è tutta l’estetica dei dei Depeche Mode ad essere debitrice al Bowie berlinese: le atmosfere algide strizzano l’occhio alla dance, il bianco e nero si mescolano in un decadente, nostalgico, sfuocato presente che guarda al futuro come una dimensione temporale congelata.

Devo – Whip It
Se c’è un gruppo che rappresenta la reincarnazione più ironica del sound della trilogia, questo sono certamente i Devo, band che si conquistò fin dagli esordi l’ammirazione di Bowie: non a caso il Duca avrebbe tanto dovuto produrre uno dei loro dischi, ma alla fine vi rinunciò per impegni professionali. Al suo posto subentrò Brian Eno che nella costruzione di quel suono aveva comunque giocato un ruolo fondamentale.

U2 – The Fly
Sono in molti a sostenere che gli U2 abbiano ridisegnato il rock negli anni ‘90 con Achtung Baby, anche se in realtà il quartetto dublinese è debitore proprio alle intuizioni di David Bowie di fine anni ’70. Sebbene il loro disco contenga delle validissime canzoni, alcune delle quali grandissime hit, al cospetto della trilogia berlinese appare decisamente meno rivoluzionario, ma tutto sommato godibile. The Fly è forse l’esempio più calzante per rappresentare quel sound post muro di Berlino.

Ultravox! – Hiroshima Mon Amour
Gruppo cernita tra il glam dei Roxy Music e il punk dei Clash, gli Ultravox! conobbero il successo solo dopo la dipartita di John Foxx, sebbene i primi tre dischi fossero estremamente interessanti. L’utilizzo di sintetizzatori è presente sin dal primissimo periodo, ma probabilmente Hiroshima Mon Amour, contenuta nel secondo album in studio, Ha!Ha!Ha!, anticipa il sound che verrà sviluppato in dischi come System of Romance e Vienna, portando ai massimi livelli le intuizioni di Bowie e Eno (quest’ultimo era stato inoltre produttore dell’esordio, Ultravox!): gelide atmosfere futuriste accompagnate da un elegantissimo sassofono, tutto in perfetto Thin White Duke style!

Joy Division – She’s Lost Control
La band di culto capitanata da Ian Curtis rappresenta sicuramente l’apice delle nevrastenie oscure di Bowie alla cui musica ha guardato sin dagli esordi, a partire dal nome iniziale del gruppo, denominato originariamente Warsaw proprio in omaggio a Warszawa, la gemma più importante contenuta in uno dei grandi capolavori della discografia del marziano, Low. Dal punto di vista sonoro, come dichiarò Morris, i Joy Division cercarono di emulare le batterie di quel disco, senza tuttavia riuscirvi. Il risultato è tuttavia sorprendente e altrettanto interessante.

Peter Gabriel – Biko
Il terzo disco di Gabriel è uno dei casi più interessanti del sound targato anni ’80, se non altro perché riesce ancora a suonare attuale , complice l’attitudine sperimentale che da sempre accompagna l’ex leader dei Genesis. Recuperando per l’occasione l’ex compagno Phil Collins, il quale registra una delle sue performance migliori con una batteria senza piatti, Gabriel mette a segno uno dei suoi capolavori assoluti. Biko non costituisce solo uno straordinario climax nella sua pluridecennale carriera, ma si presenta come “l’anti” Warszawa per eccellenza: se la gemma di Bowie è solo intimamente politica, in quanto avviluppata in profondi strati di suono artefici di un pathos oscuro ma altamente evocativo, il brano di Gabriel, al contrario, si presenta diretto, un vero e proprio atto d’accusa stemperato in un’atmosfera decisamente meno ermetica e dai toni più caldi. È il ritmo tribale e ipnotico a dettare legge portando in auge l’altra faccia del mondo, il Terzo. Una formula che verrà ripresa nel capolavoro assoluto di Peter Gabriel, il quarto omonimo disco, grazie a brani come The Rhythm Of The Heat e San Jacinto e The Family And The Fishing Net.

