Biennale, a Brian Eno il Leone d’oro alla carriera, quello d’argento a Puckette

12 Marzo 2023

Se c’è un musicista che più di tanti altri ha incarnato e tuttora rappresenta al meglio lo spirito della ricerca con annessi gli intrecci e gli incontri con le arti visive e la sperimentazione più avanzata quello risponde al nome di Brian Eno. Al produttore inglese, compositore, inventore di generi musicali, artista visivo, padre della musica ambient, a cui arrivò partendo dal glam rock, andrà il Leone d’oro alla carriera musicale nell’ambito della Biennale Musica 2023 (dal 16 al 29 ottobre). In particolare, il Consiglio d’amministrazione della Biennale, accogliendo la proposta della direttrice del settore Musica Lucia Ronchetti ha deciso l’attribuzione del riconoscimento al musicista inglese “per la sua ricerca sulla qualità, la bellezza e la diffusione del suono digitale e la sua concezione dello spazio acustico come strumento compositivo”. A Miller Puckette, matematico americano, ma anche programmatore e performer invece, è stato deciso di assegnare il Leone d’argento “per l’ideazione e lo sviluppo dei software Max/Msp e Pure Data, due dei più importanti e diffusi programmi di informatica musicale che hanno fornito inedite possibilità a diverse generazioni di compositori, musicisti e artisti multimediali”. Il Leone d’oro a Brian Eno è soprattutto un importante riconoscimento a questo immenso e geniale inventore di generi, nonché figura di riferimento per generazioni di musicisti, grazie alla sua capacità di anticipare e lanciare idee. Costruttore come pochi di intriganti paesaggi sonori, Eno, originario di Woodbridge nel britannico Suffolk, sin dalla adolescenza è stato attratto dalla musica d’avanguardia di compositori come Le Monte Young, John Cage, Steve Reich e Terry Riley, quest’ultimi due in particolare, guru del minimalismo, sono stati particolarmente amati da Eno e costituiscono un riferimento importante per il suo inizio di compositore di musica per l’ambiente in album come “Music for airports” del 1978, forse il più conosciuto.

La copertina del disco di Brian Eno “Music for airports” risalente al 1978 tra i più conosciuti del compositore inglese a livello planetario

Ma anche gli altri, dal primo “Discreet Music” del 1975, “Before and after the science” del 1977 in cui si legge l’apertura a nuovi percorsi fino ad arrivare al celebrato “Music for film” (1978) e “On Land”. Ma prima della scoperta del suono ambient il giovane Eno a Londra, dove lavorava nel 1969 come grafico, incontra la band di glam rock dei Roxy Music di Phil Manzanera e Bryan Ferry con i quali collaborerà per alcuni anni, prima dedicandosi ai suoni e poi esibendosi dal vivo. Dal 1973 inizia la sua lunga carriera solista punteggiata continuamente da collaborazioni con i musicisti più disparati, incidendo a latere i suoi album. Sono collaborazioni importanti che lasciando il segno. Dal geniale chitarrista e sperimentatore Robert Fripp chitarrista dei King Crimsom, con il quale tuttora si ritrova per suonare anche dal vivo a Robert Wyatt dei Soft Machine e poi Matching Mole. Brian Eno incontra sulla sua strada via via musicisti e band formidabili come i Velvet Underground, David Byrne e i suoi Talking Heads (tra tutti l’album cult di “Remain in Light”). Contemporaneamente si apre sempre di più alla musica elettronica e alla musica etnica. Collabora con Jon Hassel e Harold Budd, il fratello Roger e Daniel Lanois  incidendo album a getto continuo fino a raggiungere oggi la rispettabile cifra di oltre quaranta dischi. In parallelo conduce esperimenti visivi e video d’arte, pittura e grafica realizzando diverse mostre in tutto il mondo. Ad aprile di due anni fa ha lanciato il progetto “EarthPercent” che devolve fondi raccolti dall’industria musicale ad alcune delle migliori organizzazioni benefiche ambientali impegnati sul fronte del cambiamento climatico.

