Teatro, “Atlantis” di Punzo a Volterra, Fossick a Matera e Serra fa l’Atelier
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Sono passati quasi quindici giorni, due settimane, da quando Vinicio Capossela ha pubblicato il primo singolo del suo nuovo album. Era il mercoledì prima di Pasqua, il 17 aprile. E il venerdì santo di quella canzone è stato pubblicato anche il video. Io avrei voluto scrivere subito, poi non sono riuscito, ho dovuto ascoltare varie volte, cercare di capire chi fosse quel povero cristo a cui era dedicato il brano, se una figura trasfigurata, se altro. Nel frattempo ho consigliato di ascoltarlo a varia gente, e nuovamente mi sono detto di ascoltarlo meglio. E ho continuato a farlo passare nelle orecchie, per capirne i suoni, ma sopratutto il messaggio, per portarlo in profondità, capire chi fosse quello che era sceso dalla croce e perché, e chi quell’uomo che diceva a cristo spostati, e che aveva altro da fare. L’unità, i pezzi frantumati dell’uomo, due aspetti che non sono conciliabili, specie quando l’unico istinto possibile è quello di affogare i propri simili. E lui, il povero cristo, lì, morto in sacrificio, mentre prova a incontrare l’uomo con tutto il casino che porta dentro, e poi se ne torna sulla croce, perché quello che chiede all’uomo è oltre l’umano, ama il prossimo tuo come te stesso. E nessuno che ami il prossimo suo come se stesso, nemmeno io, e ci ho messo un attimo a capire che quel povero cristo stava parlando anche a me, e al casino che ho dentro, ama il prossimo tuo come te stesso, ma noi tutti siamo uomini e bestie, e quello che sta per uscire il 17 maggio ‘Ballate per uomini e bestie’ potrebbe essere non solo un disco, ma un supplizio, una lama a forma di specchio, in cui guardandoci dentro c’è quel povero cristo insieme ad altri esseri che urlano per la nostra incapacità di comprendere il comando e la legge fondamentale, e mestamente se ne tornano sulla croce. E così sia.
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