Talking Heads – I Zimbra
La band newyorkese ha il merito di sviluppare e portare a compimento le grandi intuizioni contenute in The Lodger, il terzo capitolo, il più debole, della trilogia berlinese, complice le disarmonie tra Bowie e Brian Eno venutesi a creare nel periodo post Heroes. Sarà proprio Eno a produrre vari dischi delle teste parlanti enfatizzando i ritmi esotici, le ossessività, gli ammiccamenti alla dance: I Zimbra contiene tutta la potenza del funky e la freschezza pionieristica di un sound nuovo, a tratti volutamente pacchiano, a tratti irresistibilmente sexy. Ricompare sulla scena anche uno dei session man che fecero la fortuna di Heroes, quel Robert Fripp, chitarrista e anima dei King Crimson, che grazie all’esperienza con i Talking Heads ristrutturerà il sound della sua creatura rilanciata poi qualche anno dopo in una veste completamente rinnovata, ma non meno avvincente e convincente.

Dead Can Dance – The Host of Seraphim
Chi invece, a partire dalla lezione di Warszawa, ha estremizzato le sonorità evocative conferendole un alone ancestrale e mitico, sono proprio di Dead Can Dance, band australiana dalle melodie eteree e penetranti, intrise di mistica malinconia, eppure altamente emozionanti grazie al perfetto connubio tra Lisa Gerrard e Brendan Perry, entrambi voci di rara bellezza e musicisti dal gusto senza tempo.

Morrissey – Speedway
Sebbene il disco dell’ex leader dei The Smiths maggiormente influenzato da Bowie resta Your Arsenal del 1992 (complice la produzione di Mick Ronson, la gloriosa chitarra degli Spiders From Mars, che morirà di lì a poco prematuramente), in particolare col brano I Know It’s Gonna Happen Someday che richiama la parte finale di Rock’n’Roll Suicide, (brano tra l’altro coverizzato magistralmente dal Duca l’anno successivo), senza dubbio il pezzo che maggiormente richiama le atmosfere del Bowie berlinese è Speedway, contenuta nello splendido Vauxhall and I. Questo brano si caratterizza per il tappeto di chitarre e tastiere che richiama vagamente Heroes, contaminata dalle sonorità dei Joy Division più struggenti di Closer. Il resto è Morrissey nella sua veste più drammatica e sincera, come solo un grande interprete sa essere.

Nine Inch Nails – Closer
La creatura di Trent Reznor non solo dovrà a Bowie tantissimo in termini di ispirazione, ma anche di sound: il brano contiene un campionamento della cassa sintetica di Nightclubbing, canzone contenuto nel pionieristico lavoro pre-berlinese di Iggy Pop, The Idiot, prodotto da Bowie, riprodotta al contrario arricchita di tutte le divagazione futuristiche che tanto hanno contraddistinto il mood di numerosi album del Duca Bianco. David Bowie, inoltre, porterà Trent con sé per il tour di Outside e per le incisioni di I Am Afraid Of Americans, uno dei momenti discografici più felici eppure sottovalutati del Duca negli anni ’90.

Marilyn Manson – The Dope Show
Non c’è probabilmente un altro artista che abbia saputo saccheggiare con altrettanta sapienza l’iconografia di David Bowie: Marilyn Manson, sebbene prediliga un sound decisamente più aggressivo, al pari del proprio idolo inventa personaggi e gioca con l’estetica androgina proprio come Ziggy. Addirittura utilizza lenti a contatto, una diversa per occhio, al fine di rendere il proprio sguardo magnetico proprio come quello di Bowie. Inoltre, quell’essere creato per la copertina di Meccanical Animals cos’è se non un sapiente incrocio tra Ziggy Stardust e il Duca? Da notare anche la timbrica vocale del Reverendo Manson, quanto di più vicino si possa immaginare al Bowie di The Beauty And The Beast e all’Iggy Pop di Nightclubbing. Ascoltare per credere!

TAG: david bowie, Dead Can Dance, Depeche Mode, Devo, Joy Division, Marilyn Manson, Morrissey, Nine Inch Nails, peter gabriel, Talking Heads, U2, Ultravox
CAT: Musica

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