La copertina dell’album “Remain in Light” del gruppo dei Talking Heads a cui Brian Eno lavorò strettamente con David Byrne

Nella motivazione indicata dalla direttrice del settore musica della Biennale, Lucia Ronchetti, relativa all’assegnazione del Leone d’oro alla carriera del musicista inglese si precisa come il lavoro compositivo di Eno, fin dal suo esordio come compositore sia concepito come “processo generativo che evolve secondo una dimensione temporale potenzialmente infinita, anticipando molte delle tendenze compositive attuali legate al suono digitale”. In questo sicuramente Eno ha anticipato e di molto i tempi concependo lo studio di registrazione come uno strumento a sé, fondamentale nel momentro della composizione. Un “regno di elaborazione, moltiplicazione e montaggio di frammenti sonori registrati, simulacri acustici, oggetti sonori autonomi, ha permesso a Brian Eno di creare “spazi elettronici immersivi” che si trasformano e permeano la realtà acustica nella quale siamo immersi, modulandola secondo drammaturgie sempre cangianti”. Nel tirare le somme nella sua motivazione Lucia Ronchetti osserva che Brian Eno “Concependo la “musica registrata come un immenso archivio” di frammenti infinitesimali di suoni, infinita palette acustica disponibile per i compositori, “mise en abyme” della storia musicale, la musica generativa e ambientale è pensata da Brian Eno come la creazione concettuale di un seme, capace di svilupparsi, piuttosto che come un albero già progettato in tutti i dettagli, invocando la nascita di un paradigma compositivo ispirato alla biologia piuttosto che all’architettura, capace di auto-evolvere e generare costantemente nuovi paesaggi sonori”.

Nel 1985 Brian Eno era approdato alla Mostra Internazionale del Cinema della Biennale (sezione dedicata alla Videomusica) con il filmato “Thursday Afernoon video painting” di cui firma la regia, sceneggiatura e musica. L’anno successivo alla Biennale Arte presenta una scultura visiva :“Installazione di suoni luci e video”. Nel 2006 è invitato alla Biennale Musica dove mostrerà una video installazione in tre ambienti, “Painting like Music”. Stavolta salirà sul palco del Teatro La Fenice il 21 ottobre per la prima esecuzione assoluta di “Ships” con la Baltic Sea Philarmonic diretta da Kristjan Järvi, l’attore Peter Serafinowicz, il collaboratore storico e chitarrista Leo Abrahams, il software designer Peter Chilvers, in interazione con le atmosfere orchestrali diffuse ed elaborate per lo spazio acustico del teatro.

La copertina del disco “No pussyfooting” realizzato dal geniale chitarrista dei King Crimsom Robert Fripp assieme a Brian Eno

Sempre di Brian Eno si potrà seguire “Nothing Can Ever Be The Same”, un’installazione generativa di video arte del filmmaker americano Gary Hustwit e dell’artista digitale britannico Brendan Dawes, che sarà  visibile in prima assoluta dal 22 al 29 ottobre nelle Sale d’Armi dell’Arsenale. “Nothing Can Ever Be The Same” è un’opera video immersiva di 168 ore che usa musiche, arte, e altro materiale documentario di Brian Eno per costruire un’immensa tavolozza di suoni e immagini re-interpretati da un software generativo sviluppato appositamente.

Proviene da quel crogiuolo di talenti e di ricercatori di fama mondiale, il MIT di Cambridge, Massachussetts, Miller Puckette che, dopo una lunga attività di ricerca al Media Lab del Mit approda all’Ircam di Parigi dove realizzerà il “Max” un software ambientale di musica computazionale. Attualmente è professore emerito nel Dipartimento musicale dell’Università di San Diego, California e si occupa di Pure Data, un ambiente di programmazione open source e in tempo reale per le arti multimediali. Ha collaborato con moltissimi musicisti, tra cui Philippe Manoury, Rand Steiger, Snapper, Irwin e altri. Il suo programma Max/Mspo è stato concepito per realizzare musica elettronica dal vivo e controllare installazioni sonore, creare strumenti virtuali elaborare suoni in tempo reale, generare suoni digitali e composizioni per computer etc…Max/Msp è diventato ben presto il programma tra i più usati da performer e compositori. Il software “Pure Data” consente a musicisti, artisti visivi, performer, ricercatori e programmatori di creare software attraverso “patches” grafici e può essere utilizzato per elaborare e generare suoni, video, grafica 2D/3D e come interfaccia di sensori, dispositivi di input e Midi”. Nel suo saggio “The Theory and Technique of Electronic Music” pubblicato nel 2007 c’è il testo della nuova audio cultura. Miller Puckette sarà di scena a Biennale Musica con il percussionista Irwin il 18 ottobre alle Tese dei Soppalchi e sarà anche uno dei maestri dei giovani artisti selezionali per il Biennale College Musica.

Il musicista e programmatore Miller Puckett Leone d’argento della Biennale Musica mentre suona dal vivo. (foto di Miles Rosemire)

TAG: Biennale musica, brian eno, Daniel Lanois, David Byrne, John Cage, Jon Hassel, King Crimsom, La Monte Young, Miller Puckette, Robert Wyatt, Roger Eno, Roxy Music, Soft Machine, Steve Reich, Talking Heads, Terry Riley, venezia
CAT: Musica

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